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L’era della jungle non è mai finita, chiedetelo a Lone

Il producer di Nottingham sta per pubblicare per R&S Records il suo settimo album, forse il più violento e adrenalinico finora. Leggi l'intervista
Matt Cutler aka Lone. Foto: Stampa

Matt Cutler aka Lone. Foto: Stampa

Se vogliamo trovare una peculiarità a Matt Cutler, in arte Lone, è che qualsiasi cosa faccia gli viene bene. L’eterno conflitto interiore su quale strada imboccare—se fare hip hop, house, techno o persino ambient—si sente continuamente non solo all’interno dei dischi, ma proprio nelle singole tracce. Airglow Fires, forse la sua più famosa, inizia stendendo un sontuosissimo tappeto di pad e synth, esplode sottoforma di un banger a metà fra la garage house e il free jazz, e a un certo punto—puf!— ti ritrovi avvolto da un outro hip hop costruito, sembrerebbe, nientemeno che da J Dilla o Madlib. E tu sei lì, impassibile di fronte a tutti questi cambi repentini ma estasiato dalla naturalezza con cui il producer di Nottingham, da qualche anno nel roster di R&S, riesce a gestire così tanti imput esterni e convogliarli in qualcosa di così bello, del tutto naturale.

Tanto per mettere in chiaro una volta per tutte la sua natura polimorfica, Matt ha deciso che per il suo nuovo Levitate fosse il caso di passare alla jungle e alla happy hardcore, mantenendo pur sempre fisso il riferimento alla rave culture europea dei primi anni Novanta. Con la scusa di parlare del nuovo disco, che uscirà il 27 maggio, ho raggiunto Matt su Skype per scambiare due chiacchiere come desideravo fare da tempo.

Chi è il piccolo in foto con te su Skype? È tuo?
No! Il bimbo che vedi in foto è mio nipote di un anno. Sono solo uno zio, per ora sono fidanzato e già mi basta [ride]. Magari un giorno ci penserò, ma ora è fuori discussione.

Anche io a settembre divento zio. Che effetto fa?
Grande! Ah, è davvero fantastico fare lo zio. Primo, perché di fatto conosci qualcuno di nuovo nella tua famiglia e poi perché consolida i rapporti che già c’erano con gli altri membri. Alla fine ti godi solo il meglio del pupo: quando ha fame o dev’essere cambiato, fai che consegnarlo a chi di dovere.

Beh, a questo punto non vedo l’ora che sia settembre, ma ora veniamo a noi. È vero che l’idea dell’album te l’ha data un’influenza con tanto di febbre da cavallo?
Mi sono ammalato mentre ero in tour a New York. Avevo un paio di giorni di pausa fra una serata e l’altra, giorni che purtroppo ho passato a letto con una febbre spaventosa. In genere, negli istanti prima di addormentarmi mi vengono le idee migliori, ma quella sera stavo troppo male. Ero sotto stress, confuso per via della febbre, completamente fuori, e nella testa mi ronzava soltanto jungle velocissima. Due giorni dopo, quando finalmente ho cominciato a sentirmi meglio, ho ripensato a quella sera. Mi è sembrata una buona idea ripartire da quei deliri febbricitanti per costruire qualcosa di più strutturato rimanendo sempre con quell’idea di fondo.

Un’idea completamente diversa dall’ultimo Reality Testing, che se vogliamo è addirittura hip hop.
Mi stanco piuttosto in fretta se ripeto sempre le stesse cose. Prima di tutto, devo mantenere costante il livello di interesse e divertimento già solo per ricevere la spinta, lo stimolo necessario a fare un nuovo album. Ho così tanti territori musicali da esplorare che se non lo facessi il più possibile, non mi sentirei me stesso. Esistono generi a cui non posso fare a meno come l’hip hop e la musica da rave tipo techno e house e così via. Prima di tutto deve essere un divertimento per me, se poi lo è anche per gli altri tanto meglio.

A me Reality Testing ricordava moltissimo Quasimoto, per via della pasta calda e sporca dei beat.
Madlib è uno dei miei produttori hip hop preferiti, perciò nulla di strano in questa associazione. Anzi, era proprio quello l’intento.

È il primo disco che fai così veloce, così jungle?
Sì, così veloce e così pieno di breakbeat credo proprio di sì. Nel senso che da teenager facevo la stessa roba e pure a nome Lone, ma non avendo un contratto discografico all’epoca non è mai uscito nulla finora. Levitate è il primo. È stata anche una sfida con me stesso per vedere se fossi ancora in grado di produrre musica così uptempo.

Non sei molto da tracce vocali tu, eh?
Si tratta di trovare la persona giusta per cantare, dopodiché per me si può anche fare. In Galaxy Garden c’è una traccia con Machinedrum che era venuta fuori davvero bene. Mi piaceva un sacco, tanto che abbiamo provato ad aggiungere pure delle voci sopra. Il risultato è stato una delusione, perché è difficile trovare qualcuno che canti esattamente come ti sei immaginato. La traccia infatti è rimasta strumentale. Credo che prima o poi inizierò a cantare io stesso sulle mie tracce. C’è solo da guadagnarci: canti come vuoi tu e non devi impazzire a fornire istruzioni ad altri. Mi manca solo un po’ di fiducia e poi giuro che per il prossimo album lo faccio.

Ora come ora sei timido o ti manca proprio la tecnica?
Credo entrambe. Se canto per i fatti miei non sono neanche poi così male. In passato però mi è capitato di registrare con altra gente nella stanza e di quell’esperienza non ricordo altro se non l’imbarazzo. Devo semplicemente esercitarmi e acquistare più fiducia in me stesso. Oppure dovrei soltanto effettare la voce a tal punto da non sembrare più mia. E ti parlo soltanto delle registrazioni in studio, non oso immaginare come sia cantare dal vivo davanti al pubblico. Spaventoso, vorrei proprio evitarlo.

Tu hai anche collaborato con Azealia Banks, giusto?
Sì, mi aveva contattato sei anni fa, quindi molto prima che avesse contratti o roba simile. Mi aveva colpito sia il suo rappato che il cantato.

Lavoreresti ancora con lei ora che è completamente uscita di testa?
A essere sincero, non credo che mi piacerebbe più tanto l’idea. Credo che sia incorsa in ciò che tutti si aspettavano, si è lasciata sfuggire dichiarazioni davvero tristi ma non ha senso preoccuparsi. Non ci sono scuse per ciò che ha scritto e detto e non sono assolutamente d’accordo con lei, forse però si dovrebbe andare più a fondo. E in tutto questo nessuno sta parlando della sua musica. Di certo è un gran peccato, lei è piena di talento, anche se non la sento da così tanto.

A videogiochi come sei messo? Perché la prima volta che ti ho ascoltato, mi è sembrato di trovarmi nella schermata di caricamento di Granturismo.
Davvero? Perché io a dirla tutta non ci gioco proprio, o almeno non più. Da piccolo avevo un SEGA Megadrive, ti starei mentendo se dicessi che la musica dei vecchi computer games non mi abbia influenzato. Però non ho mai giocato a Playstation o Xbox. Molte persone associano ciò che faccio ai videogiochi, non sei di certo il primo. Credo anche di averci giocato a Granturismo un paio di volte, ma si tratta di una coincidenza. Ognuno riconduce un suono, un’immagine o qualsiasi altra cosa a un’esperienza personale, un ricordo.

Sì, infatti a me Airglow Fires ricorda le canne e il circuito del Nurburgring. Ho visto il video di Backtail Was Heavy, di chi è stata l’idea della vita violenta nella periferia inglese?
Ho lasciato carta bianca a Hugo Jenkins per sviluppare un ambiente e una storia dietro alla traccia, credo che ci sia riuscito perfettamente. Prima di fare il video mi stavo guardando un po’ attorno, cercavo proposte interessanti e il provino che mi ha mandato Hugo era totalmente diverso da tutti gli altri che ho ricevuto. Era qualcosa di violentissimo, che si sposa perfettamente con una traccia adrenalinica, violenta come Backtail Was Heavy. Come riferimenti, poi, Hugo aveva fatto i nomi di Mike Leigh e Shane Meadows, due registi inglesi che personalmente adoro. Ha dato alla traccia una luce diversa, ancora più energica di quanto avessi fato io da solo, specie quando scoppia la rissa nel pub sul break. La traccia più violenta che abbia mai composto in assoluto.

Come sei finito alla R&S?
Ho avuto la straordinaria fortuna di essere contattato da loro, era il 2010. Stavo per pubblicare il mio disco sulla mia etichetta quando si sono fatti vivi dicendomi: “Perché non lo dai a noi? Potremmo pubblicartelo” e io ero tipo “Merda! State scherzando?” Non ci potevo credere, davvero.

E Renaat com’è? Il capo dell’etichetta.
Lui è davvero un personaggio, ormai ci conosciamo bene. Riesce a scovare la migliore elettronica che ci sia in giro. Uno dei primi album che ho posseduto in vita mia era proprio un disco di R&S, Classics di Aphex Twin. Perciò puoi capire l’eccitazione di vedere lo stesso logo con il cavallino sul mio disco dopo aver firmato il contratto. Sono tornato bambino.

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