Morgan mattatore a casa di Giuseppe Verdi: "Salviamo almeno questa" | Rolling Stone Italia
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Morgan mattatore a casa di Giuseppe Verdi: “Salviamo almeno questa”

Abbiamo passato una giornata con Morgan nella villa-museo di Giuseppe Verdi, per sostenere il crowdfunding per salvarla: "Il 'Va pensiero' è la prima canzone pop della storia della musica italiana"

Foto di Roberto Dassoni

“Quando Duchamp mise i baffi alla Gioconda iniziò l’epoca del post-moderno. Io mettendo la mascherina a Giuseppe Verdi lo riporto a vivere in mezzo a noi”. Mettetevi comodi, sale in cattedra Morgan, che è riuscito a far tornare d’attualità qualcosa che sembrava ormai perso in un passato remoto, fra i libri di storia e i manuali dei conservatori, o da celebrare stancamente nelle cerimonie istituzionali. La nobile causa, portata avanti con generosità e passione, riguarda la salvaguardia della memoria del compositore italiano più famoso nel mondo. Non appena gli è giunta notizia che la Villa-museo di Sant’Agata di Villanova (Piacenza) rischiava la chiusura per mancanza di finanziamenti pubblici, è accorso in aiuto portando una scossa di entusiasmo. 

È piombato nel ‘mondo piccolo’ ben descritto da Giovannino Guareschi, “là in quella fetta di terra grassa e piatta che sta tra il fiume e il monte, fra il Po e l’Appennino” in una domenica d’agosto dove “un sole spietato picchia martellate furibonde sui cervelli della gente e qui tutto si esaspera”. E infatti anche la sua visita è stata tutto fuorché convenzionale. Ha messo la mascherina al busto del Maestro, si è vestito “alla Verdi”, si è sdraiato sul letto di Giuseppina Strepponi (la moglie), ha cantato il Va pensiero con l’ukulele su una delle carrozze e l’ha poi concluso al pianoforte a casa Barezzi (dove il compositore iniziò la sua carriera), si è improvvisato cicerone per alcuni visitatori attoniti e, incontenibile, ha coinvolto gli eredi in un lungo excursus della vita e la carriera di quello che è unanimemente considerato il più importante compositore italiano. 

Potrebbe sembrare una boutade, ma non è così. Perché l’incursione è stata finalizzata alla campagna di crowdfunding alla quale tutti possono contribuire con una piccola donazione. Morgan, dal canto suo, oltre alla performance diffusa lungo l’arco della giornata nelle terre verdiane, pare abbia già trovato anche chi potrà riparare i pianoforti – ad oggi tutti inutilizzabili – dove vennero composti il Nabucco, il Rigoletto e tante altre liriche indimenticabili. Di seguito l’intervista, dove a un certo punto ci svela alcune interessanti deformazioni della discografia e come mai non può fare pace con Bugo. 


Come mai hai deciso, non solo di sostenere la raccolta fondi per la villa di Giuseppe Verdi ma persino di compiere un vero e proprio tour “verdiano” di sensibilizzazione? 
Voglio sfruttare la mia notorietà in senso positivo. Qui ci sono dei problemi, perché è un museo, però mancano le sovvenzioni dello Stato. Non è mio compito quello di chiedere soldi alle istituzioni, ma vorrei solo che le persone si rendessero conto del valore di quello che abbiamo intorno. Se un tedesco pensa all’Italia non può non pensare a Giuseppe Verdi, così come al contrario noi pensiamo a Beethoven. Non può scomparire, perché ha una importanza assoluta. 

Che cosa rappresenta un luogo del genere, che è rimasto per volere di Giuseppe Verdi (lo scrisse anche nel testamento) intatto come nel momento della sua morte?
Mi ha fatto un certo effetto da musicista. È evidente che ha potuto lavorare perché aveva una casa, mentre a me è stata tolta. Pensate se non avesse avuto questo posto in cui ispirarsi. Quando si trasferì a Parigi non riusciva a scrivere e infatti tornò a Sant’Agata e compose i suoi capolavori. Ha vissuto qui per 50 anni in mezzo alla natura. E grazie a ciò è diventato uno dei più grandi di tutti i tempi. In Italia c’è lui e poi Vivaldi. In più era uno interessato al sociale, l’Italia è stata unita grazie al lui, Cavour e Mazzini. E poi ha donato per la costruzione di ospedali, ospizi, scuole, in politica ha presentato disegni di legge per la tutela del diritto d’autore, è diventato senatore a vita. Il Va pensiero è solo la punta dell’iceberg. 

Cosa rappresenta per un musicista ancora oggi Giuseppe Verdi? 
Se non fosse esistito non ci sarebbero Tiziano Ferro o Achille Lauro. Il Va pensiero è la prima canzone pop della storia della musica italiana. È interessante per me rilevare il rapporto tra l’Italia e il mondo, vorrei essere un inglese o un americano solo per capire come vedono gli italiani. Hai presente la canzone di Tenco, Come mi vedono gli altri, è esattamente quello che sto dicendo e il brano si chiude con il concetto filosofico che se qualcuno vedesse se stesso attraverso gli occhi di un altro rimarrebbe deluso. Nella musica prendo Bowie e lo confronto con un suo contemporaneo italiano come Gianni Morandi. Direi che non serve andare avanti. Ma se dico David Bowie e Franco Battiato, allora la questione cambia. Prendiamo Bjork, chi ci mettiamo come paragone italiano? Laura Pausini, forse c’è un problema. Prendiamo qualcun altro, per esempio Jovanotti? Fuochino. Morgan? Bingo! Allora torniamo indietro all’origine della canzone, nel mille e ottocento, chi era all’epoca l’italiano più rappresentativo? Giuseppe Verdi! 

Che situazione hai trovato alla villa Verdi? 
Siccome la casa è abitata da privati, cioè gli eredi, sono stati in grado di conservarla in modo particolarmente fedele. Solo che con il tempo le criticità sono venute fuori. Ha 55 stanze, quindi è incredibilmente dispendioso mantenerle in buono stato. Tutto è totalmente originale, sia nella struttura che negli arredi. Credo che ora sia compito dello Stato fare la sua parte. La famiglia dice di aver provato con alcune convenzioni, però non è mai arrivato nulla. Lo scoglio è che viene derubricata come privata, ma è una stupidaggine fermarsi alla definizione burocratica. Questo luogo è quanto di più pubblico esista. Purtroppo, però, le criticità sono notevoli. 



A cosa ti riferisci? 
Prima di tutto i pianoforti del Maestro sono tutti rotti. Ben conservati, senza però che venissero utilizzati, restaurati e accordati, quindi la parte meccanica ha ceduto. Io trovo che sia molto grave. Stiamo parlando di un musicista e gli strumenti dovrebbero essere gli elementi principali. Se è trascurato questo, non immagino il resto. È proprio un allarme. Per ripararli ho trovato chi è disponibile a impegnarsi e mi sono proposto di organizzare un mio concerto. Ma immaginate quanto sarebbe bello se durante le visite le guide suonassero alcuni brani sugli strumenti originali in cui vennero composti? Pensate all’emozione, sarebbe fantastico! E poi ci sono i problemi strutturali. 

Da cosa sono causati? 
Per la maggior parte da infiltrazioni, che stanno mettendo a rischio le stanze, in particolare la Sala rossa dove Verdi invitava ospiti selezionatissimi. Possiamo dire che qui è stato concepito il Risorgimento. Se non si interviene tutto deperisce, le criticità aumentano e la possibilità di essere visitata dal pubblico sarà interdetta. In più con il lockdown sono mancati i turisti, visto che ha riaperto solo a luglio. Non ho mai visto una casa così ben conservata. C’è persino la tomba del cane Lulù con la dedica: “Alla memoria di un vero amico”. Un vero tuffo nel passato. 

Cosa si può fare per sostenere la casa-museo? 
Prima di tutto donare alla raccolta fondi. Anche perché, se non diamo valore a questo luogo non ha più valore nulla. Ma la questione più ampia è permettere agli artisti viventi di avere la possibilità di lavorare. La mia casa mi è stata portata via per ragioni burocratiche. Pensare che il governo non sia in grado di fare il ragionamento che se al musicista togli l’abitazione-studio non riuscirà più a produrre è abominevole. A me hanno distrutto tutto. Magari i giovani non sanno neanche chi è, ma tutti hanno le sue melodie nel loro bagaglio culturale. 

Ti ho visto molto impegnato nella dedica che hai scritto sul libro dei visitatori. Hai persino voluto essere lasciato solo nella stanza del Maestro. 
Mi ha molto ispirato, poi guardando fuori vedi sette ettari di parco. L’ispirazione si prende dalle cose belle. La differenza con la casa di D’Annunzio è pazzesca. Questa è sobria, non eccessiva, di una persona molto seria con un impegno civile, che ama la praticità. C’è ancora l’odore di tabacco dei camini e il biliardo che amava perché, mi hanno spiegato, per giocarci non serve pensare. Infatti, aveva in testa solo la musica. La casa di D’Annunzio è poesia pura, ma anche il regno del caos e dell’esibizionismo. Però anche lui, a suo modo, faceva tendenza. Lui portava i fiocchi. Una mazziniana bellissima. Serviva per scompigliare la cravatta, che era troppo borghese. Si chiama anche fiocco anarchico. Non è fuori moda, bisogna riportarlo. La moda si impone. 



Se potessi parlare direttamente con il ministro Franceschini, cosa gli diresti?
Nel mio caso, si è appellato al fatto che non fosse un edificio storico. Qui non ha più scusanti, c’è valore storico, perché è la casa più bella e originale che abbia mai visto. Ancor meglio conservata della villa reale di Monza. È tutto come lo ha lasciato nel 1901, i serramenti, le chiavi delle porte, c’è il profumo della storia. Sembra che Verdi debba rientrare da un momento all’altro. Tenendo conto che è il più grande musicista italiano, se non c’è cura per lui figuriamoci per gli altri. Potremmo essere il paese più ricco del mondo, non lo siamo perché non diamo valore a cose come questa. È una grande metafora, un simbolo di difesa della nostra cultura. È necessario conservare la storia per andare avanti nel migliore dei modi. Entriamo nel passato per capire come si va nel futuro, sennò il futuro non c’è. 

Tutto ciò è rappresentato dal Va pensiero, che hai interpretato con ukulele e al pianoforte. 
Sì, però è un coro simbolo di unità. Ma chi la conosce più? Eppure, ha delle parole bellissime, per mascherarne il significato. È la prima canzone non registrata, proprio come “le brutte intenzioni la maleducazione”, non esiste ufficialmente eppure tutti la cantano. Non è uno scandalo cambiare il testo, anche il Va pensiero è stato modificato, per mano dell’anarchico Pietro Gori che con la stessa musica scrisse l’Inno del Primo Maggio, così come quella interpretata da Zucchero. Può essere modificato perché il testo non è un testo, ma un pretesto.

Hai citato “le brutte intenzioni la maleducazione” che ha avuto una diffusione spaventosa, ma sai che nonostante tutto arriverà qualcuno a dire “però non pubblica più album”. Come mai la discografia non ti appassiona più? 
La musica leggera è quella che soffre dell’ansia della classifica e della programmazione radiofonica per cui rinuncia alla purezza e alla bellezza per vendere. L’Italia da una ventina d’anni è in una specie di torpore e proprio perché assonnata non si accorge di esserlo. Deriva dall’accontentarsi di gestire i vincitori dei vari talent. Loro fanno quello che possono, ma il mondo reale non è il talent e questi ragazzi fuori dalla tv non sono come quando erano nella tv, nella gara. Io ve lo posso dire con assoluta competenza perché nasco, vivo e faccio musica da sempre a prescindere dalla tv, dove però a un cento punto sono entrato proprio a occuparmi di quella cosa, cioè gestire i giovani musicisti e cercare un equilibrio tra il mondo della musica reale, quella vera, e il mondo dell’intrattenimento, dove la musica è presa sottogamba e considerata come una tappezzeria fuori moda. 

La discografia è sottomessa alla Tv? 
I discografici lo sanno perché da sempre sono stati bistrattati dalla tv, i ‘televisivi’ li guardavano dall’alto al basso con il loro enorme potere di mercato di cui la musica ha necessità. Ma ciò non significa che ci si debba sottomettere o trasformarsi in robaccia per poter essere accettati dalla volgarità o dalla banalità dei contenuti televisivi. Quindi per anni la discografia è stata in ginocchio a supplicare la tv per andare gratis con la scusa della promozione. Sono stati sopraffatti da una prepotenza che ha schiacciato molte volte la musica, le ha tarpato le ali, e questo i discografici lo sanno bene. Ma dai talent in poi le cose cambiano. La discografia si è accorta che finalmente può avere voce in capitolo anche in televisione, cioè che è possibile entrare nelle riunioni che contano e non viene più lasciata fuori dalla porta. Sai quando si accorge di questo?

Quando?
Vi potrei dire anche la data precisa, cioè il giorno in cui la discografia italiana è stata introdotta nella tv, perché sono stato io a farla entrare. Fino a quel giorno i dirigenti della discografia italiana potevano solo aggirarsi nei corridoi e io facevo da collegamento e portavo le ragioni della musica al grande pubblico. 

Insomma, mi stai dicendo che se i talent stanno fagocitando la musica è colpa tua?
Da quando sono entrato a X Factor mi sono impegnato per far ascoltare bella musica. Ovvio, ero in missione per la musica con la M maiuscola. Per tutta la prima edizione ho cercato di far capire al pubblico televisivo cosa fosse la musica di qualità e ai discografici come relazionarsi con la televisione, quali fossero le regole e che cosa sbagliavano. In quella stagione ho organizzato di tutto: seminari, conferenze, interviste, scrivevo sui giornali, facevo tutorial, organizzavo meeting, cene, colazioni, per trovare il punto d’incontro fra tv e discografia.

Si può dire che, visti i risultati, ce l’hai fatta. 
Per riuscirci mi sono inventato il concetto di inedito, come momento obbligatorio e finale della gara, perché nel format non c’era, mentre oggi è acquisito come standard in tutte le edizioni anche estere. Scrissi la canzone per il gruppo che poi vinse, gli Aram Quartet. Feci in modo che il lavoro fosse coordinato e realizzato con la casa discografica e così si ruppe quella antica diffidenza e già nell’edizione successiva aprii le porte delle riunioni ai discografici che non giravano più nei corridoi ma finalmente potevano avere la loro voce in capitolo. Nelle edizioni successive uscirono Mengoni e Noemi per quanto mi riguarda e molte altre realtà musicali sensate come Giops, i Cluster, Becucci, i Bastard Sons of Dioniso, Antonio Maggio. Sapete come andò a finire? Tagliarono fuori me! D’altronde, “le brutte intenzioni la maleducazione…”

Capisco, per cui ai fan di Morgan diremo di costruirsi il loro personale album di inediti con i brani che stai facendo uscire a cadenza fissa sui tuoi social. 
Ecco, io sto sinceramente più volentieri in questo luogo dove gli obbiettivi non sono andare in classifica ma proporre idee nuove e avanzare con il grado di evoluzione, stare in un dibattito globale e non provinciale. E anche qui devo ammettere che la sfiga di essere italiano è una spada di Damocle, una battaglia che anche se vinta una volta tutte le altre mille volte è persa, quindi è proprio desolante. Sai cosa penso fuori dai denti? Che la musica italiana tutto sommato, a parte i geniali cantautori del passato e certo indie rock alternativo, fa veramente cadere le palle.

Per cercare di migliorare questa situazione, uscirà a breve il tuo libro che si intitola La canzone perfetta (La Nave di Teseo) dove spiegherai a un alieno e a un cane come realizzarla. Quindi chiunque, in base alle tue indicazioni, potrà diventare un cantautore?
Spiegherò cosa c’è dentro una canzone e non cosa c’è sotto o dietro o sopra, come fanno i critici che non sanno entrare ma solo guardarla da fuori. Dunque, è come entrare nel corpo umano, ci sono gli apparati, i sistemi, elementi che hanno ruoli ben precisi, perché è un microcosmo complesso che sta in piedi come una casa. È un’operazione di elevata complessità, soprattutto se non siamo né in ambito didattico né tantomeno commerciale, ma dove scrivere una canzone significa che debba essere originale e innovativa, dal testo al suono, che non sia schematica, che non somigli ad altre, che però comunichi largamente e lo faccia nel tempo, superando le mode, anzi che le imponga. 

D’altronde hai dimostrato che si possono scrivere dei versi in musica in pochi minuti e creare un pandemonio. 
A Sanremo li ho scritti in cinque, ma sono solo otto versi. La canzone c’era già, ho semplicemente sostituito e ribaltato i concetti e io scrivo canzoni da quando ho cinque anni. È come dire che suonare la tromba è facile perché Miles Davies improvvisa usando una mano sola! La musica italiana, e specialmente le canzoni, è triste come una passeggiata della domenica pomeriggio, angosciante e priva completamente della eventualità di divertirsi in modo vero e per nulla avventurosa. Ecco perché sento un’esigenza fortissima di tirare in mezzo più persone possibile perché sviluppino un grado di consapevolezza e perché sappiano ascoltare veramente e distinguere ed essere selettivi, non papparsi tutto quello che gli sbattono addosso. Mi rivolgo soprattutto ai bambini, a quelli che nascono in famiglie grigie dove non ti nasce alcun interesse artistico perché i genitori non hanno interessi e vivono in modo scialbo e per inerzia tra discussioni, litigi, musi lunghi e aggressività per l’unico argomento e solo per quell’argomento: i soldi. 

Non dirmi che dei soldi non ti importa nulla. 
I soldi come fine, sia chiaro, non come mezzo, e i soldi come compulsione non come strumento per vivere. Qui da noi è l’opposto, non si pensa ai soldi come qualcosa che serve per fare una vita decente, no, qui si vive per fare i soldi, e una volta  fatti  i soldi restare impalati a contarli nella stessa identica condizione di grigiore e assenza di fantasia, di gioco, di avventura, di coraggio, di invenzione, tutte cose che mancano. Qui abbiamo paura di perdere cento euro se non stiamo dentro negli schemi della burocrazia e dei regolamenti condominiali, abbiamo pure dei codici civili e penali che non sono altro che regolamenti condominiali, ma dove vogliamo andare? Uno come me che cerca di divertire in modo autentico e sano, che non si rivolge a qualcuno in particolare quando canta o parla perché lo fa per tutti cercando di dare emozioni, informazioni, stimoli e strumenti per sviluppare la libertà di pensiero, viene vilipeso ormai da anni e costretto ad avere a che fare con ambientini del chiacchiericcio perché da una parte come dicevo si cagano addosso, e dall’altra sono spenti. L’unico posto dove c’è un po’ di movida è il gossip. Per il resto, calma piatta. 

Si torna sempre a “le brutte intenzioni la maleducazione…”
Tu guarda quello che è capitato a Sanremo, che reazione hanno avuto gli italiani? Se fossi stato negli Stati Uniti con quella boutade credo che adesso potrei fare le scarpe a Trump. Qui devo accendere la tv e vedere processi in mia assenza di gente che non sa nulla di nulla, né di musica né di arte né di società, che parla, parla, parla e giudica, giudica, giudica, e annoia, annoia, annoia. Ecco un’altra cosa di cui gli italiani vanno matti: mangiare. Sedersi al tavolo, ingurgitare sbaffare, riempirsi le pance, un popolo di panzoni stanchi. Quindi programmi di cucina à gogo con gli orsetti che degustano cannoncini facendosi cadere dalla bocca un po’ di crema con versi di apprezzamento. Siamo alle cozze, altro che bignè. 

So che dopo hai mandato un messaggio a Bugo, senza avere risposta. Come mai, dopo tanti mesi, ancora non è possibile un chiarimento fra voi?
Bugo e il suo staff mi danno addosso senza ritegno senza che io sia presente, li vedo tutti in panico e cupi a dire un sacco di balle e a fare esattamente quello che quegli otto versi hanno reso lampante. Come si fa a non avere ironia fino a questo punto? Hanno fatto bullismo, mi hanno trattato male provando a farmi passare per coglione con l’orchestra che era la cosa a cui più tenevo, hanno boicottato le prove dicendo che era colpa mia e dando ai musicisti gli spartiti sbagliati, aggiungendo che non sapevo scrivere. Una agonia quotidiana. Sulle esibizioni, io con chi ha più esperienza di me non mi sono mai permesso di scavalcarlo in scena, fottermene di ciò che era stabilito e cantargli sopra come i bambini. Quando ho duettato con Adriano Celentano non gli ho mancato di rispetto, era interessato alla buona riuscita del brano e alla sintonia. Sul palco Celentano è un leone nella savana. È il re. Punto. Un bel momento ho pensato: adesso basta figuracce da villaggio turistico, ve la canto e ve la suono. Avete visto che fifa? Se l’è data a gambe! 

Insomma, la riappacificazione sembra più lontana che mai. 
Tutto perché non hanno un briciolo di ironia, e questo dimostra che Bugo non ce la fa, che una volta successo quella cosa, e imprevedibilmente scoppiato il fenomeno, loro anziché cavalcare l’onda e costruirci sopra qualcosa come fanno i professionisti hanno tenuto il muso e detto: cattivo, mi hai rovinato la canzone. Ma quale canzone, quella tipo Bluvertigo che era ultima? Ma per favore. Quanto sarebbe stato divertente andare in giro io e Bugo per concerti a far impazzire tutti? Avremmo potuto riempire a San Siro con quello che era scoppiato! Gli ho scritto più di un messaggio per farlo uscire dal torpore e spingerlo a essere un uomo di spettacolo, ma niente, c’è proprio l’incapacità di interpretare il mondo dell’arte e del business. E quel che mette più tristezza è che pensate, poveraccio, quando fa i concerti e tutto il pubblico in coro lo assorda cantando “le brutte intenzioni” e lui che fa finta di niente e va avanti con la sua versione mentre dentro si mangia l’anima dalla rabbia e l’ulcera lo corrode. Che peccato. Sinceramente, se Bugo si fa una risata e torna a divertirsi, per quanto mi riguarda possiamo fare una reunion. 

A un giovane che ama la musica e vorrebbe farne un mestiere cosa consiglieresti?
Di cominciare a entrare in questa logica, che non è mai stata proposta ma se mai dovesse attecchire potrebbero radicalmente cambiate molte cose, e non intendo nell’ambito musicale ma proprio a livello di mentalità in generale. E cioè, distinguere il pop dalla musica leggera. Un esempio? Gianni Morandi è musica leggera, Battiato è pop. Emma Marrone è musica leggera, Carmen Consoli è pop. Inoltre, ci sono casi di personaggi che oscillano entrando e uscendo dalla musica leggera e facendo del pop qualche volta, come Jovanotti, anche se lui è convinto di essere pop. Mi spiace molto deluderlo, ma nel pop ci si assume dei rischi e non si insegue la classifica, ma la storia. È una sottile differenza non evidente a colpo d’occhio, per questo serve un’analisi più profonda, ecco perché la differenza la può tracciare solo chi entra nella musica con profondità e non si limita al mero ascolto.

Quanto è difficile essere artisti liberi oggi?
La gente non immagina che fatica si faccia a dire una vera opinione in tv, perché sono abituati a bisbigliare la verità tra di loro, con la piccola differenza che per forza la verità detta in tv è ben altro che un’opinione di un individuo, è comunicazione a milioni di persone, un dato che influenza o scatena reazioni di vario tipo. È chiaro che se uno di mestiere fa il comunicatore come me, in una maniera che è identificata come pericolosa quando invece dovrebbe essere soltanto riconosciuta come “libera”, da una parte ha la gratificazione inestimabile di sentirsi a posto nella sua coscienza, dall’altra riceve palate di fango in faccia ad ogni passo che muove. D’altra parte, chi non ha il senso della libertà se ne sente minacciato. 

Quando chiesero a Carmelo Bene se credesse nel Diavolo, rispose: “Credo nel Demone! È una forza magnetica, il magnete del professionismo o la ricerca del perfezionismo”. Qual è il Demone di Morgan?  
Più avanzo con l’età più credo in Dio, quindi credo anche che esista il Diavolo, che non è altro che la cattiveria dell’uomo così come Dio si manifesta nella bontà delle persone e più esattamente nell’amore. Io non ho mai pensato che esistessero persone cattive, ma oggi lo penso. Perché? Ho toccato con mano le brutte intenzioni e le brutte azioni. Finché sono intenzioni si può ancora ripensarci, ma quando diventano azioni allora si presenta il diabolus.

Chiuderei con un omaggio allo scrittore a cui è dedicato il premio che hai ricevuto di recente al Mystfest di Cattolica. Andrea G. Pinketts in Lazzaro vieni fuori, scrisse: “La maturità è un’invenzione dell’uomo che non può ammettere di non essere migliorato”. Condividi? 
Sì, la frase di Pinketts è un’illuminazione, in effetti rappresenta molto il suo pensiero. Io ho conosciuto e frequentato Pinketts, era molto arguto ma anche un po’ disilluso, infatti quella maturità che lui dice essere l’invenzione di chi non migliora nel suo caso e forse anche nel mio può essere vera, il rimanere eternamente adolescenti, e lui lo era. Visto che siamo in tema di aforismi ti dico quello che ho inventato io, dimmi se ti piace: “Quando una donna ha due coglioni, uno sicuramente è suo marito”.

***Foto e video: Roberto Dassoni
Stylist: Floriana Serani
Thanks to Dolce & Gabbana

Questi video sono invece stati realizzati e montati da Morgan:


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