Lo strano percorso di LL Cool J | Rolling Stone Italia
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Lo strano percorso di LL Cool J

Il rapper veterano ci parla della sua infanzia difficile, di come essere un buon padre e di come ha fatto strada nell'industria discografica grazie ai consigli che non ha mai ascoltato

Lo strano percorso di LL Cool J

Quali sono le tue regole di vita?
Tratto le persone come vorrei essere trattato io. E non permetto a nessuno di interporsi fra me e i miei obbiettivi. Sai, prima indossa la tua maschera dell’ossigeno e poi aiuta il tuo vicino a indossarla.

Che consiglio ti sarebbe tornato utile prima di entrare nel music business?
Non so se mi sarei fidato dei consigli di qualcuno. Sono entrato nell’industria discografica quando avevo 16 anni. C’è una bella differenza con chi ci entra a metà dei suoi vent’anni. C’era gente che mi diceva miliardi di cose, ma non ho ascoltato nessuna di quelle stronzate.

Il primo grosso assegno che ti hanno dato era di 50mila dollari. Qual è stato il primo bene di lusso che ti sei comprato?
Ho comprato una macchina a mia madre, e delle sneaker per me, una catena d’oro e un videoregistratore nella mia stanza. Col secondo assegno ho comprato una casa a mia madre, credo.

Sei famoso anche per i tuoi dissing nel rap. Cosa ti ha insegnato la sfida con Kool Moe e Canibus?
A volte devi difendere il tuo terreno e altre è una perdita di tempo, quindi devi sceglierti bene le tue battaglie.

Cosa hai imparato dall’esito di Accidental Racist, la tua collaborazione del 2013 con Brad Paisley?
Ho imparato che non tutti capiranno quello che stai dicendo. In ogni caso, fanculo. Non chiedo mica scusa, credevo pienamente in ciò che stavo dicendo. Se c’è gente abbastanza fuori per credere che stessi alludendo al tip tap, roba tipo Amos ‘n’ Andy, allora fatti suoi.

Tu vieni dal Queens e da Long Island. Qual è la cosa più newyorchese che ci sia secondo te?
Quel sentimento da imprenditori che ti spinge a convertire un’idea in qualcosa di concreto. L’altra cosa è che credo abbastanza in me stesso in quanto uomo di colore per dare il giusto peso alle cose che vengono dette in tema razziale. A New York, la gente farà sempre battute politicamente scorrette. Se cresci in quell’ambente, sei meno sensibile al resto. A New York, la gente parla delle cose più assurde.

Hai avuto un’infanzia difficile. Nella tua autobiografia hai scritto che tuo padre sparò a tua madre e tuo nonno. Sopravvissero, ma tua madre iniziò poi una relazione con un altro uomo che ti picchiava regolarmente. Che cosa ti hanno insegnato queste esperienze sull’essere padre?
Mi hanno insegnato che i tuoi bambini devono sempre sentirsi al sicuro e che devi pensarle tutte perché così sia. Senza sfide, non puoi cambiare. Mi hanno insegnato che i tempi duri non devono intaccare le speranze e i sogni futuri. Penso di averlo trasmesso ai miei figli.

Il tuo pezzo I Need Love è stata una delle prime rap ballad. Cosa ti ha dato il coraggio di scriverla?
La maggior parte degli uomini non vuole mai sentirsi così vulnerabile, ma allo stesso tempo è proprio come mi stavo sentendo io. Molte persone sentono di aver bisogno d’amore. Ora, che poi vogliano sentirsi vulnerabili è tutto un altro discorso, ma è lì che volevo arrivare.

Nel 2000 hai intitolato il tuo album G.O.A.T., che ora tutti usano come Greatest Of All Time. Quand’è che uno può definirsi tale?
Devi credere in te stesso e tradurre tutto ciò nell’esistenza che stai conducendo. Non tutti saranno d’accordo. Muhammad Ali diceva di essere il Greatest Of All Time. A molta gente piace negare che sia stato il mio album a introdurre il termine, ma alla fine la storia di questa nazione mi ha dato ragione. Mentre si può discutere sul fatto che io sia o meno il G.O.A.T., è innegabile che siano tutti affascinati dal termine, che usano ormai per gente come Michael Phelps, Michael Jordan, LeBron James e Biggie. Tutto grazie al mio album. La considero una vittoria.

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