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Parov Stelar, il reuccio (senza volerlo) dell’electroswing

Ha iniziato la sua carriera dall'Italia come DJ, poi l'hanno conosciuto tutti per lo spot TIM. Chi è l'austriaco più noto dell'elettronica
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Parov Stelar è un nome che chi frequenta i club conosce da una quindicina di anni, quando girava l’Italia per fare dj set scurissimi fino all’alba. Ora è diventato noto anche a chi, in un club, non ci ha mai messo piede. Autore del tormentone All Night, colonna sonora dello spot TIM, ha fatto di quel mix di elettronica e pezzi vintage la sua firma. È definito il pioniere dell’electroswing (anche se ci sarebbero delle precisazioni da fare), ma non pensa che sia esattamente il suo mondo.

Arriva in Italia per due date a luglio, il 14 al Gruvillage di Grugliasco (Torino) e il 30 al No Borders Music Festival di Tarvisio (Udine). E non da solo, visto che nei suoi show coinvolge una band live. Gli abbiamo chiesto il perché.

Com’è nata l’idea di portare in giro un vero show e non un semplice dj set?
Sono innamorato di mia moglie! Quindi non faccio più troppa festa, non ho groupie in camerino nè altro. C’è solo il mio manager. Volevo fare qualcosa di più reale, che mi desse la possibilità di esprimermi in maniera più libera. E poi con uno spettacolo live c’è anche la possibilità di vedere qualcosa, non solo di ascoltare.

Come hai iniziato a fare le tue ricerche musicali?
All’inizio usavo i vinili, facevo un po’ di digging, scavavo e trovavo dei pezzi che potessero funzionare per me. Ora spesso uso Youtube, ci sono cose rare e inaspettate. Anche perché non sai mai cosa ti può servire: a volte è un lavoro frustrante, a volte mi dà tante soddisfazioni. È come un puzzle, fino a quando non trovi l’incastro giusto non sei contento.

Spesso sei indicato come il pioniere dell’electroswing. Che rapporto hai con queste etichette?
A volte è qualcosa di positivo, altre volte penso sia inutile. Anche perché non è un mondo che mi piace: all’inizio mettevo anche il farfallino per essere più a tema, ora lo trovo noioso.

Anche perché tu non hai sempre fatto questo…
No, all’inizio producevo electro, minimal, techno. Poi ho cambiato genere, l’apporto dell’Italia è stato importante, mi ha fatto scoprire dei suoni diversi, come l’Italo disco, che mi sono serviti con il tempo.

Hai un rapporto molto stretto con l’Italia, vero?
Sì, la mia carriera l’ho iniziata qui praticamente. Torino è stata la prima città internazionale che mi ha chiamato come dj. Ho anche inciso una canzone, A Night in Torino, in onore di quella serata. Non chiedermi però il nome del locale, c’erano troppe birre in mezzo!

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