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Lo Stato Sociale: «Con noi anche Sanremo diventa ‘così indie‘»

Prima band indie della nuova generazione a riempire i palazzetti, il collettivo bolognese inaugura Sanremo con una partecipazione molto importante per il futuro della musica italiana

«Avevamo mandato un paio di canzoni al team di Baglioni, che stava selezionando i brani per Sanremo, e sapevamo che uno era piaciuto, ma da lì più niente. L’annuncio della partecipazione ci è arrivato in diretta tv su Rai Uno, in quel momento ci siamo guardati e abbiamo detto “minchia ora lo dobbiamo fare veramente”», racconta Albi Cazzola, bassista de Lo Stato Sociale, prima band della generazione ‘indie 2.0’ – quella esplosa nella seconda metà dei 2000, per intenderci – a sbarcare sul ‘mondo lontanissimo’ di Sanremo.

Una partecipazione, quella del collettivo bolognese al Festival, tanto impensabile quanto carica di significato su quello che potrà essere il futuro prossimo della scena italiana. Cinque freak lontani anni luce dall’aristocrazia musicale tradizionalmente associata all’Ariston, e ora potenziali traghettatori del movimento indie verso un pubblico, e un mondo, che sembrava quasi aver ‘paura’ dei nati nell’89 con reflex digitali, dei tempi dell’Ikea, del Frosinone in Serie A o del sole di Riccione, ma che ora accoglie proprio loro, i meno ‘sanremesi’ fra tutti.

Vi sentite dei pionieri? (la band accoglie la domanda con una risata, nda)

Checco: Pionieri non lo so, però diciamo che per fare un’operazione di questo tipo c’è bisogno di coraggio, stiamo calpestando strade che nessuno è mai andato a percorrere e quindi un po’ di paura di dove mettere i piedi c’è, soprattuto in un ambiente come quello di Sanremo in cui se fai una scorreggia il giorno dopo è una tempesta, bisogna stare attenti. Allo stesso tempo mi viene da ragionare anche sulle prossime edizioni di Sanremo. Che cosa succederà nella 69esima? La metà del roster sarà del giro indie?

Carota: Io sono sicuro di questa cosa. Le radio, le tv, si stanno accorgendo di un mondo, come quello indipendente, un mondo prima sotterraneo, e anche il pubblico si sta muovendo in quella direzione, perché mai non dovrebbe farlo Sanremo? Sono convinto che il prossimo anno sarà pieno di artisti del nostro giro. Io ad esempio ci vedrei gli Zen Circus: un pezzo come L’anima non conta è un brano incredibile, non capisco perché non potrebbe partecipare a un festival che porta sul palco il meglio della canzone italiana.

Albi: Sono processi culturali che stanno venendo a galla, non siamo tanto noi ad essere dei pionieri, ma è un adeguarsi di canali come le radio o la televisione a quello che vuole il pubblico e se determinati artisti o band fanno certi numeri, i media, con i loro tempi, si adeguano, Sanremo compreso. Proprio per questo, nel nostro nuovo lavoro, Primati, abbiamo fatto una riedizione di Sono Così Indie, per raccontare del ricambio generazionale che stiamo vivendo nella musica, con l’affermarsi di una cultura che partiva dal basso e ora è arrivata a un livello più ampio.

La copertina di ‘Primati’, in uscita il 9 febbraio

Parlando di Primati, in uscita il prossimo 9 febbraio: un titolo particolare per un progetto particolare, dove a tre inediti e mezzo – in cui il mezzo sta per Sono Così Indie 2018 – si aggiunge una sorta di raccolta dei brani che più hanno segnato la vostra carriera.

Albi: Esattamente, è la nostra ‘raccolta differenziata’. Dentro ci sono quattro inediti: il pezzo di Sanremo, intitolato Una vita in vacanza, Sono Così Indie 2018, Fare Mattina e Facile, traccia realizzata con Luca Carboni. Il resto sono altri tredici brani editi e rimasterizzati, una sintesi ragionata della nostra carriera con cui raccontarci al pubblico di Sanremo.

Carota: Non volevamo rinnegare quello che siamo sempre stati, anche davanti al pubblico di Sanremo che magari a noi non si è mai interessato, e quella di una raccolta poteva essere una buona soluzione per presentarci.

Albi: Per quanto riguarda il titolo, è un gioco di parole. Da un lato ci sentiamo fra i primi a fare certe cose: i primi della nostra generazione a riempire un palazzetto dello sport, i primi ad andare a Sanremo. Allo stesso tempo, però, volevamo prenderci in giro, ridendo della voglia di primeggiare a tutti costi che ormai sembra così importante, della rincorsa a scalare le classifiche o di dare una certa immagine di sé sbandierando i sold out.

Beh, sicuramente il fatto che una band come voi abbia affrontato lo spauracchio di un palazzetto è stato un bell’apripista. I concerti al PalaDozza di Bologna e del Forum di Assago hanno battuto il terreno per Thegiornalisti, Coez e ora Calcutta, che sfaterà il mito dell’Arena di Verona o dello stadio.

Albi: Siamo molto contenti di questo processo, perché siamo tra quelli che hanno iniziato a farlo quando ancora tutto questo non c’era, anche rischiando tantissimo e prendendoci dei nomi. È significativo, inoltre, che negli ultimissimi anni succeda sempre più spesso che artisti come Paradiso o Calcutta scrivano per cantanti che prima erano lontanissimi dal mondo indie, e che quindi da un punto di vista sia qualitativo che quantitativo sia aumentato l’apporto dei cantautori della nostra generazione a quella che è la scena musicale italiana più ‘tradizionale’.

Bebo: Certamente non è stata una passeggiata. Siamo cresciuti tantissimo da quello che era un progetto ‘casalingo’ e le nostre vite ora sono cambiate totalmente da quando lavoravamo, chi in fabbrica, chi nei negozi. Questo però è costato enormi sacrifici, abbiamo messo in gioco le nostre vite private, messe da parte in favore di un tour durato quasi cinque anni, con pochissime pause. Tutto ciò, se da un lato ci ha inevitabilmente logorato, dall’altro ci ha fatto capire chi siamo, qual è il nostro spazio nel mondo della musica; ci ha portato a relazionarci con il grande pubblico, come appunto quello di Sanremo, pur mantenendo la regazness che ci ha sempre contraddistinto. (Per i non bolognesi, regazness = spirito cazzaro, nda)

Lo Stato Sociale, foto di Giuseppe Plamisano

E la vostra regazness la porterete anche sul palco dell’Ariston. Come vi vedete?

Bebo: La sfida è riuscire a entrare nella gabbia dei limiti che la televisione ti impone ma allo stesso tempo portando la potenza che abbiamo messo insieme in questi anni durante i nostri concerti. Vogliamo portare una performance che rimanga in testa, e questa è una sfida diversa rispetto a tutto quello che abbiamo fatto finora.

Albi: Sappiamo che sarà una settimana nell’occhio del ciclone, ma vogliamo mantenere quell’’inconsapevolezza’ che ci ha sempre accompagnati: andare là e viverla come fosse una vacanza di 5 stronzi che vanno in mezzo al gotha della canzona italiana. (ride, nda)

Sanremo arriva in un periodo particolare come quello pre-elettorale. Voi siete un gruppo che non ha mai nascosto la vostra passione per la politica e per determinate ideologie. Darete un significato ‘politico’ alla vostra performance?

Albi: La canzone racconta di una tematica sociale comune a tutti, il lavoro, raccontato attraverso la sua ‘nemesi’, ovvero la vacanza. Una vita in vacanza è un brano certamente ‘politico’ nel senso letterale del termine, ma non riferito alle elezioni, a partiti o a determinati personaggi. Noi andiamo come siamo noi ma senza voler sgravare, senza voler prendere una parte, anche perché, oltretutto, siamo in par condicio. A noi piace il rapporto fra musica e politica, ma non ci siamo mai schierati con nessuno.

Lo Stato Sociale, foto di Giuseppe Plamisano

Ultima domanda, gli eventuali ‘effetti collaterali’ di Sanremo. Non avete paura che, dopo il Festival, il vostro pubblico non vi riconosca più “così indie”? Che non si riconosca più in voi?

Albi: Se abbiamo lavorato bene fino adesso no (ride). Siamo molto ‘battaglieri’, ci piace anche essere fuori contesto e andare in situazioni per noi un pò particolari, perché sappiamo che più di tanto non ci facciamo condizionare. Non abbiamo paura del post-Sanremo perché ovunque siamo sempre stati quello che siamo. Le persone che ci seguono e che vengono ai nostri concerti capiscono bene cosa dobbiamo fare per essere sempre di più la prossima volta… E poi dipende da come ti presenti sul palco di Sanremo.

Checco: La nostra storia è abbastanza forte da non doverci far condizionare da questo tipo di partecipazioni, siamo riusciti a costruire una storia con il nostro pubblico e quello siamo noi. La nostra esibizione è studiata proprio per coinvolgere il più possibile la gente che ci guarderà da casa…

Non ditemi che porterete anche voi la scimmia sul palco eh…

Checco: Purtroppo la scimmia ce la siamo già giocati sulla copertina di Primati.

La copertina di ‘Una vita in vacanza’, il brano che Lo Stato Sociale presenterà a Sanremo

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