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La guerra di Mick Mars coi Mötley Crüe

Abbiamo passato due giorni col chitarrista nel bel mezzo della brutta disputa legale che lo divide dagli ex compagni della band. Ci ha raccontato la sua storia drammatica e la sua verità. «Li ho coperti quando volevano solo sballarsi e mandare tutto a puttane, e ora cercano di cancellarmi»

Foto: Quyn Duong per Rolling Stone US

Mick Mars pensa spesso alla morte. Secondo i suoi calcoli, morirà al massimo tra otto anni. Non ci sarà alcun funerale o cerimonia. Il chitarrista dei Mötley Crüe desidera che quel che il suo corpo (devastato da quasi 60 anni da quella malattia ossea deturpante che è la spondilite anchilosante) venga cremato e che le ceneri vengano riposte in un’urna di piombo. «E che la gettino da un aereo al centro del Triangolo delle Bermude, così la gente potrà dire: “Mick Mars si è perso nel Triangolo delle Bermude”».

Sarebbe una conversazione macabra in qualsiasi momento. Oggi lo è di più visto che è anche il 72° compleanno di Mars. Siede su un divano nel salotto della sua villa del Tennessee, vestito di nero dalla testa ai piedi, coi capelli neri e radi che spuntano da una coppola. La pelle è talmente pallida da sembrare traslucida. Più o meno a un metro e mezzo di distanza da lui ci sono 10 casse Marshall enormi e microfoni che sta usando per incidere il suo album di debutto come solista. «Non mi sento nemmeno un giorno in più di 71 anni», scherza mentre lo saluto.

Il suo telefono vibra tutto il tempo portandogli gli auguri di buon compleanno di parenti e amici, ma non dei suoi tre compagni di band. I Mötley Crüe sono al centro di una brutta battaglia legale. A ottobre, Mars ha scelto di non andare più in tour dopo aver partecipato la scorsa estate alla reunion. Secondo il chitarrista, la band ha usato questa sua decisione per allontanarlo dal gruppo di cui è stato co-fondatore, 42 anni fa, negandogli la parte che gli spetterebbe dei futuri proventi dell’attività della band. Ha anche accusato gli ex compagni di avere mimato in playback sul palco. I Mötley hanno ribattuto che era Mars a far finta di suonare visto che, a loro dire, non era in grado di ricordare le canzoni o di suonarle correttamente. La causa ha appena iniziato il suo iter giudiziario e gli animi sono decisamente surriscaldati.

«Li ho coperti quando volevano solo sballarsi e mandare tutto a puttane», si sfoga Mars. «Adesso stanno cercando di cancellarmi, di portarmi via la mia parte dei Mötley Crüe, la proprietà del nome, il marchio. Come sarebbe possibile licenziare il signor Heinz dall’azienda che produce il ketchup Heinz? È roba di sua proprietà. Il lascito di Frank Sinatra o di Jimi Hendrix è per sempre e i loro eredi continueranno a trarne profitto. Loro stanno cercando di portarmi via tutto questo e io non glielo permetterò».

A poche settimane dall’inizio del tour europeo dei Mötley Crüe con John 5 al posto di Mars, il bassista Nikki Sixx (che è rimasto sostanzialmente in silenzio) sfoga mesi di frustrazione repressa: «Eravamo lì, freschi di reunion, ed ecco il nostro chitarrista che non ricorda le canzoni. Lo guardavamo crollare fisicamente e mentalmente, senza più memoria. Abbiamo sempre cercato di supportare Mick e di trattarlo con ogni riguardo. Siamo sempre stati al suo fianco. Ma non potevamo lasciare che si consumasse un disastro sul palco. E ora dice quel che dice solo per cercare di ferirci. Ma perché? Così facendo distrugge la sua stessa eredità».

La mattina del suo compleanno, Mars cerca di fare mente locale sul programma della giornata. Sua moglie Seraina gli ha regalato un sintetizzatore Roland System 8 («Fa un sacco di belle cose» dice lui, entusiasta) e si è alzata alle cinque per cuocere una spalla di maiale nel barbecue in giardino. In frigo c’è un’enorme torta al cioccolato fatta in casa, decorata e ricoperta di gocce bianche. Il loro gatto di razza Maine Coon, che si chiama Ernie Ball, è spaparanzato sul divano e in tv va in onda la pubblicità del programma Ghost Hunters di TruTV. Sparsi per la casa ci sono teschi di plastica di tutte le fogge e dimensioni, compresa una tazza in cucina con dentro dei pacchetti di dolcificanti Equal e Sweet’N Low. Altri due teschi di legno sorreggono il subwoofer dell’impianto home theater.

Può sembrare un posto bizzarro e lugubre, e invece è un ambiente accogliente e familiare tenendo conto del passato di Mars, uno che negli anni ’80 passava le notti guidando la sua Corvette in giro per Los Angeles e ubriacandosi nei bar del Sunset Strip. Di questi tempi esce raramente di casa, preferisce accoccolarsi su una poltrona reclinabile in pelle marrone, con Seraina, per guardare film horror nella loro sala di proiezione. «Tutti i film della saga di Hostel sono belli», dice, «ma preferisco gli horror più vecchi. Alcuni sono talmente brutti da essere belli. Quelli nuovi sono come dischi patinati e iperprodotti».

Mars, Sixx, Neil e Lee: i Mötley Crüe negli anni ’80. Foto: Randy Bachman/Getty Images

È strano sentirlo dire dal chitarrista coautore di Girls, Girls, Girls e Don’t Go Away Mad (Just Go Away), non esattamente produzioni all’insegna del minimalismo, ma Mars non è mai stato il tipico musicista glam metal anni ’80. Ha dieci anni in più rispetto agli altri e a differenza loro amava il rock-blues di Ten Years After e i Bad Company più del glamour di Kiss o New York Dolls. «C’era un sacco di roba buona negli anni ’70», dice oggi. «Avrei voluto avere successo allora, sarei stato più adatto, ma ho perso quel treno».

Sul treno ci è salito a 29 anni. Al verde e disperato, con tre figli piccoli da mantenere, ha incontrato i suoi compari dei Mötley Crüe grazie a un annuncio in cui si descriveva come un “chitarrista rumoroso, maleducato e aggressivo”. Nel giro di pochi mesi i Mötley Crüe sono diventati la band del momento, grazie a show esplosivi, vestiti in pelle attillati e un uso massiccio di lacca, mascara e rossetto. «Mi sono prestato alla faccenda del make-up, ma non mi è mai piaciuta», dice sospirando. «Sembravo una vecchia orrenda».

Mick Mars non ricorda quando si sono manifestati per la prima volta i dolori, forse quando aveva più o meno 14 anni. Erano fitte acute all’altezza dell’osso sacro. Quando, qualche anno dopo, ha cominciato a suonare in una piccola band di Los Angeles, il dolore si è propagato in tutto il corpo. «Ricordo di aver detto a un amico che la schiena mi faceva così male che mi sembrava di avere un buco nello stomaco e che i succhi gastrici mi bruciassero le viscere. A un certo punto mi sono aggrappato alla maniglia di una porta e gli ho detto: “Tirami più forte che puoi”. La mia schiena non si sbloccava e il dolore peggiorava. Tutto il mio corpo ha iniziato a incurvarsi e mi faceva sembrare vecchio».

Quando aveva 27 anni gli è stata diagnostica la spondilite anchilosante. «Ho pensato: “Bene, almeno adesso so come morirò”, ma in realtà non è l’AS che ti uccide. È la causa di qualcos’altro che ti ammazza. E raramente si diffonde nelle mani o nei piedi: questo significava che potevo ancora suonare la chitarra, ed era fondamentale».

Per lui, nato Robert Alan Deal a Terre Haute, Indiana, suonare la chitarra «era la cosa più importante» da quando, a tre anni, aveva visto il cantante country Skeeter Bond esibirsi a una fiera della gioventù in piedi su due tavoli da picnic. «Aveva un vestito arancione lucido pieno di strass e un grande cappello Stetson bianco. Ho pensato: “Ecco cosa voglio fare”».

Quando aveva nove anni, insieme ai suoi famigliari è salito su un Ford Galaxie del 1959 e ha percorso più di 2000 miglia fino alla cittadina operaia di Garden Grove, California. I soldi erano tragicamente pochi e la situazione, per i Mars, sarebbe rimasta tale fino al decollo dei Crüe, negli anni ’80. I suoi genitori però hanno risparmiato quanto bastava per comprargli una chitarra e lui ha preso a esercitarsi senza sosta, pensando a poco altro. La sua vita è cambiata quando la sua ragazza Sharon ha dato alla luce il loro figlio Les Paul. Mars aveva solo 19 anni. Un paio d’anni dopo è arrivata una bimba, Stormy.

Di lavoro, Mars manovrava grossi macchinari in una lavanderia a gettoni e passava le serate a suonare in club minuscoli con la sua band, i Wahtoshi. Dopo un incidente sul lavoro che gli è quasi costato una mano si è licenziato per dedicarsi a tempo pieno alla musica. A quel punto Sharon se n’è andata, portando con sé Les e Stormy. Al verde e sconosciuto, per Mars è iniziato un periodaccio, è entrato in varie formazioni di bassa lega di Los Angeles, dormendo su divani e pavimenti e fuggendo dai poliziotti che lo cercavano per via degli alimenti in arretrato.

Nel 1973 è entrato nella cover band dei White Horse, che ha avuto un discreto successo. «Era molto intonato», ricorda il bassista del gruppo Harry Clay. «Aveva un buon orecchio e senso del tempo. Riusciva a riprodurre le parti nota per nota. Gli facevi sentire Highway Star dei Deep Purple e lui rifaceva i riff di Ritchie Blackmore».

Ma anche potendo contare su un’entrata fissa dai White Horse, Mars non poteva permettersi una casa propria, per cui era costretto a dormire sul pavimento di un appartamento che Clay condivideva con il batterista dei White Horse, Jack Valentine. Proprio su quel pavimento ha concepito il terzo figlio, Erik, compromettendo ancora di più le sue finanze. «Era un ragazzo triste», racconta Valentine. «Lo guardavi negli occhi e ci leggevi un dolore. Aveva avuto una vita difficilissima». Mars è in contatto con Les Paul, ma non con gli altri due figli. La donna che è sua moglie da quasi dieci anni non li ha mai incontrati. Mars crede di avere nove nipoti e almeno un pronipote, ma non è sicuro del numero esatto e non è un argomento di cui gli piace parlare.

«Ha vissuto con me per quattro anni e usava un sacco di nomi falsi per evitare la polizia», continua Valentine. «Ogni volta che ci fermavano per un fanale rotto o qualcosa d’altro e i poliziotti vedevano i suoi documenti, lo sbattevano in prigione. Dovevamo sempre trovare un modo per farlo uscire. Una volta ho dovuto impegnare i miei piatti della batteria per pagargli la cauzione, così che potesse fare un concerto».

È valsa la pena occuparsi di tutti i casini di Mars, che lui ha aiutato i White Horse a crearsi un seguito più grande nella California meridionale. Quando è entrato nel gruppo, i loro principali concorrenti erano i Mammoth, un’altra cover band guidata da un chitarrista sconosciuto di nome Eddie Van Halen. «Mick e Eddie erano chitarristi più fighi di Los Angeles», dice Valentine. «Probabilmente erano i due chitarristi migliori sul pianeta».

Verso la fine degli anni ’70, però, molti rock club in cui si esibivano si sono convertiti alla disco music e i White Horse  hanno licenziato Mars. «Non si poteva più suonare rock», spiega Valentine. «Il nostro produttore ci ha detto: “Se non lasciate perdere queste stronzate rock’n’roll e non vi buttate sulla disco, finirete a suonare nelle bettole per bevitori di birra per il resto della vostra vita, proprio come i Van Halen”».

Ben altro destino attendeva Mars quando ha cominciato a suonare con Sixx e col batterista Tommy Lee. Finalmente era in una band con musicisti dalle ambizioni smisurate, con talenti pari al suo e una gran voglia di fare musica originale. Ripensando a un nome alternativo a White Horse che aveva inventato anni prima, ha chiamato il gruppo Mötley Crüe (le dieresi le ha aggiunte Sixx).

È stato Mars a trovare un finanziatore per le prime registrazioni e ha fatto pressione per liberarsi del cantante originale O’dean Peterson dopo poche settimane, ritenendolo inadatto. «Ricordo la prima volta che ho visto Vince Neil», racconta Mars. «Avrà avuto 19 anni, un ragazzo biondo e magro, vestito di pelle bianca. Fichissimo. Non me ne fregava un cazzo se sapeva cantare o meno. Mi sono detto: guarda le ragazze! Il sesso tira».

Ripensando alla sua storia coi Crüe, Mars dice di non avere mai più vissuto nulla di simile all’euforia di quel primo anno, quando la band è emersa dal circuito dei club e ha inciso dei pezzi destinati a diventare classici come Live Wire e Too Fast for Love. La loro musica attingeva in egual misura dal punk, dal glam e dal metal, creando un sound ibrido e unico. «È stato il momento in cui sono stato più felice», dice. «Stavamo salendo verso salto al posto di rimanere a ristagnare in un club puzzolente. Lo sentivi, lo vedevi. Tutto era nuovo. Tutti dicevano: “Mai sentita una cosa del genere prima d’ora”».

A differenza di molti chitarristi metal dell’epoca, Mars non era un esibizionista e disprezzava gli shredder. «Ma aveva un suono fantastico», dice John Corabi, che è entrato nei Crüe nel 1992, dopo che Neil aveva lasciato, e che è rimasto vicino a Mars. «Gli piacevano quelli con un sound speciale come Leslie West e Jeff Beck. Voleva mollarti un calcio dritto al petto e avere un suono cattivo. Era un vero esperto in fatto di sound. E non era solo più vecchio di dieci anni rispetto agli altri della band, era anche di dieci anni più saggio».

Quando MTV ha in qualche modo adottato i Crüe, la band ha iniziato a suonare davanti a decine di migliaia di persone ogni sera e le cose si sono complicate. I suoi tre compari si sono gettati a capofitto nello stile di vita rock’n’roll più estremo e all’interno del gruppo sono emerse divisioni profonde. All’inizio del 1984 sono stati in tour con Ozzy Osbourne, una accoppiata di scapigliati in cui i Crüe hanno visto il cantante, completamente sbronzo, sniffare una colonna di formiche: «L’ho visto coi miei occhi», dice Mars). Il bassista di Osbourne Bob Daisley racconta che una sera è entrato nel bus dei Crüe e li ha sentiti discutere di un piano per cacciare Mars. «Ho detto loro: “Avete un’alchimia, Mick ne fa parte, non mandate tutto a puttane”».

Mars crede a questo racconto, anche se sostiene che la band non ha mai minacciato di licenziarlo. «Non avevano le palle per farlo, ma un giorno alle prove mi hanno detto: “Qui ci starebbe bene Jake E. Lee, il chitarrista di Ozzy”. Io ho risposto: “Sono io il chitarrista della band, non c’è bisogno di nessun altro”» (secondo Sixx le due storie sono «false al 100%»).

Più o meno in quello stesso periodo, è arrivata l’eroina . «Ho detto agli altri di non farsi mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai», racconta Mars. «Non potevano fare musica se non riuscivano neppure a stare in piedi. Ma era troppo tardi e questa cosa mi ha sconvolto». Lo stesso Mars ammette di aver sviluppato un grave problema di alcolismo negli anni ’80. Il giro delle groupie gli interessava poco. «Ero il vecchio della band», dice. «Le mie groupie camminavano col bastone… ma sai, c’è un momento in cui ci si diverte come matti e un momento in cui arriva il tempo di fermarsi. Devi dire: sai una cosa? Ne ho abbastanza».

Anche all’apice del successo della band, Mars raramente ha navigato in buone acque a livello finanziario. «I soldi sono arrivati, sì, ma mi sono sposato due volte e sono rimasto al verde tre volte. Una è stata prima della formazione della band, la seconda è stata per via della mia prima moglie e la terza grazie alla seconda moglie: mi hanno prosciugato i conti. Ho perso la casa. Ho perso le auto. Ho perso le chitarre. Ho perso tutto».

Probabilmente è per questo che ripensa con rammarico al periodo di Dr. Feelgood, anche se ha prodotto cinque singoli di successo e ha catapultato la band fra le superstar. «Avremmo potuto stare in tour almeno per un anno e mezzo e invece ci siamo fermati dopo nove mesi, accidendi. Posso solo dire che qualcuno della band non stava bene. L’interruzione del tour è stata una gran delusione».

Sixx pare sinceramente sconcertato da questa versione dei fatti. «Nessuno della band stava male», dice. «Eravamo tutti puliti e sobri e siamo stati in tour per molto tempo per promuovere quel disco, fino a quando, probabilmente, non è arrivato il momento di smettere. Queste cose non sono mai state dette né a noi né al management. Perché non ce ne ha mai parlato?».

A detta di Mars, non avrebbe mai affrontato l’argomento per la sua avversione al conflitto e per l’assenza di rapporti con la band fuori dal palco. Dice che Sixx è andato a casa sua l’ultima volta durante il periodo di Dr. Feelgood. «È venuto a trovarmi al massimo due o tre volte», spiega Mars. «Tommy è venuto una volta e Vince solo una volta, anche se viveva dietro l’angolo, a Venice Beach. Andava così».

I Crüe nel 1994: Sixx, Corabi, Mars, Lee. Foto: Dave Benett/Getty Images

«Questo è un pezzo che ho scritto io e che si chiama Killing Breed», dice Mars. «Parla di narcisisti che ti tengono bloccato e ti fanno impazzire».

Siamo nello studio che Mars ha allestito a pochi passi dal salotto. Chitarre di valore inestimabile sono disposte in rastrelliere e custodie lungo le pareti. Ci sono una Gibson Les Paul arancione del 1960 da circa 250 mila dollari e la sua leggendaria Fender Stratocaster bianca, Isabella, che ha suonato sul palco in tanti concerti dei Crüe. Buona parte della vernice si è staccata ed è ricoperta di segni scuri di bruciatura causati dagli effetti pirotecnici sul palco.

La musica del suo album imminente, Another Side of Mars, è più cupa e aggressiva di qualsiasi pezzo nella discografia dei Crüe. Una rapida occhiata ai titoli delle canzoni scritti su una lavagna nel suo studio (Broken on the Inside, Alone, Lonely in Your Grave, Loyal to the Lie, Decay, Fear, Memories, Erased) rivela l’amarezza che provava quando ha scritto i testi, mentre la band si sfasciava.

Mars si rifiuta di dire esplicitamente se la frase «i narcisisti che ti tengono bloccato» sia una stoccata rivolta agli altri Mötley Crüe, ma non riesce a nascondere un sorriso sornione. Tuttavia, è difficile camminare per la sua casa di quasi 12 mila metri quadrati e pensare che non sia orgoglioso dei successi ottenuti col gruppo. Le pareti sono coperte di dischi d’oro, poster vintage di concerti anni ’80 e una copia incorniciata della Billboard 200 del 21 ottobre 1989, dove Dr. Feelgood è al numero uno.

Quel disco ha rappresentato l’apice del successo del gruppo. Un paio di anni dopo è arrivato il grunge, Neil se n’è andato e la band ha fatto un buco nell’acqua andando in tour con Corabi per promuovere un album del 1994 nato in pratica morto. «Siamo passati dagli stadi ai club da 1200 posti in cui dovevamo farci largo fra il pubblico per arrivare al palco», racconta Mars. «Credevo avessimo inciso il nostro disco più bello di sempre. Mi sono sentito tradito? Sì, certo. Se il tour di Dr. Feelgood fosse andato avanti abbastanza a lungo, non mi sarei sentito così».

Nel 1997, a malincuore, si sono riconciliati con Neil per registrare Generation Swine. Mars dice di essere stato escluso dal processo decisionale. Corabi, che è rimasto nel loro giro durante i primi mesi della reunion, gli dà ragione: «Non avevano alcun rispetto per Mick, lo consideravano solo un vecchio bastardo brontolone, lo criticavano per i suoi problemi finanziari e per le ragazze con cui usciva. Erano vent’anni che sopportava quella roba».

Generation Swine spunta nei discorsi una decina di volte durante i due giorni che passo con Mars e quasi sempre in modo naturale. È passato un quarto di secolo, ma la ferita è ancora aperta. «Penso che lì dentro non ci sia una sola nota suonata da me», dice rabbuiandosi. «Fondamentalmente non volevano che la mia chitarra suonasse come una chitarra. Volevano che suonasse come un sintetizzatore. Mi sentivo inutile. Incidevo una parte, loro la cancellavano e arrivava qualcun altro a rifarla».

Quando, un paio d’anni dopo, sono tornati in studio per New Tattoo, con Randy Castillo alla batteria al posto di Lee, a Mars è stata negata la possibilità di contribuire, o così dice lui. «Non ho scritto nessuna di quelle canzoni, visto che non sono stato invitato a farlo. Credo di aver scritto solo un riff, su quell’album». Sixx contesta l’affermazione: «Mick ha suonato la chitarra solista, la chitarra ritmica e tutte le altre chitarre che ci sono nel disco. Ha inventato riff molto belli, ma non è un autore di canzoni. E non dimentichiamo come stava Mick in quel periodo: era il momento in cui si era perso nella dipendenza da oppiacei».

In Saints of Los Angeles del 2008, che è anche l’ultimo album dei Mötley Crüe, entrambe le parti concordano nel dire che buona parte delle chitarre sono di D.J. Ashba, anche se non è accreditato. Sixx dice che non c’è stata scelta: «Mick faticava a suonare le sue parti, quindi lì dentro c’è un mix di D.J. e Mick. Noi però abbiamo sempre fatto in modo che Mick fosse al centro dell’attenzione, a meno che, ovviamente, non fosse palese che non riusciva a suonare le sue parti o a ricordarsele».

Il punto più basso è stato toccato poco dopo l’11 settembre 2001, quando i Mötley Crüe sono entrati in un periodo di pausa prolungata e Mars si è ritirato nella sua casa di Malibu. Beveva tantissimo e i 45 Advil al giorno che prendeva per placare i dolori dovuti alla spondilite anchilosante sono stati sostituiti da pasticche di Oxycontin, Vicodin e infine da dosi quasi letali di Lortab. Come se non bastasse, in casa sua si era formata una muffa dannosa per la salute. Senza avere impegni di tournée o di registrazione, Mars raramente si avventurava all’esterno e sostiene che gli effetti tossici della muffa l’avevano indebolito e resto delirante.

«Vedevo dei rettili alieni giganti ai piedi del mio letto», racconta. «E anche piccoli alieni pelosi. Di notte entravano dei gatti, quelli che mia madre mi diceva che sarebbero venuti a rubarmi il respiro. Per fortuna ho capito che ero in preda ad allucinazioni. Altre persone non ce la fanno e finiscono per gettarsi da una finestra».

Poco prima del tour di reunion del 2005, Mars ha lasciato quella casa e si è sottoposto a un intervento di sostituzione dell’anca. «Si è trasferito da me», racconta Sixx. «L’ho portato da degli specialisti e ho dovuto persino imboccarlo con il cucchiaio perché era davvero messo male».

Una nuova casa senza muffa e un tour redditizio hanno rimesso in pista Mars e lui, per la prima volta dopo anni, è riuscito a divertirsi con i Mötley Crüe. Il tour si chiamava Carnival of Sins, cosa che gli ha offerto l’opportunità di mettersi il make-up che più gli piace. «Ho potuto truccarmi da clown e mi sono divertito. Mi sono sentito davvero libero».

Nel 2007, quando i Crüe sono venuti in Europa per una manciata di festival metal, Mars ha incontrato Seraina Schönenberger, una fotografa-modella-chitarrista di 23 anni con cui aveva chattato su MySpace qualche mese prima. Schönenberger aveva commentato uno dei suoi status e Mars le aveva mandato un messaggio tipo: «Fanculo i weekend, sono solo l’anticamera di un’altra settimana di orrore». Da allora stanno insieme.

Nel 2013, la coppia si è trasferita da Malibu alla periferia di Nashville in cerca di un ambiente più rilassato e di più spazio. Nell’ultimo anno, sotto la supervisione di Schönenberger, hanno fatto costruire una vasca con idromassaggio e un’enorme piscina profonda tre metri e mezzo al loro enorme giardino. La giornata di oggi è frenetica: c’è una squadra di muratori che deve andare a riempire un’autocisterna d’acqua e Schönenberger sembra essere in sei posti contemporaneamente. Corre su e giù per le scale per rispondere alle domande dei muratori, quando salta un fusibile si precipita nello studio di Mars per ripristinare le apparecchiature, tiene continuamente d’occhio la carne sulla griglia e trasporta con disinvoltura una sedia grande il doppio di lei su per una stretta rampa di scale. Chiama affettuosamente Mick “Mars Man” e interrompe qualunque cosa stia facendo non appena sente che lui ha bisogno.

Dopo che i Crüe si sono momentaneamente ritirati dalle scene nel 2015, alla fine di un lungo tour d’addio, Mars ha vissuto un lungo periodo di serenità con Schönenberger. La band ha firmato una specie di accordo di cessazione dei tour, sostenendo che il contratto avrebbe proibito loro di suonare di nuovo dal vivo. Il documento è stato condiviso con la stampa ed è parso poco più di un trucchetto cinico per spingere le vendite dei biglietti. Mars era convinto che fosse vero, così dice oggi, e ricorda un’intervista rilasciata nel 2014 in cui diceva che, se mai fossero andati di nuovo in tour, avrebbe regalato biglietti a tutti. «Ero sicurissimo che avessimo chiuso», dice. «Pensavo che quello fosse un vero contratto».

Come quasi tutti i gruppi che s’imbarcano in un tour d’addio, i Mötley Crüe dicevano cazzate. Sono tornati on the road nel 2022, affermando che il film su di loro su Netflix, The Dirt (2019), aveva creato una nuova ondata di interesse che non potevano ignorare. «Sapevo cosa sarebbe successo dopo che è uscito il film», dice Mars. «Mi sono rassegnato al fatto di dover andare di nuovo in tour, ma ero sostanzialmente al capolinea».

Sette anni lontano da tour bus, aeroporti e alberghi (per non parlare dei compagni di band) erano bastati a convincere Mars a non tornare più on the road. Prima dell’inizio delle prove, ha comunicato alla band che sarebbe stato il suo ultimo tour. «Ho detto: ragazzi, non vuol dire che mi ritiro. Volete fare una residency a Las Vegas o registrare nuova musica? Io ci sono. Volete fare una data unica? Ci sono. Solo che non posso più girare il mondo in tour».

La sua patologia era peggiorata al punto che non riusciva più a muovere la testa di lato e aveva una postura perennemente ingobbita. Ora è più basso di quasi otto centimetri rispetto a quando era al liceo. «La mia spina dorsale è un osso rigido. È come se avessi un blocco di cemento di 40 chili che mi pende dalla fronte, attaccato a una corda, e la tira senza tregua verso il basso».

Mars ha tenuto duro per tutti gli show (aveva accettato di fare solo 12 concerti, sono diventati 36), nonostante fosse quasi sempre dolorante. La colonna vertebrale aveva assunto la forma di un punto interrogativo. Ma vedersi così malridotto in video era ancora più straziante. «Sembravo uno scheletro. Odio vedere quei video, ma mi rifiuto di usare un bastone o la sedia a rotelle. Se non sono in grado di salire sul palco da solo, non ci vado. Non mi piace il mio aspetto e mi sento a disagio a vedermi sul palco in quelle condizioni».

Neil e Mick nell’ultimo tour dei Mötley Crüe. Foto: Kevin Mazur/Getty Images for Live Nation

Il 27 ottobre 2022 è stato diramato un comunicato stampa. «Anche se i cambiamenti non sono facili da accettare, rispettiamo la decisione di Mick di ritirarsi dalla band a causa dei suoi problemi di salute», hanno scritto Neil, Lee e Sixx. «Come Mick desidera, faremo il tour mondiale del 2023». Il fatto che non fosse citata nemmeno una parola di Mars era sospetto  difatti i fan hanno saputo come sono andate le cose il 6 aprile 2023, quando Mars ha intentato causa alla band, sostenendo che l’avevano estromesso illegalmente dal gruppo e tagliato fuori dai futuri profitti di tutte e sette le loro società. Il documento di 29 pagine fa luce su molti dei momenti peggiori della storia dei Crüe e dipinge Sixx, Lee e Neil nel modo più negativo possibile.

«Due membri della band (non Mars) sono stati eroinomani per gran parte della loro carriera, e uno è stato affetto da una continua e grave dipendenza dall’alcol», si legge in un passaggio emblematico. «Un altro componente (non Mars) è stato ripetutamente sottoposto a provvedimenti di libertà vigilata per una serie di incidenti violenti, e alla fine è stato condannato per violenza domestica per aver ripetutamente preso a calci la moglie mentre lei teneva in braccio il loro bambino di sette settimane».

«Se Mick avesse fatto queste affermazioni su un giornale o in una lettera, sarebbe stato passibile di causa», dice Allen Kovac, manager dei Crüe. «Ma, in California, tutto ciò che è contenuto in una memoria legale è immune dalle leggi in materia di diffamazione. Ecco perché non stiamo parlando di un vero caso: è solo una manovra per attirare l’attenzione dei media. Se fosse stato un caso, avrebbe inoltrato richiesta di arbitrato e avrebbe ottenuto comunque tutti i documenti, perché non abbiamo nulla da nascondere».

La parte della memoria di Mars che ha sollevato il polverone più grosso riguarda Sixx e il tour del 2022: «Sixx non ha suonato una sola nota di basso in tutta la tournée degli Stati Uniti. Il 100% delle parti di basso di Sixx non erano altro che basi registrate». Il gruppo ha risposto con le dichiarazioni giurate di sette membri della crew che affermano che Sixx suonava davvero il basso, dal vivo, e che Mars invece spesso dimenticava le canzoni o semplicemente le suonava male. Mars non nega di aver avuto difficoltà sul palco, a volte, e ha una spiegazione inquietante: «Mi sabotavano per avere una scusa per sbarazzarsi di me e sostituirmi con un’altra persona. Il segnale della chitarra, nel mio monitor auricolare, era pessimo e si interrompeva: solo il mio però. Usavano delle basi preregistrate prese dalle prove, delle schifezze di quando stavo reimparando le canzoni. Lo facevano per mettermi in cattiva luce».

«È follia pura», ribatte Sixx. «Perché mai dovremmo fare una cosa del genere ai nostri fan? È davvero straziante che Mick e i suoi rappresentanti stiano mentendo ai fan, quando noi cercavamo di proteggere la sua immagine. Ascolta, noi vogliamo bene a quel cazzo di ragazzo. È spaventoso che ora sia vittima di un’allucinazione così grande. Quando Mick è venuto alle prove, non riusciva a suonare la chitarra come si deve. Non ce la faceva, quindi abbiamo dovuto ricorrere alle basi preregistrate per coprirgli le spalle. Era l’unico del gruppo a usare dei nastri».

Mick Mars nel suo studio. Foto: Quyn Duong per Rolling Stone US

Secondo la band, Mars sarebbe anziano e confuso. Non posso dire di averne avuto prova nel tempo passato assieme. Ha avuto qualche piccolo problema nel ricordare una parola o il titolo di una canzone, ma Mars è stato acuto, divertente e concentrato, raccontandomi con ricchezza di dettagli storie risalenti a vari decenni fa. Si muoveva facendo i gradini della sua casa, che sono molti, senza bisogno di aiuto. È certamente fragile e raramente rimane in piedi per più di qualche minuto, ma sembra avere il totale controllo delle sue facoltà mentali.

Poco importa riguardo la questione più importante, ovvero se i membri della band possano o meno rimuovere unilateralmente Mars dalle loro società e negargli i compensi futuri. I membri del gruppo si appellano a un documento del 2008, firmato da tutte le parti in causa, in cui si afferma che «in nessun caso un azionista dimissionario avrà diritto a ricevere somme di denaro attribuibili alle esibizioni dal vivo (per esempio i tour)».

Mars controbatte dicendo che lui non è un «azionista dimissionario», ma semplicemente un socio che non può prendere impegni legati a delle tournée. «Se Jeff Bezos decidesse di non voler più essere un dipendente di Amazon, avrebbe ancora le sue azioni», dice Ed McPherson, l’avvocato di Mars. «Nessuno gliele può togliere. Non capisco perché queste persone possano pensare che, dato che Mick non va in tour, non sia più proprietario delle sue azioni».

«Mick ha firmato un documento», ribatte Sasha Frid, legale dei Crüe. «Se ti ritiri dai tour, non puoi partecipare ai profitti. Come in ogni società, non puoi metterti comodo a casa e riscuotere uno stipendio se non sei in tournée e non dai il tuo contributo. Non avrebbe senso».

Ora che i Mötley Crüe stanno incidendo nuove canzoni e sono in tour con John 5 alla chitarra, Mars è in cerca di un’etichetta per pubblicare Another Side of Mars. Non ci sono speranze di vederlo in tournée. «Ho chiuso con quella vita. Se qualcuno volesse organizzare un’unica data o un paio di serate, probabilmente lo farei. Ma dei viaggi e degli aerei ne ho abbastanza».

I soldi ormai non sono un problema, visto che il tour del 2022 ha incassato 173,5 milioni di dollari e Mars ha ricevuto la sua parte di un quarto. E proprio mentre mi sta facendo ascoltare alcuni pezzi del suo album solista, gli arriva un’e-mail che lo fa sorridere. «Ho venduto i diritti di edizione!», dice entusiasta. «Hanno appena chiuso l’accordo. Adesso posso davvero rilassarmi e non devo preoccuparmi di nulla, visto che, come ho detto, probabilmente vivrò solamente altri sette o otto anni».

Rabbrividisco e gli rispondo che è impossibile saperlo, ma lui è categorico. «Sono abbastanza vecchio», dice. «Non vivrò fino a 85 o 90 anni, me lo sento. E non mi interessa nemmeno. Il mio cervello non vuole che questo brutto corpo incasinato continui a vivere. Vorrei poter prendere le informazioni dal mio cervello, metterle su un chip e trasferirle in un altro corpo o in un robot. Succede ancora un sacco di roba lì dentro».

Mentre esco dal suo vialetto, arriva un’autocisterna enorme: è lì per riempire per la prima volta la sua piscina nuova. Sua moglie parlava di fare una nuotata di compleanno quella sera. Sorrido e penso all’ultima domanda che ho fatto a Mars: che consiglio darebbe al se stesso del 1981, proprio mentre i Crüe si stavano formando? «Sii un po’ più aggressivo», ha detto. «Evita la neutralità. Fatti sentire. Non mi piace il conflitto, ma se potessi tornare indietro parteciperei di più».

Gli chiedo se si sia mai pentito di essersi unito ai Crüe. È come se tutto il suo corpo si fermasse, gli occhi fissano il vuoto, posso quasi vedere l’intera storia della band scorrere nella sua testa come un film: quattro lunghi decenni fatti di successi, eccessi, overdose, pene detentive, bancarotte e poi le lotte intestine durissime che hanno portato alla battaglia legale in corso. Trascorrono undici lentissimi secondi prima che risponda. «Non esattamente», dice. «Eravamo persone diverse quando siamo venuti fuori dal Sunset Strip. I momenti bui sono stati duri e difficili da affrontare, ma ho avuto modo di vedere il mondo e di suonare con un gruppo che ha riscosso un successo enorme. Quindi non rimpiango nulla… a parte Generation Swine».

Da Rolling Stone US.

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