«La versione metal dei Bee Gees»: i Metallica raccontano i segreti di ’S&M2’ | Rolling Stone Italia
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«La versione metal dei Bee Gees»: i Metallica raccontano i segreti di ’S&M2’

Dalla reinterpretazione metal della musica classica sovietica al coro del pubblico in ‘The Memory Remains’, Lars Ulrich e Kirk Hammett commentano la scaletta del nuovo live album con la San Francisco Symphony

«La versione metal dei Bee Gees»: i Metallica raccontano i segreti di ’S&M2’

Foto: Brett Murray

In autunno, vent’anni dopo i primi concerti con la San Francisco Symphony, i Metallica sono tornati a suonare con l’orchestra, un’esperienza documentata nel nuovo album S&M2. Com’è già successo nel ’99, il gruppo ha collaborato con la San Francisco Symphony per dare vita a un sequel ancora più ambizioso: due concerti in un’arena gigantesca, con una scaletta comprendente pezzi che non sono stati eseguiti la prima volta. I pionieri del thrash metal anche approfittato dell’occasione per suonare un brano di musica classica.

«Per scegliere le canzoni abbiamo dovuto fare un’esercizio di equilibrio», dice il batterista Lars Ulrich. «Volevamo provare cose diverse e sapevamo che c’era l’opportunità di esplorare nuove idee. Il direttore Michael Tilson Thomas voleva aggiungere qualche elemento di novità, così che non ripetessimo quanto fatto nel ’99. Nel frattempo abbiamo fatto altri tre album pieni di materiale e volevamo che quei dischi fossero rappresentati. Quindi ci siamo chiesti quali canzoni di St. Anger, Death Magnetic e Hardwired si sarebbero prestate meglio a questo tipo di trattamento. È stato un processo collaborativo». Ecco com’è nata la scaletta nelle parole di Ulrich e Kirk Hammett.

The Ecstasy of Gold (1966)

È dal 1983 che i Metallica aprono i concerti con The Ecstasy of Gold, il brano che Ennio Morricone ha scritto per la colonna sonora del film Il buono, il brutto, il cattivo. All’epoca il loro manager era convinto che avrebbe eccitato il pubblico, ed effettivamente assolve la funzione da quasi 40 anni. «Ormai è un riflesso pavloviano. Quando la sento controllo l’accordatura della chitarra e mi assicuro di essere sufficientemente sciolto per suonare», dice il chitarrista Kirk Hammett. «Quando l’ho sentita fatta dall’orchestra è stato difficile concentrarmi, perché sono istantaneamente entrato in modalità stretching».

«È fantastico quando la senti suonata dall’orchestra e mancano due minuti all’inizio del concerto», dice Ulrich. «Ti dà forza per fare una cosa che è assieme appagante e sfiancante. Mi dice che è il momento di alzarmi e fare quel che so fare, trovare forza nell’energia dell’universo».

The Call of Ktulu (1984)

I Metallica hanno sempre guardato con ammirazione agli Iron Maiden e Ulrich dice che è merito loro se hanno scritto strumentali come The Call of Ktulu. «Ci sono tante cose che hanno fatto i Maiden a cui ci siamo ispirati, avevano strumentali già nei primi dischi: Transylvania, The Idles of March. Quando suonavamo Ktulu avevamo l’impressione che avesse una sensibilità melodica tale da non aver bisogno di voce o testo. Aveva una sua atmosfera».

Hammett cita anche l’influenza di Burton, che ha suonato il basso nei Metallica dagli esordi negli fino alla morte avvenuta nel 1986. È stato lui a presentare alla band canzoni strutturate come la musica classica. «Cliff ascoltava sempre musica classica», spiega il chitarrista. «Era affascinato dal barocco e soprattutto da Bach. Da ragazzi potevamo solo fantasticare su cosa avremmo fatto con un’orchestra». Anni dopo, la band ha scoperto che i movimenti in stile classico di Ktulu erano perfetti per una vera orchestra. Ai tempi dell’originale S&M, nel 1999, il brano ha vinto un Grammy.

For Whom the Bell Tolls (1984)

Metallica & San Francisco Symphony: For Whom the Bell Tolls (Live)

C’è un momento, in tutti i concerti dei Metallica – anche quelli con l’orchestra – in cui Hammett e il bassista Robert Trujillo incrociano gli occhi e fanno una sorta di balletto scambiandosi gli strumenti e girando in cerchio. È For Whom the Bell Tolls. «Mi viene sempre incontro e inizia a provocare», dice Hammett ridendo. «Se fai così sul palco non posso non reagire. È diventato un momento fisso. A volte, quando sono concentrato sullo strumento, alzo gli occhi e vedo che mi viene incontro. È imprevedibile, non so mai cosa farà».

The Memory Remains (1997)

Quando i Metallica hanno registrato The Memory Remains, per l’album del 1997 Reload, hanno chiesto a Marianne Faithfull – che ha una voce profonda e sonora – di cantare la melodia del refrain. Il compositore Michael Kamen ha sviluppato quella stessa melodia per l’originale S&M, ma nel sequel il pezzo ha preso una strada diversa grazie al contesto in cui è stata suonata, un’arena. «L’arrangiamento è sviluppato su voci diverse», spiega Hammett. «Mentre io suono melodie base di due o tre note, mi godo gli abbellimenti. È come un sasso gettato in uno stagno che produce onde concentriche sempre più ampie. Quando ci si mette anche il pubblico mi sembra di stare in una gigantesca orchestra umana, più grande del Mormon Tabernacle Choir.».

«È stato incredibile, soprattutto la seconda sera», dice Ulrich, «quasi 2 0mila membri del nostro fan club, arrivati lì da tutto il mondo, si sono presi quel momento e sono diventati un coro. Non volevan0 smettere di cantare. Stai a vedere che qualcuno sta continuando anche adesso…».

Confusion (2016)

Durante l’assolo di Hammett in questo pezzo di Hardwired… to Self-Destruct, la sezione d’archi dell’orchestra accenna un passaggio che ricorda la marcia dell’impero di Star Wars. Il chitarrista, però, dice che la cosa non l’ha distratto per nulla… perché non li ascoltava per niente. «Quando devo fare un solo mi concentro sulla mia voce», dice. «L’orchestra può anche suonare il contrappunto più intricato del mondo, ma non mi intralcia mai, perché la ascolto in maniera organica e ho il resto della band nei monitor».

The Outlaw Torn (1996)

Quando i Metallica hanno pubblicato Load, hanno sfruttato al massimo la capienza dei compact disc (il disco arriva a 78 minuti e 59 secondi). Gran parte del tempo è occupato dalla traccia di chiusura The Outlaw Torn. La natura aperta del brano ha portato a quelli che Ulrich definisce «momenti unici tra band e orchestra» negli show originali di S&M. Nel sequel hanno esplorato aspetti differenti. «Non è una canzone che suoniamo spesso», dice. «È un pezzo con tanti spazi per respirare, e se la suonassimo venti volte al mese mostrerebbe un nostro lato che di solito non è molto evidente. È una canzone divertente da suonare, ma può spaventare perché è piena di spazi da riempire e per farlo devi entrare in un certo stato mentale».

No Leaf Clover (1999)

Nei primi concerti di S&M, No Leaf Clover era uno dei brani preparati specificamente per l’orchestra. È diventata una hit ed è rimasta in scaletta anche per i concerti “regolari”. «Tolto il 1999, l’introduzione di No Leaf Clover è sempre stata registrata, ascoltarla suonata dal vivo dall’orchestra è stato davvero forte», dice Ulrich. Hammett aggiunge che suonare con l’orchestra ha fatto sì che il pezzo prendesse vita. «Senza gli altri musicisti sarebbe una canzone hard rock», dice, «ma con l’orchestra suona come dovrebbe».

Intervallo

«Nei nostri concerti di solito non c’è l’intervallo», dice Ulrich. «Io vengo dal tennis, quindi so che se indossi vestiti bagnati e prendi freddo finirai per ammalarti. Per questo, ho sempre un cambio pulito per tornare a suonare e restare concentrato».

«È probabile che nell’intervallo sia andato nel backstage, che abbia bevuto un caffè, che mi sia asciugato e cambiato la maglietta, perché faceva davvero caldo», dice Hammett, «per poi ripassare che cosa avremmo suonato nell’ora successiva con la chitarra. Ho mangiato una banana, credo».

Foto: Brett Murray

Iron Foundry (1927)

Per cambiare rispetto agli show originali di S&M, Michael Tilson Thomas (che si fa chiamare MTT) ha chiesto ai Metallica di suonare un pezzo del compositore futurista russo Alexander Mosolov. Si tratta di Iron Foundry, un brano del 1927 che doveva evocare l’industrialismo sovietico. I Metallica l’hanno reso ancora più heavy. «Appena MTT l’ha proposto, tutto trasudava di collaborazione rock», dice Ulrich. «Una settimana prima delle prove è venuto nel nostro quartier generale con il suo team e abbiamo iniziato a lavorarci… All’improvviso ho tirato fuori un beat, o un ritmo, Kirk ha iniziato a suonare una melodia folle e James i suoi riff. Era fatta».

«È incredibile osservare l’orchestra che suona tutte le parti, sembra davvero una macchinario industriale», dice Hammett. «Avrei voluto aggiungere un assolo, ma sono arrivato tardi e non ho fatto in tempo».

The Unforgiven III (2008)

Uno dei momenti più sorprendenti di S&M2 è quando James Hetfield canta il pezzo di Death Magnetic con il solo accompagnamento dell’orchestra. «Ha fatto un gran lavoro, ci ha messo energia e cura», dice Hammett. «L’altra cosa che mi ha stupefatto è il modo in cui hanno orchestrato l’assolo di chitarra. Sentire di qui un lick suonato da un flauto e di là un altro da un violino rappresenta una specie di sovraccarico sensoriale. È tipo cercare di tenere d’occhio con un solo sguardo tutto il movimento che c’è in un alveare: troppe cose, non sai su cosa concentrarti».

«Mi piace ogni qual volta riesco a prendermi una pausa», dice Ulrich, «ma vedere James abbandonarsi completamente alla canzone è stata un’esperienza. Per vederlo, una volta sono sceso fra il pubblico con i fan, una sera con il marito di MTT, Josh, a braccetto. Un gran momento».

All Within My Hands (2003)

Metallica & San Francisco Symphony: All Within My Hands (Live)

«È la versione che usiamo quando suoniamo in acustico», spiega Ulrich. «Ci è sembrato il pezzo giusto per bilanciare la scaletta, perché è divertente così, più della versione tutta rumore di St. Anger. Chissà, forse dietro ogni canzone dei Metallica c’è qualcosa di bello e delicato che vuole venire fuori».

«Abbiamo chiesto al nostro amico Avi Vinocur di aiutarci con le parti vocali, tentando un’armonia a tre dietro a James», dice Hammett. «Per tre o quattro giorni, Avi è venuto a casa mia e con Rob abbiamo suonato le chitarre acustiche e cantato. Sembravamo la versione metal dei Bee Gees».

(Anesthesia) – Pulling Teeth (1983)

Una delle parti più sbalorditive del concerto è quando il primo bassista dell’orchestra, Scott Pinger, rende omaggio a Cliff Burton evocando l’assolo contenuto nel debutto del 1983 dei Metallica Kill ‘Em All, con tanto di wah-wah. Prima dei concerti S&M2 e dopo la morte di Burton, Ulrich aveva suonato il pezzo solo un’altra volta. «È stato un momento commovente, c’era una tale energia nella stanza, faceva venire i brividi. Incredibile».

«Scott l’ha fatta benissimo dal punto di vista tecnico», dice Hammett. «È stato accurato al 98%. È stato bravissimo anche a beccare i suoni usati da Cliff. Ero sbalordito. Mi sono avvicinato alla pedaliera e ho pensato: questi sono effetti che Cliff non avrebbe mai usato. Scott ha arricchito il sound, ci vogliono buone orecchie per farlo. È un musicista classico, eppure si è messo lì, ha attaccato lo strumento a un ampli e ha armeggiato con volumi ed effetti. E l’ha fatto col giusto atteggiamento. Una bella sorpresa».

Wherever I May Roam (1991)

«Ho dovuto suonare l’intro con un sitar Coral», dice Hammett a proposito della parte mediorientaleggiante del pezzo. «Mi tremavano le mani, ho dovuto ripetermi: non fare cazzate. L’ho suonata giusta solo alla seconda volta su 75 tentativi. Ero ancora scosso quando ho ripreso in mano la chitarra per suonare il resto della canzone».

One (1988)

In concerto i Metallica annunciano il loro pezzone contro la guerra con un suono di spari, ma per S&M2 hanno scelto di evidenziare le parti dei percussionisti dell’orchestra. La cosa è piaciuta a Ulrich a tal punto da spingerlo a unirsi a loro. «Mica doveva farlo», dice Hammett, ridendo. «Sullo spartito non c’era. Non so che diavolo gli sia saltato in mente». Lo spiega Ulrich: «Avevo i percussionisti vicini a me e ho la tendenza a diventare impaziente quando devo aspettare. Insomma, non ho resistito e mi sono unito alla festa».

Master of Puppets (1986)

I riff suonati a raffica e il ritmo stoppato di Master of Puppets, uno dei classici thrash dei Metallica, non danno modo di fare molte aggiunte, eppure l’arrangiatore Bruce Coughlin ha trovato la maniera di espandere la strumentazione aggiungendo fiati mariachi. Alla band piace il fatto che la cosa non ha cambiato il modo in cui la suonano. «Mi piace il modo in cui entrano i fiati», dice Hammett. «Non ci sono molte cose di cui possiamo lamentarci, tipo: mmm, perché qui c’è una parte suonata da un triangolo?». Aggiunge Ulrich: «Se ti dicessi che i fiati cambiano il pezzo mentirei. Quando suono, sento per lo più la chitarra ritmica di James, la cassa e il rullante. Certe finezze dell’orchestra non mi arrivano proprio».

Nothing Else Matters (1991)

Metallica & San Francisco Symphony: Nothing Else Matters (Live)

È stato il produttore Bob Rock, durante le session del Black Album, a fare il nome del compositore Michael Kamen per gli arrangiamenti orchestrali di Nothing Else Matters. I Metallica e Kamen hanno eseguito per la prima volta la canzone assieme dal vivo nei concerti S&M del 1999. «L’abbiamo riportata alla forma originaria, com’è stata registrata, simile a No Leaf Clover», dice Hammett. «Lavorare con l’orchestra ha rappresentato una svolta per noi. Abbiamo capito che eravamo in grado di fare anche quello».

Enter Sandman (1991)

Per ringraziare Michael Tilson Thomas per il lavoro svolto su S&M2, i Metallica l’hanno invitato a suonare le tastiere nell’ultimo pezzo, Enter Sandman. «È la ciliegina sulla torta», dice Hammett. «Michael capisce la nostra musica, la sua dinamica. Sa che le tecniche che usiamo per scrivere somigliano a quelle usate nella classica, capisce l’importanza della potenza e dell’alternanza di luci e ombre, è in grado di confrontare la nostra musica con quella di altri periodi storici. Ci capisce nel profondo».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US

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