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L’utopia di Mutonia, «un luogo libero per persone libere», torna al Cocoricò

Abbiamo raggiunto due esponenti della Mutoid Wasted Company per farci raccontare della loro comunità, della sua evoluzione e del rapporto con il club romagnolo per l’imminente Mutonia Easter Experience

Foto press

Appena fuori Santarcangelo di Romagna e a due passi dal fiume Marecchia c’è una piccola comunità di artisti – la Mutoid Wasted Company – che nel 1990 ha fondato Mutonia, un villaggio artistico a breve distanza dal mare Adriatico e dalla Piramide del Cocoricò che accoglierà il collettivo dal 30 marzo all’1 aprile per il festival Mutonia Easter Experience.

Nata in Inghilterra da Joe Rush e Robin Cooke con Alan P Scott e Joshua Bowler, la Mutoid Waster Company ha abbandonato l’opprimente governo della Thatcher di fine anni ’80 per intraprendere una vita on the road, da traveller, che dopo esperienze in Germania, Francia e Spagna, ha trovato casa in Romagna. Doveva essere una TAZ, uno spazio utopico d’appoggio in cui fermarsi per un breve periodo e appoggiare le varie opere e sculture, Mutonia è invece diventata una casa, un villaggio dove stabilirsi a lungo termine con tanto di riconoscimento delle soprintendenze di Bologna e di Ravenna che ne ha bloccato ogni possibile sfratto.

«Ora Mutonia è una piccola comunità non solo di mutoidi, ma anche di persone creative. Ogni persona ha il suo piccolo atelier perché non ci sono vere e proprie case, ma principalmente veicoli di viaggio utilizzati come case-atelier», raccontano Debs Wrekon e Strapper, due artisti esponenti della prima ora della Mutoid Wasted Company, «è aperta al pubblico, quindi le persone possono venire e visitare. È una bella comunità artistica».

«I romagnoli sono davvero aperti di mentalità, ci hanno accettato anche se non eravamo normali, anche se eravamo dei punk rocker con abiti strani, capelli colorati e camion enormi», ricorda Strapper ripensando ai primi tempi in Italia: «All’inizio Mutonia era il nostro campo, noi uscivamo in città ma la città non veniva da noi. Chi veniva a Mutonia ci guardava come fossimo in uno zoo. Nessuno voleva entrare nelle gabbie con noi. Ma ora queste gabbie non ci sono più e le persone sono piuttosto felici di interagire con noi».

Foto: press

Da quei primi giorni i mutoidi si sono integrati grazie a parate e feste che hanno coinvolto la popolazione locale aggiornandola sugli sviluppi creativi del collettivo. Veicoli modificati e giganteschi mostri di ferro antropomorfi costruiti esclusivamente con pezzi di recupero (spesso donati o trovati nelle discariche) hanno animato la Romagna, instaurando un rapporto anche con le discoteche locali come il Cocoricò. «Abbiamo avuto interazioni con centri sociali, con la scena underground o dell’arte, con i locali notturni», raccontano. «La preoccupazione che abbiamo da sempre è che fermandoci ci si possa impantanare con il pensiero. Nella vita da traveller ci si rinnova sempre e ogni posto è un’ispirazione diversa. Avere un luogo invece ha i suoi pro e contro. Ora il pro è che non siamo più noi a muoverci verso gli altri, ma gli altri verso di noi a darci una nuova prospettiva. Mutonia è un luogo in cui venire e scambiare idee. Ora – per legge – possiamo fare meno eventi, tipo quello dello scorso primo maggio con i partigiani e le persone di libero pensiero in Italia. Quindi gli eventi li possiamo altrove, come questo al Cocoricò».

Nonostante la burocrazia e le leggi che hanno arginato e contenuto l’etica punk della comunità, Mutonia continua ad essere «un luogo di persone con un libero pensiero aperte per chiunque voglia fare qualcosa di positivo». La stabilità ha però portato con sé dei cambiamenti strutturali nella comunità e nell’approccio artistico: «Negli anni, diventando più stabili, abbiamo sviluppato degli stili più personali. Prima, muovendoci, lavoravamo tutti assieme. Ora è qualcosa di più individuale e ci siamo specializzati in materiali differenti: plastica, metalli, veicoli. Il nostro stile è molto cambiato perché ora abbiamo un posto dove lavorare alle nostre opere quindi possiamo iniziarle, lasciarle lì, continuarle dopo. Prima lavorando in giro non c’era questa opportunità».

Debs Wrekon e Strapper – che si dividono tra Inghilterra e Mutonia – faranno parte degli artisti scelti dal Cocoricò per partecipare con le proprie opere alla Mutonia Easter Experience: «Il tema sarà gli insetti e quindi ci saranno opere legate ai ragni e agli scarafaggi. Il posto è grande e si possono appendere un sacco di cose. inoltre abbiamo preparato anche i costumi per le ballerine e l’animazione». Nella tre giorni suoneranno dj come Ilario Alicante, Nina Kraviz, Carlita, Seth Troxler in un’atmosfera steampunk alla Mad Max preparata dagli artisti di Mutonia: «Finché le persone – e soprattutto i più giovani – si ritrovano e riuniscono per celebrare per festeggiare come al Cocoricò più avremmo occasione per ispirarli». E ripensando ai primi giorni in Romagna, un aneddoto sui primi approcci tra mutoidi e Cocoricò: «Eravamo sempre trattati come dei vip, entravamo e bevevamo gratis. E così anche chiunque veniva con noi. Per quello avevamo uno spazio a Mutonia – la stazione della mutazione – dove portavamo gli amici non-mutoidi, li truccavamo, gli mettevamo qualche rottame addosso e via a farci offrire da bere in giro».

Ma c’è ancora spazio per l’utopia nel futuro? «Abbiamo bisogno di una rivoluzione, una rivoluzione dei ragazzi. Solo loro possono prendere a calci in culo questi vecchi al governo e cambiare le regole».

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