Paola Turci: «Se uomini e donne iniziano a odiarsi, è finita» | Rolling Stone Italia
Interviste Musica

Paola Turci: «Se uomini e donne iniziano a odiarsi è finita»

La partecipazione al Festival di Sanremo, il MeToo, il nuovo album e l'impegno politico. La cantautrice ci dà un assaggio di quello che ci aspetta in primavera

Paola Turci: «Se uomini e donne iniziano a odiarsi è finita»

Paola Turci sul palco di Sanremo

Foto Daniele Venturelli/Getty Images

È senza dubbio uno delle artiste più fascinose del festival di quest’anno. Paola Turci è una che, all’Ariston, non ha mai sfigurato. E si è presa le sue belle soddisfazioni: Fatti bella per te (nel 2017) è stato certificato Oro per le vendite, ha vinto ben tre Premi della Critica e ha pure vinto, tra gli “Emergenti” (categoria che ora non c’è più) con il brano Bambini, nel 1989. L’ultimo ostacolo, il brano con cui è in gara, mantiene il trend positivo della Turci a Sanremo. La canzone – primo tassello di un nuovo disco – sarà pubblicata in vinile 45 giri a tiratura limitata con copie numerate. Poi, a maggio, Paola Turci presenterà i nuovi brani in due importanti eventi live il 13 maggio a Milano (Teatro degli Arcimboldi) e il 20 a Roma (Auditorium Parco della Musica).

Sei un’artista davvero molto in gamba. A volte non ti senti sottovalutata?

No, penso che ognuno di noi abbia quello che è giusto che abbia. Se credi che sia sottovalutata, evidentemente è una sottovalutazione che mi serve per lavorare. Non sempre, il successo, è funzionale alla crescita o a qualcosa di funzionale e di bello.

Perché di nuovo a Sanremo? Ci sei stata solo due anni fa.

Non è facile rispondere a questa domanda. Hai ragione, perché? In fondo due anni fa è andata così bene, dopo 16 anni che non ci andavo. Potevano starmene tranquilla.

E allora? Che è successo?

Sono stata tentata, per prima cosa, dal direttore artistico: Claudio Baglioni è una persona che stimo moltissimo, lo scorso anno aveva fatto un bel festival e io credo in me stessa. Penso di fare bene, faccio del mio meglio, ovviamente.

Ma com’è arrivata la chiamata?

Stavo lavorando al nuovo disco già da due anni, dopo aver finito il precedente Il secondo cuore. Claudio ha insistito a volermi, gli ho fatto sentire questa canzone e le cose, poi, sono andate da sole.

Ecco, L’ultimo ostacolo, il brano in gara, preannuncia un album di inediti. Come sarà?

Molto particolare, eterogeneo, sfaccettato che ha come comun denominatore la vita e la vitalità. Anche con i suoi paradossi. È difficile parlarne, è più facile ascoltarlo. Nel disco vengono raccontate delle figure maschili e, devo dire, è il genere d’album che non ho mai fatto, con momenti allegri, d’autore e autobiografici. Sono vari episodi, non è un disco concettuale.

Dove hai trovato l’ispirazione per questo nuovo lavoro?

La mia ispirazione l’ho tratta dalla bellezza, dall’armonia. Non c’è stato un artista di riferimento, ma un’idea di piacevolezza. Ho anche ascoltato tanti brani, perché alcuni non sono scritti da me, ma solo interpretati.

Recentemente hai parlato di molestie. A questo proposito, cosa pensi del MeToo? C’è chi pensa sia diventata un’arma per distruggere gli uomini.

È un’osservazione interessante. Credo che le intenzioni del MeToo fossero assolutamente nobili, che il fenomeno delle molestie e della prevaricazione maschile dovesse venire alla luce. Il tempo era scaduto, time is out.

E poi?

Qualcosa è andato storto, qualcuno si è fatto prendere la mano. E quindi ecco i processi mediatici, questa denuncia in massa. Attenzione, sono sacrosante le denunce e sono l’arma per sconfiggere i soprusi, ma farle televisive e nel modo in cui s’è visto, non so quanto bene abbiano portato. È un discorso molto delicato, perché ci sono delle vittime. E per le vittime bisogna nutrire rispetto.

Ma quindi come si dovrebbe agire, per te?

Penso che il discorso tra uomo e donna vada fatto con gli uomini, alla presenza degli uomini. E ancora non ce li abbiamo questi uomini. Qualche giorno fa abbiamo realizzato, a Roma, un evento in favore della Casa internazionale delle donne. Abbiamo chiesto agli uomini di partecipare, infatti Giuliano Sangiorgi e Luca Barbarossa sono venuti. Altri non potevano per impegni di lavoro, ma avrebbero aderito. È questo il modo per parlare di questi temi: stare insieme, allearsi. E questo ancora non è successo. Se matura ancora una volta l’odio tra le due parti è finita.

Ma tu hai notato un cambiamento nell’atteggiamento degli uomini?

Suppongo e deduco di sì, quanto meno per il timore che, oggi, hanno quegli uomini che, da sempre, hanno adottato queste misure di prevaricazione, di trattamento non rispettoso nei confronti della donna, considerata una bambola da portare a letto, incapace di avere un lavoro importante senza passare dalle loro grinfie. Quelli che, fino adesso, hanno avuto certi comportamenti sono rimasti un po’ scioccati, no? Gli atteggiamenti saranno cambiati anche se, parliamoci chiaro, ci sono numerose figure che non sono emerse o processate.

Passiamo alla politica. Qualche tempo fa intonavi Povera Patria di Battiato. Quanto è importante esporsi, per un artista?

Verrebbe da dire la propria ogni dieci minuti, ogni volta che succede qualcosa. E ogni giorno succede qualcosa. Per ora c’è una reazione violenta difficile da sopportare. E poi è tutto così frammentato e rarefatto. Da persona di sinistra, che votava Berlinguer quando aveva 18 anni, i miei ideali sono di uguaglianza, fratellanza, considerazione. Che poi sono valori cristiani. Oggi, invece, se si esprime pubblicamente un pensiero si viene presi a minacce, a insulti. Poi, se si dice di essere di sinistra, capirai, è finita. Ma se uno dice che è di sinistra c’è un mondo che va approfondito, si dovrebbero aprire delle discussioni. Invece si limita tutto a un “vaffanculo”, “sei una troia”, “sei una radical chic” o “la pacchia è finita”. E allora state tra di voi, che vi devo dire?

Sei disillusa?

Non smetto di fare e di credere, le mie lotte le faccio.

E le fai anche con la musica. Sai che ho risentito Bambini, qualche giorno fa? L’ho trovata ancora attualissima.

È vero, incredibile. Il testo lo scrisse, allora, un ragazzino di 22 anni. Certe volte ti accorgi che il mondo non è cambiato, non lo hai cambiato, non ci sei riuscito.

Hai fatto la prof ad Amici, ma non hai notato che i ragazzi che escono dai talent arrancano un po’?

Be’ comunque ci sono due ragazzi di Amici dell’anno scorso, in gara tra i big: Einar e Irama. Einar tra l’altro, portato da me, al serale.

Non voglio infierire su Einar, ma sia lui che Irama sono appena usciti. Parlo di quelli che dopo un paio di dischi finiscono nel dimenticatoio.

Il talent ha iniziato ad avere vita breve, non ha più così mordente sul pubblico. Dipende pure dalle selezioni che si fanno. Guarda i Måneskin, non vincsero X Factor, trionfò Licitra. E loro ora sono dappertutto.

Sì, ok, ma adesso ci sono nuove leve che non passano più per il talent che, prima, sembrava l’unica via per il successo. Tu chi ascolti?

Ho comprato i dischi di Salmo e Cosmo. L’hanno scorso ho anche preso l’album di Sfera Ebbasta, ma preferisco Salmo.

E i nuovi cantautori?

Li ascolto un po’ meno, per assurdo.

Come mai?

Gazzelle non l’ho ancora ascoltato. A parte che ce n’è una quantità enorme adesso. Ascoltavo Calcutta ai tempi di Cosa mi manchi a fare, di Gaetano. Mi sono fermata a Oroscopo. Poi spazio negli ascolti.

A maggio ti aspettano due anteprime speciali dei tuoi concerti.

Ancora mi ci devo mettere, ma lo sto immaginando e seguirà questo disco che sarà una piccola grande bomba. Sarà un live un po’ festa e un po’ racconto. Farò una selezione accurata sui brani.

Altre notizie su:  Paola Turci Sanremo 2019