Le strade sono il nostro palco: BigMama, Laila Al Habash e Livio Cori danno voce allo stile | Rolling Stone Italia
Branded content

Le strade sono il nostro palco: BigMama, Laila Al Habash e Livio Cori danno voce allo stile

Zalando, durante la settimana di Sanremo, celebra lo scambio tra streetwear e musica portando per le strade di Milano, Roma e Napoli tre giovani artisti (BigMama, Laila Al Habash, Livio Cori) per interpretare un brano iconico di Caterina Caselli.

Il Festival di Sanremo è il momento più chiacchierato della stagione musicale italiana. Per una settimana le sue performance monopolizzano la conversazione artistica e musicale tra commenti, critiche e meme. Ma per quanto un Sanremo sia bello, brutto, interessante, scadente, affascinante, noioso, la musica non si ferma mai, soprattutto quella al di fuori dell’Ariston. Una marea di artisti e artiste infatti continuano, senza sosta, a produrre musica interessante e ad esibirsi con coraggio e passione sui palchi di tutta la nostra penisola; perché c’è vita oltre Sanremo.

È a partire da questo spunto che Zalando, piattaforma europea online leader per il fashion e il lifestyle, ha deciso di celebrare l’interscambio tra moda streetwear e musica portando tre giovani artisti ad esibirsi tra le strade della loro città d’origine o d’adozione proprio nei giorni della kermesse. BigMama, Laila Al Habash e Livio Cori, i tre talenti scelti, hanno così interpretato a modo proprio “Nessuno mi può giudicare/Se lo dici tu”, il brano iconico di Caterina Caselli presentato per la prima volta, nel 1966, proprio all’interno del Festival, esibendosi sulle strade della loro città perché “le strade sono il nostro palco”, come recita il claim della campagna.

Come palco speciale e unico per presentare il progetto e la campagna “Voce allo Stile”, ognuno dei tre talent ha scelto una città. BigMama ha scelto la sua Milano, perché “mi ha aiutato ad esprimermi, mi ha aiutata a crescere, mi ha fatto trovare una mia dimensione nel mondo della musica e per me vale tutto”. Laila Al Habash, per il suo stile, che lei definisce “un ibrido molto anni ‘70 con una grande influenza RnB, il rap, l’Hip Hop, tutta la cultura underground”, ha scelto le strade di Roma. Livio Cori ha invece catturato Napoli con la sua versione, perché “Napoli in effetti è un po’ una città palco, perché i napoletani sono tutti un po’ attori e un po’ musicisti.”

Abbiamo intervistato i tre artisti per farci raccontare meglio il loro rapporto con la moda e come quest’ultima sia stata capace di influenzare la loro musica. Dando così #VoceAlloStile

1Big Mama

Quale caratteristica deve avere una moda per attirare la tua attenzione?

A me non piace l’ordinario, nella musica e nella moda. Mi piace l’eccentricità, i colori, il trash. Abbinare cose che non stanno bene assieme.

Cosa ti affascina del trash?

Quando certe cose mi fanno dire ‘ma perché?’, ci esco pazza pazza.

Da ragazzina hai attraversato qualche moda di cui ora ti imbarazzi a ripensarci?

Quando ho iniziato a vestirmi da sola, vestivo di nero, con borchie e anelli e stampe coi teschi. Ma non mi vergogno a pensarci; potessi ci tornerei!

La tua città d’origine (Avellino) e la tua città d’adozione (Milano) hanno inciso su come pensi i tuoi look?

Ad Avellino ho scoperto l’odio per me stessa, un odio che negli anni però si è trasformato in amore. A Milano sono cambiata tantissimo, ho iniziato a valorizzarmi. Prima usavo i vestiti per nascondermici dentro, ora per rendere la mia immagine più potente. Per la prima volta non mi sono sentita giudicata nel camminare tra le persone. Se ad Avellino ti guardano per giudicarti, qui se qualcuno ti guarda è perché spicchi nella massa.

BigMama

BigMama

Qual è la tua icona musicale per quanto riguarda l’estetica e la moda?

La mia icona era Salmo. Ero e sono fissata con quello che fa. Le reference però, negli anni, sono diventate milioni, ed essendo ora un’artista la mia sfida è quella di diventare me stessa un’icona.

Cosa significa per te essere scelta per questa campagna?

È importante quando si dà voce agli emergenti a livello artistico. Dal lato moda invece è importante che si inizi a tenere conto di taglie diverse e modi differenti di vestire. Avrebbero potuto benissimo prendere un’artista più facile da vestire. È davvero un bel passo quello di farsi carico di una lotta intrinseca di un personaggio. Se scegli BigMama è normale che stai parlando di body shaming e taglie forti, un termine che odio! Vedere foto di una ragazza grassa che posa per Zalando può aiutare l’industria a darsi una sveglia e fare taglie che vanno oltre la L.

Ti sei quindi esibita a Milano con una cover di ‘Nessuno mi può giudicare’ di Caterina Caselli. Quale rapporto hai con la parola ‘giudicare’?

Un rapporto complicato. Ho passato una vita a guardarmi con gli occhi degli altri, e non coi miei. Del giudizio degli altri ci morivo. Quando pubblico qualcosa non riesco a far passare inosservato le critiche. Ho un trauma che mi porto dentro sin da ragazzina. Il giudizio arriva, e arriva forte, e penso mi peserà per un altro po’. Spero nel futuro di riuscire a liberarmene.

2Layla Al Habash

Quale caratteristica deve avere una moda per attirare la tua attenzione?

Deve parlarmi. Deve agganciarsi alla mia esperienza o alla mia personalità. Mi interessa il messaggio e ciò che scatena attorno come effetto sociale e etico. Nell’estetica apprezzo tutto ciò che rimanda ai colori, al barocco, al ricco, quello che spesso è legato alla moda anni settanta.

Da ragazzina hai attraversato qualche moda a cui ora ti imbarazzi a ripensarci?

La mia passione per il rock e l’hard rock alle medie. Mi mettevo la kefiah, il felpone e avevo uno stile molto maschile che ora non mi appartiene più tanto. Ma più che lo stile in sé, ora provo imbarazzo a pensare a come lo interpretavo; ero una ragazzina.

Roma prima, e ora Milano, sono le tue città. Come hanno plasmato il tuo modo di pensare la moda?

C’è molta differenza tra Roma e Milano e il mio modo di vestire è cambiato di conseguenza, magari anche senza accorgermene. A volte mi capita di tornare a Roma e notare che ora alcuni dei miei vestiti sono un po’ più eccentrici rispetto alle altre persone. A Milano ci sono molti estremi. A Roma invece non c’è una particolare cura. Questa dualità mi ha insegnato ad avere più margine in cui potermi esprimere.

Quanto è importante una costruzione estetica all’interno di un progetto musicale?

La moda, lo stile, è la prima cosa che letteralmente vedi ed è il primo modo di comunicare chi sei. Deve essere coerente con quello che vuoi dire. Per me è stato un esercizio difficile, inizialmente non mi sentivo molto brava in questo. Ho molte influenze e mi sembrava sempre di trovarmi a sceglierne una sola, con il rischio di emularla. Ho capito però che la cosa più complicata è raggruppare tutti quei differenti elementi che ti sembrano tuoi e rielaborarli in una maniera personale che ti rappresenta e che può portare a qualcosa di nuovo rispetto a ciò che c’è in giro

Cosa scegli cosa indossare sul palco?

Cerco di indossare capi che mi fanno sentire a mio agio nel movimento e che mi permettono di rappresentarmi. Scelgo capi che credo e sento che mi valorizzano e che mi fanno sentire a mio agio.

Laila Al Habash

Laila Al Habash

Qual è la tua icona musicale per quanto riguarda l’estetica e la moda?

Kali Uchis, in particolare l’estetica dei suoi primi due dischi con quell’idea del ‘fatto in casa’. Pensando invece ad un personaggio più patinato, direi Asap Rocky.

Cosa significa per te essere stata scelta per questa campagna e come ti sei trovata a fare la cover di “Nessuno mi può giudicare”?

Zalando è un brand che mi piace, uso e con cui mi sono trovata molto bene a collaborare. “Nessuno mi può giudicare” invece è un brano immortale che parla anche dei giovani reazionari degli anni sessanta, di quella voglia di autodeterminarsi, di quella rabbia giovanile che mi piace perché porta in sé dei messaggi.

Quale rapporto hai con la parola ‘giudicare’?

Non è una parola che mi suscita emozioni positive, ma è un’azione che tutti facciamo costantemente, nel bene e nel male. Negli anni ho imparato ad essere più cauta e di mettermi in discussione quando devo giudicare qualcosa. Mi piace contraddirmi, cambiare idea. È utopico pensare di non giudicare gli altri, lo facciamo da sempre. Ma è importante educare il giudizio, mettersi in discussioni e rimanere aperti all’ascolto dell’altro. Il giudizio spesso viene da un istinto, da ciò che siamo abituati a vedere o pensare, dai nostri valori che inevitabilmente cambiamento e sono – con la speranza di tutti – portati ad evolversi.

2Livio Cori

Quale caratteristica deve avere una moda per attirare la tua attenzione?

 Deve essere originale ed onesta. La moda è un modo di comunicare e il mio pensiero è: quanto è coerente quello che indossi con il tuo personaggio?

Cosa significa essere coerente per te?
Cercare di non standardizzarsi. Personalmente cerco di adattarmi con la giornata; nelle ore di sole preferisco stare più tranquillo, indossare streetwear, mentre per la notte – quando esco – preferisco un tocco più classico.

Come le varie anime di Napoli hanno influenzato il tuo stile?

A Napoli da un lato c’è una cultura molto precisa dello streetwear (sneakers, tuta, doppio taglio), dall’altro una cura sartoriale raffinata che ha una storia molto più radicata. Per questo lo stesso ragazzo napoletano che ti esce in tuta lo poi puoi ritrovare la sera con un completo sartoriale. Ecco, mi sono appena descritto!

Qual è la tua icona musicale per quanto riguarda l’estetica e la moda?

La mia icona è Pharrell Williams. Ha lanciato brand iconici come Billionaire Boys Club, ICECREAM, Bee Line che qui ai tempi erano introvabili e inavvicinabili. Lui è stato – e rimane – un punto di riferimento per musica e moda, così come Kanye West. La cultura hip-hop ha dettato legge nella moda di oggi.

E pensare che una volta lo streetwear della cultura hip-hop non era molto apprezzato.

Vero! Ai tempi indosso le sneakers da basket e venivo deriso, ora quello stesso tipo di sneakers sono culto dello streetwear.

Livio Cori

Livio Cori

Cosa significa per te essere stato scelto per questa campagna e come ti sei trovato a fare la cover di “Nessuno mi può giudicare”?

Amo mettermi alla prova. Quando Zalando mi ha proposto di fare la cover di ‘Nessuno mi può giudicare’, un brano distante dal mio mondo, ho deciso di giocarci. Sono legato affettivamente a Caterina Caselli perché ho fatto parte della scuderia Sugar (l’etichetta della Caselli, ndr.) durante la mia esperienza a Sanremo e per il mio disco d’esordio Montecalvario (Core senza paura). Ho una profonda stima umana e professionale; è stato una coincidenza piacevole.

Quale rapporto hai con la parola ‘giudicare’?

Odio essere giudicato e giudicare; per quello non sopporto molto i talent. L’arte e lo stile sono cose soggettive. Il giudizio è una forma di saccenteria.

È la settimana del Festival di Sanremo dove tu hai partecipato con Nino D’Angelo nell’edizione del 2020. Il palco dell’Ariston è, probabilmente, il luogo più giudicato d’Italia in quella settimana. Come hai vissuto tutto quel periodo?

Non ho mai avuto l’idea di andare a Sanremo. È stata un’idea di Nino. Quando finimmo Un’altra luce lui mi disse che dovevamo portarla a Sanremo. Reputava giusto che la gente dovesse essere testimone di un certo tipo di crossover. È lì è stato assurdo; Sanremo è un vortice. Ma me ne sono fottuto di ogni giudizio, io sono andato lì per imparare e vivermi quell’esperienza.

Leggi altro