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‘Music for Animals’, tre ore di terapia con Nils Frahm

La popstar della musica neoclassica ha abbandonato il pianoforte che l'ha reso famoso per immaginare concerti per gli animali. Per noi umani, invece, questo disco è una via di fuga dal caos quotidiano

Foto press

Durante lo scorso decennio Berlino è stato il cuore pulsante di una scena musicale tra le più interessanti, prolifiche e indicative di quell’epoca storica. Musica strumentale, incentrata soprattutto sull’utilizzo del pianoforte da parte di giovani musicisti poco più che ventenni, che è stata definita per questo musica neoclassica, devota a precursori come Max Richter o Jóhann Jóhannsson, che ha successivamente introdotto elementi di elettronica minimale e si è man mano evoluta verso immaginari sonori più riconducibili all’ambient.

Ho sempre pensato che la definizione più consona fosse musica classica per millennial, di cui rappresentava perfettamente un’estetica e uno stile di vita, essendo perfettamente allineata ai ritmi e alle esigenze dei giovani ascoltatori urbanizzati alle prese con sindrome da burnout, eco-ansia, angoscia esistenziale e stress, in cerca di una via di fuga sonora nella quale rifugiarsi.

Alcuni dei principali esponenti di questa scena sono Peter Broderick, Ólafur Arnalds, Dustin O’Halloran e anche expat italiani come Federico Albanese. Tra questi c’è anche Nils Frahm, che si è rapidamente guadagnato un posto di grande rilievo nel il giro attorno alla Erased Tapes, l’etichetta simbolo della scena in questione, e alla Funkhaus l’ex sede della radio pubblica della Repubblica Democratica Tedesca, divenuta oggi centro della classe creativa berlinese, nel quale Nils Frahm ha costruito il suo studio di registrazione. È lì che nel 2018 ha preso forma All Melody – probabilmente l’album della definitiva consacrazione dell’artista tedesco – al quale, dopo una serie di raccolte di inediti, live session ed EP, fa oggi seguito Music for Animals, a tutti gli effetti il frutto dell’isolamento e delle inquietudini vissute nel biennio di lockdown ed emergenza sanitaria.

Un disco massimalista nelle intenzioni e minimalista nel sound, che si riassume in tre ore di tappeti sonori privi di forma e confini, una grande nebulosa totalizzante nella quale di tanto in tanto appaiono molecole di sintetizzatori che più che altro funzionano da segnaletica nella lenta virata verso l’oblio metafisico. Dieci brani che rappresentano il magma introspettivo di un artista che in quasi vent’anni di carriera si è guadagnato la credibilità per non scendere a compromessi, cambiando totalmente registro rispetto al più recente passato. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere meglio il percorso dietro alla creazione di Music for Animals.

Music for animals dura tre ore. Si tratta di un atto di fiducia nei confronti degli ascoltatori o della volontà di mimetizzarsi nella vita delle persone e di confondersi con il suono circostante?
Prima di tutto si tratta del desiderio di fare esattamente quel tipo di musica, perché mi sembrava quella giusta per il momento che stavo vivendo. Mi fido della musica e spero che venga apprezzata come la apprezzo io quando la suono, ma non l’avrei pubblicata se non avessi molta fiducia nei confronti del mio pubblico.

È il tuo primo album senza l’utilizzo del pianoforte. Quanto era importante per te staccarti definitivamente da uno strumento che hai usato assiduamente e che è stato il centro della tua musica per oltre dieci anni?
Era importante, ma non si è trattato di un sacrificio. Non è stata dura perché semplicemente non mi sembrava necessario che ci fosse in questo disco. D’altra parte quando ho iniziato a suonare utilizzavo soprattutto tastiere, il piano è arrivato leggermente più tardi. In questo caso però neanche me ne sono accorto, credo che la motivazione iniziale sia meramente pratica: il piano non si può trasportare agevolmente, va accordato, richiede molta cura e durante la pandemia era impossibile incontrarsi con il mio team che in genere si occupa di queste cose. Quindi ho scelto i sintetizzatori che sono più facili da gestire in queso senso.

Music for Animals sembra un atto di riappropriazione del tuo spazio in quanto artista e un rifiuto dell’incasellamento della musica in un tempo di fruizione ben definito.
Sì, ma ci tengo a precisare che non si tratta di un atto di ribellione. Temo proprio di essere troppo dentro l’establishment per farlo, per quanto la mia musica possa essere di nicchia, sarebbe ridicolo allegare un messaggio di protesta, peraltro di punto in bianco, ai miei album. Anche perché la mia musica è su Spotify, su Apple Music, su Tidal, quindi ci vorrebbe ben altro di un album di tre ore per far crollare il sistema. Si tratta solo di me che cerco di fare un album molto personale e intimo, non ci sono messaggi, non ci sono critiche alla società, non sto facendo il dito medio a nessuno.

Il titolo, Music for Animals, io l’ho interpretato più come un messaggio agli esseri umani, per ricordarci che in fin dei conti siamo solo degli animali. Non so, durante la pandemia, come tutti, ho fatto pensieri di questo tipo, ritornare a concetti più essenziali.
È un disco che ho registrato durante la pandemia ed è per questo che è così introspettivo, pensato con l’idea che fosse solo per me, che non ci sarebbe stato un pubblico. C’è stato un periodo del lockdown in cui tutti noi ci siamo chiesti se sarebbe potuta durare in eterno e quindi mi sono immaginato in una foresta a suonare per gli animali, visto che era vietato fare concerti. È chiaro però che spero possa produrre qualche effetto sugli altri esseri umani.

Ci trovo una certa volontà di allontanarsi da All Melody, che secondo me è il tuo album più pop. Non trovi?
All Melody è stato un album in cui ho messo dentro tutto quello che sapevo fare. È l’esatto opposto di Music for Animals proprio perché è pensato per essere apprezzato dal pubblico; c’è un po’ di piano, un po’ di synth, si può ballare, si può ascoltare in silenzio, sembra una specie di portfolio. Sì, in questo senso è il mio lavoro più pop, inteso come tentativo di arrivare a più persone possibile, a più esseri umani possibile. Qui invece c’ero solo io con la musica e l’effetto che aveva la musica su di me, senza pensare al pubblico, senza pensare alla critica. Solo musica per la musica.

La tua musica, così come quella di molti altri artisti che fanno un genere simile, viene ascoltata da molti under 30 per gestire l’ansia e lo stress causato da fattori sociali di ogni tipo. Questo è strettamente connesso con la riappropriazione del proprio tempo e della propria esistenza, che secondo me è uno dei temi principali della tua musica. Hai un’opinione su questo?
Realizzare questo disco è stato terapeutico, mi ha davvero cambiato. So che suona melenso, ma è così. Credo sia pieno di porte e di percorsi che possano dare conforto. Spero che questo disco possa portare le persone lontano dalle loro carriere, dai problemi della vita quotidiana, dal caos in cui siamo immersi soprattutto in città.

Un’ultima domanda: a quando un concerto in Italia?
Sono sicuro al 100% che suonerò in Italia, anche se non so quando. È un po’ difficile programmare in questo periodo, ma sarò in giro sicuramente per tutto il 2023 e il 2024, quindi ci vedremo sicuramente.

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