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La nostalgia di Neil Hannon a.k.a. The Divine Comedy

Dopo anni di assenza, il cantautore irlandese arriva finalmente in Italia con il tour di "Foreverland". L'abbiamo intervistato in attesa della sua unica data italiana, il 10 febbraio al Teatro Grande di Brescia

Il nordirlandese Neil Hannon, l’uomo che da oltre 25 anni fa musica sotto il nome The Divine Comedy, arriva finalmente in Italia con il tour di Foreverland, il suo convincente undicesimo album, pubblicato qualche mese fa. Con il suo consueto humor, ha chiacchierato con noi di teatri, di vecchie anche, di musica italiana, di pop in generale (che non ascolta quasi più) e di serie tv di culto vecchie e nuove.

Parlaci del tour di Foreverland. Si svolge in parte nei teatri, giusto?

Questo tour si svolge sia nelle venue rock, sia nei teatri. Il fatto è che non ho ancora capito se preferisco i concerti in cui si sta in piedi, o quelli in cui si sta seduti. Amo quando la gente può muoversi, saltare, fare quello che gli pare, ma dopo un po’ inizia a dispiacermi per loro… perché devono restare in piedi per tutto quel tempo! Nei loro panni non vorrei altro che una bella poltrona comoda. [Ride]

Non so come faccia la gente ad andare a concerti che durano tre, quatto ore…

Le mie anche non reggerebbero per tutto quel tempo. Sai com’è, non sono più tanto giovane.

C’è qualche musicista o band italiana che ami particolarmente?

Mi piace molto Ennio Morricone e anche Paolo Conte.

Paolo Conte ha da poco pubblicato un album strumentale molto bello.

Mi piace anche quando canta, però! Non ho idea di cosa stia parlando, ma mi piace. [Ride] Vediamo, Nino Rota è italiano?

Sì, è italiano.

Le sue colonne sonore sono splendide. E poi ovviamente Puccini, Verdi, eccetera.

Ultimamente nella scena indie italiana c’è la tendenza a essere apertamente pop, ad abbracciare le melodie senza vergogna. Una cosa che tu mi sembra avere sempre fatto tranquillamente. 

Sono uno strano individuo. Anche se da teenager ero parecchio preso dalla musica indie, sono un figlio del pop, cresciuto in mezzo alla musica degli anni ’70 e ’80, quindi ho sempre sentito dentro di me che avrei scritto una perfetta canzone pop, un giorno! A volte è anche una condanna, per esempio quando voglio evocare qualche emozione molto profonda, ma mi viene fuori un motivetto super-orecchiabile… sfortunatamente ho questo talento per la melodia e a volte non c’è niente da fare: tanto vale assecondarlo. Ovviamente non scrivo canzoni pop solo per il gusto di farlo… scrivo canzoni per toccare qualche corda nelle persone, per comunicare con loro. O almeno ci provo!

Che cosa stai ascoltando in questo periodo? 

Non molto a dire il vero. Ascolto un sacco la radio in macchina, stazioni radio irlandesi. Dipende dal mio stato d’animo. A volte classici indie, a volte musica classica… quello che non ascolto quasi mai è il pop contemporaneo. E la musica dance brutta. Quella la evito sempre.

Disco preferito del 2016?

Fammici pensare…

Frank Ocean, ti interessa?

No! E nemmeno Beyoncé. Un po’, credo, è perché sto diventando vecchio, e la cosa mi fa rosicare [Ride]. Poi perché il pop da classifica mi sembra… serioso e naif al tempo stesso. Delle band americane mi piacciono i Vampire Weekend e gli Arcade Fire. Invece non sono un grande amante del folk acustico… la cosa che si avvicina di più sono gli American Music Club, li adoro. Ma tutto ruota intorno a Mark Eitzel, lui sì che è un grande.

Non hai comprato molti dischi ultimamente, insomma.

Mi sembra che molta della creatività che una volta si riversava nella musica pop, oggi venga utilizzata in altri media, come serie tv, app, videogames… l’attenzione dei ragazzi è rivolta su molte aree diverse. Quando io avevo 12, 13 anni, c’era soltanto la musica pop. Davvero, non c’era nient’altro! [Ride]. La cultura giovanile era interessante, vibrante… adesso non c’è nulla di simile, credo. Ed è in parte anche il motivo per cui l’industria musicale è messa come è messa.

Immagino di sì.

Un po’ deprimente! [Ride]

Finiamo con una nota positiva. Hai scritto canzoni per show televisivi di culto come Father Ted e It Crowd… hai qualcos’altro del genere in programma?

A dire il vero, Graham Linehan [l’autore delle serie tv in questione] e io abbiamo in programma di lavorare ancora insieme, tra non molto… stay tuned per vedere cosa sarà! Non lo so di preciso nemmeno io. Graham è un tipo strano e divertente… e anch’io penso di esserlo, un po’.

Lo credo anch’io.

Ti ringrazio.

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