Parla Zak Starkey: «Gli Who sono completamente fuori di testa» | Rolling Stone Italia
Dipendenza dai conflitti

Parla Zak Starkey: «Gli Who sono completamente fuori di testa»

Intervista al batterista su continui licenziamenti e reintegri. Con un colpo di scena: «La settimana scorsa Roger m’ha detto: “Non portare via la batteria dal deposito, potremmo anche chiamarti”»

Parla Zak Starkey: «Gli Who sono completamente fuori di testa»

Zak Starkey

Foto: Peter Byrne/PA Images/Getty Images

Gli ultimi mesi sono stati un gran casino per Zak Starkey. Le montagne russe sono iniziate il 16 aprile, quando gli Who lo hanno licenziato dopo quasi trent’anni. Sono continuate tre giorni dopo quando Pete Townshend ha annunciato che Starkey era di nuovo nella band («Non gli è stato chiesto di farsi da parte»). E sono culminate un mese dopo quando il chitarrista ha nuovamente cambiato idea: «Dopo il gran lavoro fatto da Zak, è arrivato il momento di cambiare».

Il batterista non saprebbe dire in quali rapporti è ora con Townshend e Roger Daltrey, che il 20 luglio daranno il via a un tour mondiale dall’Italia. «La scorsa settimana ho parlato con Roger. Mi ha detto: “Non portare via la batteria dal deposito, potremmo anche chiamarti”. Ma che cazzo… Questi tizi sono completamente fuori di testa! Sono stato licenziato più volte di Keith Moon in dieci giorni».

Starkey non ha idea di cosa succederò, anche se è stato annunciato che alla batteria siederà Scott Devours. Per ora si sta occupando del nuovo supergruppo Mantra of the Cosmos di cui fanno parte Shaun Ryder e Mark “Bez” Berry degli Happy Mondays, e Andy Bell degli Oasis. Domino Bones (Gets Dangerous), con Noel Gallagher, è appena uscito e altri pezzi arriveranno

Iniziamo con i Mantra of the Cosmos prima di passare alla follia degli Who. Com’è nato il gruppo?
L’idea è venuta nel 2020 al mio amico Hartwig Masuch, che era CEO della BMG. «Un supergruppo Brit pop?», gli ho risposto. «Tu pensi che io chiamerò Johnny Marr, Liam Gallagher e Paul Weller, e loro diranno: “Wow, che grande idea, mettiamo tutti i nostri ego nella stessa stanza e andrà alla grande!”. Io sono poco cool, loro lo sono molto di più. Se non lo voglio fare io, figurati loro».

E alla fine cosa ti ha spinto a provarci?
Durante un tour americano con gli Who qualche anno fa suonavo gli Happy Mondays per riscaldarmi. Li ho sempre amati. La mia performance vocale preferita è sempre stata Tart Tart. Ha anche uno dei miei testi preferiti, molto autentico. Finito il tour, sono andato in Giamaica e ho pensato che sarebbe stato figo fare un supergruppo per accompagnare le poesie beat di Shaun Ryder, con dentro anche Andy Bell, che è uno che pensa fuori dagli schemi. Così ho chiamato Shaun e lui: «Quando mai mi ricapita di entrare in un nuovo gruppo a 60 anni?». A un certo punto ho pensato che sarebbe stato forte coinvolgere Sting, magari gli sarebbe piaciuto suonare una nota per 14 minuti al posto delle solite 500. È stato il manager degli Happy Mondays, Alan McGee, a dissuadermi. Non voleva che il nostro successo segnasse la fine dei Mondays, facendogli perdere il suo grosso cazzo di stipendio.

Furbo da parte sua.
Non secondo me. Comunque, abbiamo messo su questa cosa folle e sperimentale, abbiamo registrato due canzoni e firmato con BMG un contratto così buono che sapevo che non sarebbe durato. Ma ci hanno dato un bel po’ di soldi grazie alla presenza di quei ragazzi che hanno cambiato la musica. Abbiamo fatto solo quattro concerti, a Alan McGee serviva un defibrillatore.

Mantra of the Cosmos - Domino Bones ( Official),

E come ci è finito Noel Gallagher su Domino Bones?
Noel dice che Shaun è il Dylan britannico. Quando ho messo in piedi il gruppo mi ha scritto: «Hai il Bob Dylan britannico. Mandami i pezzi. Ogni volta che hai un pezzo, mandalo». Ne ha ascoltato uno e mi ha detto: «Ma è tutta batteria, cazzo, cosa dovrei suonare io?». Gli ho chiesto una settimana di tempo, ho scritto la musica, ci ho messo sopra un bel pianoforte. Ho usato almeno metà di uno dei ritornelli di Noel. Ne ho usato anche uno di Shaun. In realtà è più un remix, ma sono ragazzi tanto gentili e ho dato a entrambi un terzo dei diritti editoriali.

Farete concerti a breve?
Non ci sono piani. La reunion degli Oasis ha fatto sì che gli Happy Mondays ricevessero offerte impossibile da rifiutare. E Andy è nel più grande gruppo rock della mia generazione. Quindi, fondamentalmente, non ci sono piani per suonare dal vivo. E senza di loro non sarebbe la stessa cosa.

Quando hai sentito per la prima volta che gli Oasis si stavano riformando, speravi che ti chiedessero di andare in tour con loro?
Stavo con gli Who. L’ultima volta che me l’hanno chiesto, ero negli Who. Stavolta, ho parlato con entrambi. Ho mandato un messaggio a tutti e due dicendo: «Amico mio, perché cazzo non sono nella vostra rock band ad aiutarvi a farla tornare la più grande del mondo?».

E loro?
Hanno risposto: «Perché sei negli Who». E poi Liam è contento di lavorare con Joey [Waronker], visto che collaborano da un po’.

«Gli Who hanno una dipendenza dai conflitti»

Ecco, gli Who: era più difficile accontentare Roger o Pete?
Dal punto di vista economico, filosofico o sessuale?

Musicale.
Davvero difficile rispondere perché non voglio far sembrare qualcuno come se non sapesse un cazzo di musica, ma diciamo che tra me e Pete scatta una scintilla. Quando cominciamo a suonare assieme, facciamo tipo del be-bop con due testate Fender. Lui è tipo Charlie Parker con una Stratocaster. Io non ascolto molto il bassista, ascolto Roger. E nel mio in-ear sinistro c’è solo Pete, nient’altro. Se abbassa un po’ il tono, riesco a sentire tutto quel che fa. E riesco a leggere le sue chiappe. Una volta si metteva davanti a me, mi fissava negli occhi e questa cosa un po’ mi intimidiva. Dopo un paio di settimane abbiamo cominciato a comunicare musicalmente. «Posso fissarti la nuca e funziona lo stesso».

L’anno scorso, Pete ha detto a Mojo che se fosse lui a scegliere la formazione della band, metterebbe Simon Phillips alla batteria e Pino Palladino al basso. Ti ha infastidito?
Guarda il mio Instagram. Gli ho scritto: «Mi fai sembrare l’ultima ruota del carro». E lui: «Parlavo del mio gruppo solista. Ti voglio negli Who». «Li chiamerai per dirglielo? No, vero?». Così mi ha mandato tutti questi messaggi adorabili tipo: «Sei il batterista migliore per gli Who». Ha detto che amava quello che io e mia moglie avevamo fatto in Giamaica con il nostro gruppo. E che adorava quello che stavano facendo i Mantra. Ho postato la prima parte su quanto sono bravo negli Who. E poi ho pensato: «Hai già superato il limite, tanto vale postare anche l’altra parte dove dice che sei bravo in tutto».

La mattina dopo, ho ricevuto questo messaggio che diceva: «Sei impazzito? Che ti succede? Che cazzo sta succedendo?».
 Gli ho detto: «Non l’hai letto, vero? Qualcuno te l’ha riferito». Gli ho mandato uno screenshot. E lui: «Ok, va bene così». «Mi aiuta molto, visto che sono un nepo baby». E lui: «Anch’io sono un nepo baby», visto che il padre era un direttore d’orchestra, «lo capisco». È il tipo più figo che ci sia in circolazione. Un pilastro. Un tipo straordinario.

Amazing Journey Sparks - The Who Live

Quando avete provato con la band per il concerto alla Royal Albert Hall qualche mese fa, sembrava tutto a posto, tutto normale?
Mi stai prendendo per il culo? Non c’è niente di normale con loro.
 Sono matti… hai un artista astratto, concettuale, che pensa che la band sia un’installazione d’arte. E poi hai un altro tizio che è un duro da strada. È tutto molto strano. Sono stati un gruppo folle fin dal principio e hanno portato avanti idee folli. Pete si è preso tutto sulle spalle. Si chiude da solo per due anni, esce fuori con Quadrophenia, e dice: «Voi potete solo suonarci sopra». Sono due persone molto, molto diverse. E quando io e Pete prendiamo fuoco, probabilmente gli altri si perdono. Noi no. Quando siamo sul palco, è come se stessimo scopando. Fuori dal palco, può diventare un po’ imbarazzante, ma sul palco è tipo: «Sigaretta, tesoro?».

Cos’è successo alla Royal Albert Hall? So che è stata tua l’idea di suonare The Song Is Over.
Ho già la mia lapide pronta. Dice: “Zak Starkey, the song is over”.

Cos’è successo durante quella canzone? Roger si è fermato dopo una strofa.
È entrato con quattro battute in anticipo. E gli ho semplicemente mandato un’e-mail dicendo: «Ti ho visto in tv ieri sera, eri fuori tempo». Ho fatto 30 anni nella band. È come una famiglia per me. Ma è entrato quattro battute prima. Ha detto che non sentiva il pianoforte. Ma adoro Roger. Non sbaglia mai una nota. La sua voce è ancora pura. È come un raggio laser. Preciso. Non hanno mai cambiato una tonalità da quando hanno cominciato con quest’arte concettuale trasformata in rock. Si è solo perso. Ha dato la colpa al volume della batteria e poi la cosa si è gonfiata sui social, lui è andato in tilt e ora sta facendo concerti da solista e va in giro a dire che è tutta una fake news. Ma non è colpa mia. Ero già in auto prima che finissero l’ultimo pezzo acustico. Non c’è stata alcuna discussione nel camerino. Niente di niente. Ero a metà strada verso casa quando hanno finito l’esibizione.

Sei stato licenziato poche settimane dopo. Cosa è successo?
Sono stato licenziato.

Ok, ma perché?
Perché ho «saltato due battute». Ho guardato quel video tre volte. Non le vedo proprio, quelle due battute. Se le ho saltate, dove cazzo sono?

«Certo che tornerei con gli Who se me lo chiedessero»

È successo durante The Song Is Over o un altro pezzo?
Non ne ho idea. Era tutto un po’ vago. Hanno solo detto: «Sei fuori». E Pete ha dovuto restare al fianco di Roger perché penso che fosse… non lo so. Non voglio far nomi di chi ha fatto cosa. Ma Pete mi ha chiamato e mi ha detto: «Sei abbastanza forte da combattere per riavere il tuo lavoro?». «Non sono abbastanza forte da farti combattere al posto mio. Non voglio che lo faccia tu». Dopo una settimana Pete mi ha richiamato: «Come ti senti ora?». E io, con voce triste, gli ho fatto: «Posso riavere il mio lavoro, per favore? Ti prego, posso?». E loro hanno detto: «Ok, ma devi fare delle scuse pubbliche e ammettere che hai saltato due battute». Così l’ho fatto. Ho postato un’anatra giocattolo che suonava il rullante. Pete mi ha chiamato e ha detto: «Riprova senza l’anatra».

Ho tolto l’anatra, e ho riavuto il lavoro. Dieci giorni dopo ho ricevuto un’altra chiamata: «Non funzionerà mai. Vogliamo che tu pubblichi una dichiarazione dicendo che ti dedichi ai tuoi progetti personali». E io: «Ma non è vero, cazzo», perciò non l’ho fatto, sarebbe stata una bugia. Non lascerei mai gli Who, li amo, né tradirei nemmeno tutte le persone che mi hanno difeso e che dicevano: «Abbiamo visto lo show. Non è stata colpa tua». Ma la situazione era diventata scomoda con quell’atteggiamento negativo verso Roger, e non volevo che succedesse di nuovo. Poi Pete ha fatto quella dichiarazione, sua tipica. Se chiedi a Pete che ore sono alle 14, lui inizia a parlare e alle 14:15 forse te lo dice. Così ho scritto: «Sono tutte stronzate. Sono stato licenziato. Mi hanno chiesto di dire questa cosa e non lo farò perché è una cazzo di bugia. Sono gli Who, ma non permetterò che mi calpestino. Abbiamo fatto 30 anni di grande musica. Ma non permetterò che questa cosa mi distrugga. Voglio dire la verità».

Nel giro di una settimana mi sono sentito al telefono con Roger. Con Pete ci scriviamo sempre di tutto, con Roger parlo degli Who. Mi ha detto: «Non ti abbiamo licenziato. Ti abbiamo pensionato». «E qual è la cazzo di differenza? Tu sei quello in età da pensione». «Hai così tanti progetti che non pensiamo tu abbia tempo per gli Who». «Stai facendo 17 concerti in un mese, amico. Io sono appena tornato dalla Giamaica dopo sette settimane. Sono disponibile al 100%». A quel punto Roger ha detto: «Oh». Ho lasciato stare, non volevo incasinare ancora di più le cose.

Se non è stato un problema legato alla performance, secondo te cosa c’è dietro? Soldi?
Roger è piuttosto noto per… Una volta ho chiesto a John Entwistle se Roger avesse ancora i soldi dell’ultimo tour degli Who. E lui mi ha detto: «Ha ancora i soldi del primo».

Roger ti ha detto di non prendere la batteria dal deposito nel caso servisse. Pensi davvero che ci sia una possibilità che tu torni in tour dopo tutto questo casino?
Lo devi chiedere a Roger, non ne ho una cazzo di idea. Quei tizi sono completamente pazzi. È una follia positiva, ma hanno una dipendenza dai conflitti.

Non ho mai visto niente del genere. In poche settimane sei stato licenziato, riassunto, licenziato di nuovo, e ora dicono che forse torni?
Sai qual è la cosa più bella? Ieri è uscito il mio disco, è una figata, a tutti piace (ride), tutti ne parlano perché c’è di mezzo la storia con gli Who.

Hai avuto più attenzione mediatica negli ultimi mesi che in tutta la tua carriera.
Sono il batterista disoccupato più famoso al mondo. Da adolescente prendevo il sussidio di disoccupazione. Mi hanno cacciato dalle case di entrambi i genitori contemporaneamente. Non ho idea del perché, ma sniffavo colla Evo-Stik. Mia madre diceva: «Cos’è quella? Barba?». Era colla.

Mi sembra che tu attribuisca buona parte della colpa a Roger.
Non do la colpa a nessuno. Non porto rancore. Sono gli Who. Sono successe cose molto più assurde di questa. Ho sentito dire cose più strane di questa. Sono gli Who, la band più folle che ci sia mai stata.

Se ti chiedessero di tornare, accetteresti nonostante tutto?
Certo che sì. Ho detto a Pete: «Trent’anni. In trent’anni tu hai alzato l’asticella tantissimo. E adesso che faccio?». Non dico solo musicalmente, ma anche a livello di testi. Perché se sei in una band, devi sapere cosa significano le parole per poterle trasmettere. È una cosa importantissima. Ho chiesto a Pete: «Tu che suggerisci?». Il tipo pretende il 200% ogni sera, tutto quel che hai. Quando torni in hotel, non sei fisicamente stanco fisicamente, sei distrutto mentalmente. È come quei jazzisti che contano fino a 24 in cinque secondi.

Roger Daltrey - Baba O'Riley live at The London Palladium 21.04.2025.

Pensi che Scott Devours sia un bravo batterista?
Non ho mai sentito Scott e nemmeno Joey. Ma so che non sono mod e non è un buon segno.

I fan stanno chiaramente dalla tua parte. Molti sono arrabbiati per il fatto che tu non suoni né con gli Oasis, né con gli Who.
Alla fine, se c’è Liam che si sistema i capelli sul maxischermo e Pete che fa il mulinello con la chitarra, il sold out è assicurato. Con gli Who non sai mai cosa succederà. Se pensi che accadrà una cosa, succede l’opposto. Se provi ad anticipare Pete, lui farà il contrario. Devi fare quello che devi fare e non pensare.

Non sei arrabbiato?
No. In un certo senso sono onorato, perché sono fuori di testa.

Di solito queste cose succedono in privato, questa è successa in pubblico.
Sono stato io. Non volevo farmi mettere i piedi per terra. È un po’ come i Goons che incontrano Stanley Unwin. Il principale autore degli Who e Roger Daltrey hanno deciso di licenziare il batterista con accuse formali di over playing, che è stata la prima cosa che hanno detto. La prima accusa è stata che suonavo troppo. «Cosa? Sto solo suonando quello che suona lui, né più né meno». Penso che a Roger questa cosa non sia piaciuta. Poi Pete ha fatto quella cosa strana e io ho reso tutto pubblico… È perché non sono famoso, non sono un membro ufficiale degli Who. Chi vorrebbe i loro problemi? Mi hanno chiesto di entrare ufficialmente nella band nel 2006, e io ho detto: «Non voglio i vostri problemi, Pete. Non voglio sedermi in una stanza con te e Roger a discutere, avere una medaglietta che testimonia che sono negli Who. Se lo facessi, non potrei lavorare con nessun altro e la paga sarebbe la stessa». Ma non mi sembrava giusto che mi obbligassero a mentire.

Chi ti ha chiesto di mentire? Il management?
È stato il management. E quando l’ho detto a Roger, lui ha risposto: «Beh, è un uomo libero». Ma mi ha licenziato due volte. È stata una sua cazzo di idea?

Parliamo di Bill Curbishley?
Sì, ma Bill è un amico. È il manager più corretto che abbia mai conosciuto. E mi ha licenziato due volte, e poi mi ha detto che ero “in pensione”. Quando l’ho detto a Roger, lui mi ha tirato fuori la stronzata che avevo troppi impegni e non potevo fare 17 concerti con gli Who. Roger ha detto che Bill è un uomo libero. Che cazzata. Che marea di stronzate. Non è un uomo libero. Non puoi assumere e licenziare batteristi perché sei il manager.

È una decisione della band.
Certo che lo è.

Ti lascio andare tra un attimo, ma…
È emozionante, vero? Sembra un album degli Who. È come un cazzo di ottovolante. È come Meaty Beaty Big and Bouncy.

Domani vedrò tuo padre alla Radio City.
Sono molto orgoglioso del fatto che mi abbia difeso.

Cos’ha detto?
«Non mi è mai piaciuto il modo in cui quel piccoletto gestisce la band».

Da Rolling Stone US.