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Mick Jagger, nessuna sympathy per i complottisti

I no vax, i terrapiattisti, il deep state. Ma anche, finalmente, le riaperture e la fine della pandemia. Sir Mick racconta il singolo con Dave Grohl ‘Eazy Sleazy’. «Non ne stiamo uscendo migliori»

Foto: John Shearer/Invision/AP

Mick Jagger era a casa il mese scorso a osservare l’andamento della pandemia quando gli è venuta un’idea per una nuova canzone. Ripensando all’anno passato, sia a livello personale che collettivo, gli è sembrato di intravedere finalmente un ritorno alla vita pre-pandemica. Il risultato è Eazy Sleazy, una canzone slegata da qualunque progetto suonata con Dave Grohl. Parla di tragedie, assurdità, teorie del complotto e speranza, tutte cose che Jagger ha osservato nell’ultimo anno.

“Mi sparo il vaccino / ora ho Bill Gates nel sangue / è controllo mentale”, canta Jagger in un verso che definisce «una presa per il culo delle teorie cospirative». E ancora: “La Terra è piatta e fredda / non c’è riscaldamento globale / gli artici sono diventati fanghiglia / il secondo avvento è in ritardo / ci sono alieni nel deep state”. Altri passaggi riflettono l’ottimismo del cantante dei Rolling Stones per l’arrivo di nuovi anni ruggenti. “Sarà un giardino delle delizie sulla Terra”, canta Jagger.

Dopo aver scritto la musica, assieme muscolare e melodica, il cantante dei Rolling Stones ha spedito il demo a Dave Grohl, che ci ha messo mano il giorno dopo averlo ricevuto. «Non riesco nemmeno a esprimere che cosa significa per me fare un pezzo con Sir Mick», dice Grohl a Rolling Stone. «È un sogno diventato realtà, anzi di più». Nell’ultimo mese i due si sono spediti frammenti della canzoni, con Jagger a voce e chitarre e Grohl a chitarra, batteria e basso.

Prodotta da Matt Clifford, collaboratore di lunga data di Jagger, Eazy Sleazy sembra una versione ottimista di England Lost e di Gotta Get a Grip, i due pezzi politicizzati che Jagger ha pubblicato nel 2017. Abbiamo parlato al telefono col cantante (che, per la cronaca, si è vaccinato) della canzone, di no vax e della differenza fra Trump e Biden.

Com’è nato il pezzo?
Il testo l’ho scritto velocemente sulla pandemia e la luce che s’intravede alla fine del tunnel. Andava pubblicarla in fretta: era buona, ma fra tre o sei mesi non avrebbe avuto senso. La volevo fare con uno bravo, uno capace di lavorare da casa. Sapevo che Dave aveva appena pubblicato un album [coi Foo Fighters] e quindi almeno da quel punto di vista era libero. L’ho chiamato e gli ho chiesto: «t’interessa, Dave?». E lui [imita l’accento americano]: «sì, mi sto annoiando». «Ma hai appena fatto un disco!». «Mi annoio. Lo voglio fare. Voglio mettermi al lavoro». Gli ho spedito il pezzo e l’abbiamo chiuso velocemente. A Dave piace perché è bello duro. Anche a me piacciono i pezzi tosti.

Che cosa ti ha spinto a scrivere il pezzo, un evento in particolare o quel che hai osservato nell’ultimo anno?
Per prima cosa ho scritto la musica e qualche frammento del testo, che ho poi completato riempito gli spazi vuoti. Massì, è una riflessione sull’ultimo anno, sullo stress fisico e psichico a cui è stata sottoposta la società. È stato un anno di emozioni contrastanti, di false partenze e nuovi stop, di aperture e chiusure. Alla fine dell’estate scorsa sembrava che le cose andassero bene, le persone giravano liberamente, poi specialmente in Europa hanno richiuso tutto, prevenendo ogni tipo di interazione sociale. È stato un periodo bello lungo da sopportare. Penso alle profonde implicazioni psicologiche per le persone e per i bambini che non vanno a scuola e non socializzano, non sappiamo quali saranno nel lungo periodo.

E tu come hai vissuto la pandemia?

Adattandomi. Prima si è detto che sarebbe finito tutto nel giro di poche settimane, poi si è capito che ci sarebbe voluto un sacco di tempo. È stato allora che si è capito che non saremmo stati in grado di fare un sacco di cose. Si è passati da «è una cosa passeggera» a «è l’inferno». Leggi le statistiche e ti senti male per la gente che muore e chiaramente non vuoi essere uno di quei numeri, perciò cerchi protezione in un posto sicuro. Ci sono posti in cui la gente soffre sul serio e non ha i nostri privilegi. Insomma, alti e bassi, bisogna sapersi adattare. Chiaro, io sono particolarmente fortunato. Ho trascorso un sacco di tempo in campagna. Ho sempre avuto un posto dove uscire. La prospettiva di starmene chiuso in un appartamento in città senza la possibilità di uscire, come molti miei amici, è orribile. Ti manca vedere la gente; ti manca fare conversazione; ti manca l’interazione; ti manca suonare con gli altri. Ma non posso dire che per me sia stato difficile. Sono stato in grado di affrontare gli eventi grazie ai bei posti che ho in cui rintanarmi.

Nel secondo verso citi i balletti su TikTok, gli incontri su Zoom, cucinare, cibo e alcol, le pulizie di casa, tutte esperienze comuni durante il lockdown. Le citi e in un certo senso ci scherzi su.
Il primo verso è su quando è iniziato tutto, su quanto terribile fosse sapere dei morti. Scioccante. La gente che stava al governo sparava cazzate e cambiava idea ogni cinque minuti. In Inghilterra era un bel casino e anche Trump ha detto tante sciocchezze. Vi ricordate le cose su cui dovevamo orientarci? I grafici e i numeri. Poi siamo arrivati alla fase che stiamo vivendo, inviti virtuali, gallerie d’arte virtuali, prime cinematografiche virtuali, concerti virtuali. E le esperienze derivanti da un lungo lockdown: magari vedi una bella ragazza, ma non vuoi correre rischi prima di essere vaccinato. Quindi tutte le stupidaggini che si fanno per passare il tempo con l’idea di doversi migliorare. Tutti hanno provato a fare qualcosa, no? Cucinare o ballare o cercare di imparare male un’altra lingua.

E tu ne sei uscito migliore?
Onestamente no. Sarebbe stupido dire [assume un tono sarcastico]: sono un uomo migliore adesso, ho fatto tanta introspezione. La canzone prende per il culo tutte queste cose.

Nel 2017, ai tempi di England Lost e Gotta Get a Grip, parlavi di «ansia e della situazione politica incerta» aggiungendo che «abbiamo un sacco di problemi, non sono politicamente ottimista». Nel frattempo sei diventato più o meno ottimista?
Negli Stati Uniti c’è chi vuole sistemare le cose e c’è la possibilità di mettersi alle spalle la pandemia e fare le cose giuste. Non credo che l’amministrazione precedente l’abbia fatto. Vivevano alla giornata senza sapere che fare. Non c’era alcun piano. Questa amministrazione per lo meno ha obiettivi di lungo periodo, sono state individuate le cose da sistemare. Non tutto funzionerà, ma almeno ci stanno provando. Sono molto più ottimista sugli Stati Uniti di quanto lo fossi un anno fa.

Già, negli ultimi anni hai spesso ripetuto di non essere un grande fan di Trump.
No, non lo ero. [Alza la voce] Improvvisava e non è una cosa che puoi fare in piena pandemia. Per lo meno ha puntato sui vaccini, quella è stata una buona idea. Ci ha messo un sacco di soldi, un buon investimento. E il governo si è fatto avanti sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito. La differenza è che lì c’era un progetto, mentre negli Stati Uniti prima che arrivasse Biden non c’era. Ovviamente entrambi i Paesi sono stati colpiti duramente e hanno grossi problemi economici. Bisogna uscirne.

Perché hai deciso di scrivere di teorie del complotto?
Un sacco di gente, e parlo anche di persone che conosco bene e che sono preparate su molti argomenti, non ci arrivano proprio. Parlo di amici e conoscenti che su certe cose sono… irrazionali. Parlare con loro è inutile. Non capiscono. Credono in una cosa e basta. Con loro il pensiero razionale non funziona.

La Francia, che nel Settecento era la patria della razionalità, è diventata la democrazia più antivaccinista d’Occidente. E i vaccini non sono mica una novità. Quand’ero bambino, parlo di un sacco di tempo fa, la gente moriva di polio. Un giorno c’erano e il giorno dopo non c’erano più. La malattia è stata eradicata grazie ai vaccini. Sono morti o si sono ammalati tantissimi bambini, tra cui molti amici. Preferireste vaccinare vostro figlio o fargli perdere l’uso delle gambe? Con certa gente ragionare è impossibile. Insomma, è così che ho scoperto le teorie del complotto. Con i no vax. Anche se non li nomino nella strofa. Forse avrei dovuto perché gliene ho dette tante [ride].

Puoi spiegare meglio? I tuoi amici ti hanno parlato di teorie del complotto? 

Sì, ho parlato con dei no vax.

Davvero?
Sì. Ma non riesci a…

E com’è successo? Com’è che Mick Jagger incontra un no vax? Su Facebook?

No, no, al telefono. Magari parlo con un amico e gli chiedo se farà il vaccino. «No che non lo farò». «E perché? Sei in lista d’attesa?». «No, non credo ai vaccini». Mi sono reso conto che c’è tanta gente così. Io qualcuno lo conosco. Anche se in questo caso, almeno all’inizio della pandemia, anche io avrei preferito non essere il primo in assoluto a fare il vaccino. Spero che dopo un po’ le persone cambino idea. Ma c’è gente d’ogni tipo, c’è chi pensa che Trump abbia vinto le elezioni, anche se non li cito nel pezzo.

Le strofe della canzone raccontano brutte situazioni, però il ritornello è ottimista.
Ogni Paese fa storia a sé, ma vedo che si fanno sempre più vaccini e che dopo i lockdown si inizia a pensare alle riaperture. In molti posti s’intravede la luce in fondo al tunnel. Riuscendo a vederla, ho pensato di scrivere una canzone su quel che abbiamo vissuto in lockdown. Spero che sia l’inizio di un periodo di libertà.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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