Last White Christmas, storia del concerto che ha cambiato l’hardcore italiano | Rolling Stone Italia
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Last White Christmas, storia del concerto che ha cambiato l’hardcore italiano

Nel dicembre 1983 un pezzo di punk del nostro Paese si è riunito in una chiesa sconsacrata di Pisa per un concerto che avrebbe cambiato la storia della scena. Abbiamo chiesto a chi c'era di raccontarci com'è andata

Last White Christmas, storia del concerto che ha cambiato l’hardcore italiano

Gli Auschlag sul palco del Last White Christmas

Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea "Pippo" Penco

Pisa, 4 dicembre 1983. Il giorno di Santa Barbara, patrona dei depositi di armi e munizioni. Quel giorno si tiene il Last White Christmas, un concerto/raduno/evento destinato a segnare la storia dell’hardcore punk made in Italy e a rappresentare una sorta di prologo alla nascita di un luogo di culto per la scena come il Victor Charlie di Pisa, un locale dove nello spazio di poco tempo si esibiranno importanti gruppi nostrani e non, dando vita a una sorta di leggenda hardcore intoccabile.

Al Last White Christmas partecipano 12 formazioni italiane, 11 delle quali dell’area del Granducato Hardcore toscano: Brontosauri, Juggernaut, Stato di Polizia, Putrid Fever, Dements, Useless Boys, War Dogs, Auschlag, CCM, I Refuse It! e Traumatic. I “forestieri” ospiti dell’evento sono gli emiliani Raw Power, che a giugno avevano pubblicato il loro esordio, un nastro autoprodotto con 19 pezzi killer. In cartellone sono indicati anche i Fall Out di La Spezia, ma non riescono a presentarsi.

Pochi mesi dopo, l’etichetta statunitense BCT pubblica in due volumi le registrazioni del concerto. Si tratta di due cassette epocali che contribuiscono a diffondere il verbo dell’hardcore italiano nel mondo e in particolare negli USA, che da lì a poco vedranno l’arrivo di band come Raw Power, CCM e Crash Box che si avventurano in tour. Ora, a decenni di distanza, la label italianissima Area Pirata ha recuperato i nastri originali per ristampare una versione restaurata e rimasterizzata su doppio CD (mancano i Raw Power per questioni di diritti, ma si confida in una seconda stampa per ovviare all’inconveniente).

Incuriositi dalla storia di questo concerto simbolico per la scena hardcore punk italiana, abbiamo raccolto la testimonianza di Antonio Cecchi (bassista e poi chitarrista dei CCM), Massimo Bianchini (batterista dei Dements e organizzatore dell’evento commemorativo LWC35, tenuto a Pisa a dicembre del 2018, con mostra i poster, musica live e dibattito) e Alessandro Favilli (bassista degli I Refuse It e poi della seconda formazione dei CCM, nonché co-fondatore di Wide Records). Ecco, dunque, la vera storia del Last White Christmas.

La location: San Zeno, hardcore e punk in chiesa

Il set dei CCM. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Antonio Cecchi: San Zeno allora era – ed è ancora – di proprietà del comune di Pisa. Adesso viene noleggiata per cerimonie tipo matrimoni e cose del genere, ma all’epoca veniva adibita a concerti e attività culturali. Hai visto Il piccolo diavolo? Hai presente la scena del modello Giuditta? È girata lì. Ci ho visto Claudio Lolli, Alan Sorrenti… era un posto del comune che veniva affittato per i concerti.

Massimo Bianchini: Era una chiesa, per la precisione un’abbazia benedettina. Un luogo di culto che conservava e conserva ancora dall’anno 1000 la sua natura a dispetto di qualsiasi atto di sconsacrazione. Fu fatta la domanda al comune, rispettando le regole stabilite, per ottenere la concessione del posto per il concerto. Ci lasciarono fare. All’epoca, nel 1983, c’era un problema unico, ma molto grande: l’antiterrorismo. La preoccupazione fondamentale era quella e sembra che, in tutte quelle situazioni che potevano in qualche modo portare a una manifestazione politica, ci fossero infiltrazioni della Questura, dall’interno, lasciando volutamente libere le manifestazioni e le iniziative per poter più facilmente individuare chi fosse in qualche modo coinvolto.

Alessandro Favilli: Fai conto che ricordo che ci suonò Antonello Venditti, per farti un esempio… quindi non era un fortino, un Fort Apache o un’occupazione, ma uno spazio che veniva concesso dal comune per ospitare eventi di un certo tipo.

Cecchi: Fu tutto perfettamente legale e affittammo l’impianto da un amico che faceva il service. Questo ci consentì di avere un suono buono.

Bianchini: Entro un istante nel reame del non detto o del rimosso. Una cosa importante riguarda Syd (Migx, voce dei CCM, nda), con cui tanti hanno avuto rapporti complicati… perché il modello sociale in cui ci muovevamo non era diverso da qualsiasi altro: ci si scontrava, tutto lì. Io non so chi fece la domanda al comune, però alla base di tutto c’era Syd, come guida ideologica, e la forza lavoro erano tutte donne. Veramente: Betta, che era la storica fidanzata di Syd, e con lei Doda, Bettina, Cristina. Ti racconto un aneddoto: Bettina aveva una cooperativa di pulizie, insieme ad altre ragazze della scena. Andavano a fare le pulizie in diversi luoghi a Pisa e spesso lavoravano di notte: questa era un’ottima copertura per usare i telefoni degli uffici a cui avevano libero accesso e organizzare concerti e tour in Europa. Una puliva e due o tre telefonavano. Ed erano tutte donne.

Il pubblico: skin e punk da tutta Italia

Il pubblico dentro San Zeno. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Bianchini: Non è facile fare una stima precisa dei partecipanti al Last White Christmas, perché il pubblico c’è stato a ondate. Mi viene in mente un mio amico che prese il treno da Pistoia la mattina e poi però la sera, siccome era un bimbetto, tornò a casa alle 7. Dico un numero così, onestamente a braccio: mi sa che 200 persone sono girate.

Favilli: Ricordo che c’era anche mia madre. Le chiesi: “Come è stato il concerto?”. Lei rispose: “Sembrava una partita di rugby”. Di persone ce n’erano, era venuta anche gente da fuori… non so quantificarti un numero verosimile, comunque ce n’era di gente.

Cecchi: Ci saranno state 200 persone, che per l’epoca era un numero incredibile. Era pieno. Direi che c’era anche gente venuta da fuori, cioè non eravamo solamente noi della zona. C’erano tutte le realtà toscane perché il concetto alla base di tutto era dare la possibilità alle band della nostra area di mettersi in luce. Dunque in quel momento chiamammo tutte le principali band toscane in azione.

Bianchini: Il concerto durò parecchio. Dal pomeriggio, le 3 o le 4, fino a mezzanotte circa.

Le band: la costa ovest si scatena

I Wardogs. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Cecchi: Gli Useless Boys erano un po’ fuori contesto come sound. Pisa è una città piccola, loro erano dei ragazzi che facevano un genere totalmente diverso, ma ci frequentavamo e quando ci fu la possibilità si unirono alla manifestazione. Tra l’altro erano destinati a diventare una band illustre, visto che poi si sono trasformati nei Birdmen of Alcatraz (fra i maggiori esponenti della neopsichedelia italiana anni ’80, nda).

Favilli: La scena era abbastanza variegata. C’erano realtà anche molto diverse, come gli Useless Boys, che convivevano insieme. Poi per forza di cose emersero i gruppi che avevano un’attività più intensa. Per quel che posso ricordare, al Last White Christmas vennero veramente tutti o, almeno, tutti quelli che avevano un minimo di attività. Comunque il cartellone era una fotografia fedele della realtà di quel momento.

Cecchi: Una cosa buona della nostra scena era che, anche se siamo abbastanza litigiosi in Toscana, poi alla fine a Pisa non ci sono mai stati grossi attriti tra skin, punk e altri… non c’erano divisioni in quel momento, veramente. Ed era una cosa naturale. Non eravamo pacifisti, però alla fine guardavamo un po’ più al pratico, quindi la musica era importante: se suonavi bene ed eri una persona corretta, le cose andavano lisce. Pisa ora è completamente diversa, abbiamo la Lega, una cosa assurda, però al tempo eravamo tutti diversi, ci conoscevamo ed eravamo solidali tra noi. Quindi non è che se eri metallaro, per esempio, non potevi venire a vedere i concerti: non era affatto così. Non eravamo fricchettoni nel senso di peace and love, ma nemmeno divisi.

Bianchini: I Dements, dove suonavo la batteria, erano un gruppo parallelo dei membri di No Fun e Diatriba (dove militavo). Noi si aveva una particolarità: eravamo l’unico gruppo, nel 1983, che osava fare – magari male, con tanti malintesi – l’hardcore o l’oi con il sassofono. Con noi c’era uno che era già un grande vecchio della new wave, piuttosto che del punk italiano, il Raga: era il cantante dei No Fun, però poi con noi cercava altre strade.

Cecchi: I Raw Power erano gli unici che venivano da fuori (da Poviglio, provincia di Reggio Emilia, nda), ma con loro era nata un’amicizia fortissima fin da subito e quindi era naturale che fossero invitati a suonare.

Bianchini: Quando leggi “la costa ovest si scatena” – che era il sottotitolo del Last White Christmas – in realtà poi geograficamente si arrivava diretti a La Spezia. Dovevano venire a suonare anche i Fall Out, e infatti sono indicati nella locandina del concerto. Ma non ce la fecero perché uno di loro ebbe un incidente. Tra l’altro la cosa si è ripetuta 35 anni dopo: al LWC35, due anni fa, dovevano suonare loro, ma un componente del gruppo è cascato da un tetto, perché fa l’operaio. Non si è fatto niente di grave, ma non poteva venire a suonare. E ancora una volta non sono riusciti a esserci.

Il futuro: la nascita e la morte del Victor Charlie

I Juggernaut. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Bianchini: Last White Christmas alla fine è comunque stato l’espressione di qualcosa che veniva prima: come tutte le cose, non è nato per generazione spontanea. Il Last White Christmas fu una specie di prova generale per dire: ok, che capacità abbiamo di organizzare concerti? E la nascita del Victor Charlie, poco dopo, fu conseguenza della morte della nonna di Bettina. Lei ebbe una prima esperienza di centri sociali nel 1978-79 a Zurigo, dove passò un anno. Poi tornò a Pisa e disse: “Ho visto una cosa ganza a Zurigo, facciamola anche noi”. Non subito, naturalmente, perché non c’erano le condizioni. Quando morì sua nonna, le lasciò dei soldi e lei decise di investirli in un circolo ARCI: era il Victor Charlie, che però ebbe vita breve. Dopo pochi mesi lo chiusero perché i vicini di casa cominciarono a raccogliere firme per eliminare questo pericoloso covo di delinquenti. Non è arrivato a un anno. Ricordo quando andai al Victor Charlie ed entrai: all’ingresso c’era scritto, con la bomboletta spray, il numero di un avvocato del Partito Radicale a cui telefonare se succedeva qualche casino. Perché era un posto nato col piede sbagliato e la strada era difficile. C’era sempre bisogno di un avvocato disponibile a intervenire.

Bettina: Eravamo pronti. Eravamo quasi tutti ragazzini dai 14 ai 23 anni, e non avremmo avuto ancora la forza di occupare. L’unica soluzione ci parve quella di prendere per il culo l’ARCI, dicendo una cosa e facendone un’altra. […] Gli abitanti del quartiere del nuovo spazio andarono nel panico e al primo concerto ci fu addirittura una raccolta di firme per non farci aprire. Era il luglio del 1984, e ufficialmente il circolo durò tre mesi appena. Poi si cominciò l’occupazione (Da Lumi di punk di Marco Philopat, Agenzia X, 2006).

La serata: gli incredibili set di War Dogs e Raw Power

I Raw Power. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Bianchini: Io e Trippa, batterista dei Brontosauri e mio amico d’infanzia, siamo arrivati al Last White Christmas entrambi senza le bacchette. Eravamo un po’… distratti, diciamo, ed emozionati. Allora che si fa? Si pensa che in un clima così, di grande concordia e orizzontalità, chiunque non veda l’ora di dartele. Mi sembra che le chiedemmo a un gruppo che aveva appena suonato e poi anche agli Useless Boys. Insomma alla fine, dopo molto peregrinare, rimediammo – non ricordo come – una bacchetta ciascuno. Solo che una era più lunga e una più corta, quindi abbiamo suonato con la difficoltà di avere due bacchette di lunghezza diversa.

Favilli: Dei concerti di quel giorno ricordo benissimo i War Dogs, che mi colpirono molto. Erano un gruppo particolare, nostri amici. Avevano un chitarrista pazzesco, un matto veramente, me li ricordo bene per questo. Suonava sempre con una pelliccia addosso, era un personaggione.

Cecchi: Quello di cui sono ultracerto, perché è stata una delle cose più belle a cui abbia mai assistito, è che i Raw Power iniziarono con la loro Power. Di loro non ricordo nemmeno il soundcheck (forse non lo fecero), ma ricordo che furono i primi, suonarono nel primo pomeriggio e attaccarono con questo pezzo che noi non avevamo mai sentito … loro sì che erano potenti. Poi avevano due chitarre, erano veramente forti. Fu proprio amore a prima vista, rimanemmo tutti di stucco. Dettero la carica a tutti. Con loro in formazione c’era Giuseppe Codeluppi, che è poi mancato prematuramente, e che in teoria all’epoca avrebbe dovuto poi venire a suonare con noi CCM.

BCT Tapes: il Last White Christmas va in America

I CCM. Foto: Marino Batini, dall’archivio di Andrea “Pippo” Penco

Cecchi: Pochi giorni dopo il Last White Christmas partii per gli Stati Uniti. La mia idea malcelata era quella di andare a suonare là, per cui il mio fu un giro promozionale a tutti gli effetti. E comunque funzionava così: tu portavi qualcosa di italiano, andavi per esempio alla SST (la label di Greg Ginn e dei Black Flag, nda), gli lasciavi il tuo materiale e loro ti davano delle cose in cambio. Loro facevano promozione sul serio: se gli dicevi “sono di una fanzine italiana”, ti rispondevano “allora recensisci questi”. Alla SST mi diedero 7-8 dischi, tutti preziosi tra l’altro. Poi Chris Chacon della BCT (Borderless Countries Tapes alias Bad Compilation Tapes, nda) mi ospitò a casa sua a San Diego.

Bianchini: Chris ha avuto una vita veramente incredibile, ma ha anche questa passione smisurata per l’hardcore punk. Suo nonno è stato rivoluzionario insieme a Pancho Villa, da qualche parte c’è una foto in cui sono entrambi in posa. Il padre di Chris fece approvare in California, negli anni ’70, una legge importantissima per il sostegno linguistico ai ragazzi di lingua spagnola, perché creava una differenza di formazione scolastica enorme e quindi destinava questi giovani a un’inferiorità sociale perenne.

Cecchi: Chris aveva un’etichetta, produceva nastri, e gli feci ascoltare le cassette del Last White Christmas che mi ero portato dietro. Ne rimase entusiasta e decise di pubblicarle come uscite numero 6 e 7 della sua etichetta.