Rolling Stone Italia

Mei Semones è l’artista da scoprire oggi

Indie e jazz, testi in inglese e in giapponese. È difficile classificare la sua musica ed è bello così. Intervista e profilo di un’emergente di cui (si spera) sentirete parlare

Foto: Maria-Juliana Rojas per Rolling Stone US

Mei Semones si era appena trasferita a New York, stava iniziando una nuova relazione e troncando un’amicizia importante. Dopo aver conseguito una laurea al Berklee College of Music, si stava abituando alla realtà non esattamente glamour della vita adulta. «Era un momento di transizione», racconta Semones, che in quel periodo, stiamo parlando della seconda metà del 2022, faticava a trovare tempo per la musica visto che lavorava a tempo pieno in una scuola materna giapponese. «Tentavo di dedicarmi alla musica dopo un turno di dieci ore e pensavo: ’sta roba non funziona, sono disperata».

Semones è comunque riuscita a scrivere una serie di canzoni che parlano di quel periodo di instabilità. Le ha riunite nel terzo EP Kabutomushi che uscirà il 5 aprile. Con incursioni nell’indie e nel pop, è il suo disco più elettrizzante e completo e allarga l’orizzonte della musica avventurosa di matrice jazz che ha pubblicato negli ultimi anni. L’ha inciso con la sua band fatta di gente che ha conosciuto al Berklee: Noah Leong alla viola, il violinista Claudius Agrippa, il bassista Jaden Raso e il batterista Ransom McCafferty.

Non è facile definire la musica di Semones. Lei lo sa, ma la cosa non la preoccupa affatto. Chiedetele di descrivere in una sola frase quel che fa e risponderà che si tratta di «J-pop indie con influenze jazz e bossa nova». Negli ultimi due anni, ha portato la sua musica ovunque, avendo avuto modo di condividere il palco con tantissima gente, dagli indie rocker coreani Say Sue Me alla cantante alt pop Bratty (Semones aprirà il suo tour in primavera). Non le interessa sapere come i fan potrebbero descrivere ciò che ascoltano.

Il nuovo EP (il cui titolo significa “tesoro” in giapponese) spazia dall’arrangiamento jazz di Tegami alla melodia da inno indie rock di Inaka fino a Wakare No Kotoba, nata da un arpeggio imparato al college. «Mi sono detta che era pazzesco. Si usa nel contesto del jazz moderno, improvvisando, ma cosa succede se lo si piazza in un pezzo pop?».

La miscela unica di influenze (da John Coltrane agli Smashing Pumpkins) e di gusti di Semones può essere fatta risalire alla sua infanzia nel Michigan, dove si è innamorata della chitarra dopo aver visto Marty McFly suonare Johnny B. Goode in Ritorno al futuro. Da lì ha avuto a una tipica fase preadolescenziale di ascolti classic rock (da Stairway to Heaven ai Red Hot Chili Peppers), per poi darsi al jazz durante le scuole medie e superiori.

I testi di Semones sono in inglese e in giapponese, ma non è un fatto accidentale e nemmeno un espediente: è un elemento essenziale per la sua identità artistica. «Le canzoni che scrivevo hanno iniziato a piacermi solo quando ho cominciato a usare il giapponese e l’inglese», racconta. «Prima di iniziare l’università non avevo mai provato a scrivere in giapponese, poi però ho capito che era così che volevo che fosse la mia musica».

Foto: Maria-Juliana Rojas per Rolling Stone US

Semones sa bene che, di norma, si esibisce per un pubblico prevalentemente anglofono e usa il passaggio da una lingua all’altra come strumento espressivo, un modo per incuriosire le persone e un mezzo per evidenziare certi elementi musicali o narrativi passando dal familiare allo sconosciuto. Una rara eccezione a questa dinamica si è verificata il mese scorso, quando Semones ha fatto il suo primo concerto in Giappone.

In prospettiva, Semones è entusiasta di provare a muoversi sia in ambito jazz che rock, di suonare una sera alla Bowery Ballroom e quella dopo al Blue Note. È già al lavoro sul suo album di esordio, che prevede sarà «caleidoscopico»: brani originali che sembrano standard jazz, valzer, indie, un po’ tutto ciò che ha metabolizzato negli ultimi anni.

Ma soprattutto è grata di avere più tempo per fare musica (il lavoro all’asilo è diventato part-time). Ogni volta che tiene un concerto nella nuova città in cui si è stabilita, New York, pensa che è fantastico riuscire a farlo. Kabutomushi è il suo terzo EP, ma lo considera un punto di partenza. «Mi sento all’inizio di una nuova fase».

Da Rolling Stone US.

Iscriviti