La grande truffa heavy metal | Rolling Stone Italia
Interviste Musica

La grande truffa heavy metal


Storia del metallaro squattrinato che ha falsificato una band, un'etichetta e un intero tour, e del suo delirio da nuovo salvatore del rock: Threatin.

La grande truffa heavy metal

Threatin

Foto promozionale via Threatin.com



Mancano pochi giorni al Ringraziamento e Jared “Threatin” Eames, un 29enne sgraziato con un ciuffo alla Ariana Grande, scivola in una sedia della sua suite imperiale in un albergo di West Hollywood. Ha l’aspetto pallido e malaticcio di chi cerca di recuperare dopo un volo notturno di 13 ore e la settimana più folle di tutta la sua vita – quella in cui prima ha vissuto i suoi sogni da rockstar, poi è stato smascherato come un truffatore. «Non avrei mai avuto abbastanza attenzioni facendo il musicista nel 2018», dice, «a meno che non avessi fatto qualcosa per conquistarmele». 



A novembre, i manager dei principali rock club del Regno Unito iniziano a raccontarsi la stessa stramba storia. Un musicista pop-metal, Threatin, aveva affittato il club per una tappa del tour che l’avrebbe portato in 10 tra le principali città europee. Ai gestori dei club non era mai capitato che un promoter promettesse un sold out dopo l’altro. Threatin aveva follower attivi, molti like, ondate di commenti adoranti sotto ai video dei suoi live pubblicati su YouTube, dove canta guidando un mare di fan. I siti web della sua etichetta, del suo management e della sua agenzia di PR sembravano confermare la legittimità della sua storia. La sua pagina Facebook era stracolma di fan pronti a cliccare “Parteciperò” agli eventi del tour europeo, organizzato per supportare il suo album Breaking the World.

Ma nonostante tutto l’hype, nessuno si è presentato ai concerti. Nella sala c’erano solo Threatin, i tre musicisti della sua band e sua moglie, Kelsey, che riprendeva tutto sola sotto al palco. A Threatin non sembrava importare granché – ha sempre suonato tutta la scaletta come se il locale fosse davvero sold-out. Quando i confusi proprietari dei locali chiedevano spiegazioni, scuoteva le spalle e dava la colpa alla pessima promozione della serata. «Era chiaro che c’era dietro qualcosa di strano», dice Jonathan “Minty” Minto, bartender durante il concerto di Threatin all’Exchange di Bristol, «ma non avevamo capito quanto strano».

Threatin dal vivo, foto via Facebook

Affascinato, Minto e i suoi amici hanno iniziato a spulciare la pagina Facebook di Threatin, e in poco tempo hanno scoperto che la maggior parte dei suoi fan abitava in Brasile. «Più andavamo a fondo», dice Minto, «più diventava chiaro che ogni singolo “parteciperò” era una fregatura». 

Alla fine, la verità. Era tutto falso: i siti web, l’etichetta, la società di PR, il management, tutto era collegato a un singolo account GoDaddy. Le inquadrature della folla inserite nei video live erano tutte stock footage. Il pubblico promesso non si è mai presentato. Nel giro di poco tempo la stramba storia diventa un rumor e arriva nelle orecchie di tutti. I proprietari dei locali rimanevano perplessi: Chi farebbe tutti questi sforzi per suonare in un locale vuoto?



Cancellato il resto del tour, Threatin è sparito senza dare spiegazioni. La sua strana storia è diventata subito virale, tanto da arrivare sulle prime pagine del New York Times, che l’ha definita “una truffa troppo confusionaria anche per il 2018”. Poi, nonostante le attenzioni, Threatin è rimasto silente, con l’eccezione di un singolo post sui social media. “Che cos’è una fake news?”, ha scritto, “Ho trasformato una sala vuota in un caso mediatico internazionale. Se stai leggendo queste parole, sei parte dell’illusione”. Ha ragione. In un’era in cui ogni artista fatica a farsi notare, questo metallaro del mistero si è conquistato il centro del palco con lo stunt pubblicitario più folle degli ultimi tempi. 

Quando gli chiedo spiegazioni, Eames, che mi ha incontrato per rompere il suo silenzio per la prima volta, spiattella tutto subito: il suo era il tentativo disperato di un bifolco sfigato che aveva fallito con tutti i metodi classici. Allora meglio fingere. «È stata una trovata pubblicitaria», dice, «ma la musica è più che reale».

Eames è cresciuto senza farsi troppe illusioni a Moberly, Missouri, un borgo di colletti blu e poco più di 13mila abitanti. «La prima cosa che vedi quando entri in città è una grande collina, è il cimitero», dice. «Tutte le volte che lascio la città, o che ci torno, quel posto mi fa pensare, “Ecco la metafora perfetta – non voglio morire qui”». Il padre di Eames è un consulente per chi soffre di dipendenza da alcool e droghe, e suo figlio ha sempre desiderato di andarsene. «Ho dedicato la mia intera esistenza a trovare un modo per fuggire», dice. 

Nonostante online si presenti come un personaggio glam-metal, dal vivo Eames sembra una specie di elfo goth, un ragazzo intelligente che parla in fretta e ha l’aria di chi ha sempre un piano. Ha iniziato a suonare la chitarra quando aveva circa 10 anni. «Ricordo che mi dicevo sempre, “Tu prenderai in mano la chitarra ogni giorno, e diventerai bravo a suonarla”», dice. Eames e il fratello Scott, più grande di cinque anni e mezzo, si appassionano al metal grazie alla collezione di dischi del padre, che comprendeva Metallica, Black Sabbath e così via. «A Moberly non c’erano altri ragazzini appassionati di quel tipo di musica», dice Scott, adesso chitarrista e cantante dei gruppi death metal NEVALRA e Thy Antichrist. Una volta arrivati al liceo, con Jered al basso e Scott alla chitarra, i fratelli fondano il gruppo Saetith.

Con il supporto dei genitori (che hanno rifiutato la nostra richiesta di un’intervista), i fratelli si esercitavano ossessivamente, scrivevano riff satanici e brani con titoli come Mass Graves of Decapitated Christians, poi hanno iniziato ad esibirsi circondati da croci rovesciate e pentagrammi rosso sangue. Anche ai tempi del liceo, racconta Scott, Jered era intossicato dalla ricerca d’attenzione. «Una volta scesi dal palco io tornavo lo Scott di sempre, con lui non succedeva lo stesso», ricorda. «Si presentava a eventi familiari come se stesse per suonare un concerto – giacca di pelle, occhiali da sole e quel modo di camminare. È andato talmente oltre che tutti alzavano gli occhi o si giravano altrove».


Non c’è voluto molto prima che gli Eames brothers diventassero gli Oasis di Moberly. Mentre Scott era convinto che Jered fosse in pieno egotrip, Jered pensava che il fratello non si stesse impegnato a fondo. «Non riusciva a starci dietro, ed era il più grande», dice Jered. «Ho sempre saputo di essere il migliore». 

L’unica ragione, spiega, che l’ha convinto a restare nei Saetith, era la felicità dei genitori. «Mia mamma disse che era la band a tenerci tutti insieme», dice. È rimasto con Scott, hanno registrato alcune demo e suonato il primo show da headliner a Porto Rico. Ma Jered voleva suonare rock più melodico, roba tipo David Bowie e i Queen, tutta musica che Scott considerava molle. La faida interna dei Saetith non aveva fine. «Non andavamo d’accordo», dice Jared. «Ma abbiamo cercato di far funzionare tutto».

Quando aveva 17 anni, Jered è andato a convivere con la fidanzata dell’epoca, Kelsey, mantenendosi da solo lavorando in un fast food e seguendo i corsi al Columbia College, dove si è diplomato in psicologia. «Sono sempre stato affascinato dal comportamento umano e dal marketing», dice, «e da come puoi impiantare un’idea nella testa di qualcun altro». 

Poi il suo corpo l’ha tradito. Una mattina, quando aveva 20anni, Jered ha iniziato a tossire sangue. «Non era solo qualche goccia», spiega. «Il lavandino era pieno di sangue. Ho pensato: “Ok, sono morto”». Nonostante le suppliche di Kelsey, che fa l’infermiera, Jered si rifiutava di vedere un dottore. «Non andrò dal fottuto medico», le diceva. «Quella gente è inadeguata. Non sanno quello che fanno».

Pensare alla sua mortalità, insieme alle tensioni familiari, portò Jared a lasciare Moberly una vota per tutte. È andato a Los Angeles, dove da decenni tutte le band trovano la strada del successo. «Ho chiuso, me ne vado», disse alla sua famiglia, che non sapeva nulla della malattia. Nell’estate del 2012, Eames e Kelsey hanno caricato la loro Ford Expedition e sono partiti, cercando qualcosa di reale oltre la collina del cimitero.

«La gente lo dice di continuo: “Con internet è facile ritrovare qualcuno”», mi dice Eames. «In realtà è proprio il contrario». Nonostante fosse determinato a lanciare la sua carriera di musicista a Los Angeles, Eames era ancora in fuga dai suoi fallimenti con i Saetith. Lui e Scott avevano fatto tutti i classici – suonavano continuamente, si auto-promuovevano, cercavano un contatto nelle etichette – ma per cosa? Non sapeva come avrebbe fatto a farcela da solista, ma era determinato a trovare un modo. 

Mentre Kelsey lavorava in un ufficio, Eames si ossessionava con la sua musica, vivendo con pochissimo denaro in una casa comprata a Hesperia, a circa 80 miglia da L.A. Dopo un anno aveva scritto più di 70 canzoni in stile classic rock, tra cui Breaking the World e quello che considerava il suo singolo, Living Is Dying. Ha speso più di 10mila dollari di incisioni, e dice di aver accumulato i soldi dopo un decennio di risparmi. «Non sono un cazzo di ragazzino ricco», dice, «Questi sono tutti soldi buoni».

Parte della somma è stata spesa per pagare il mastering di Greg Calbi, un’ingegnere del suono che ha lavorato con John Lennon, Bruce Springsteen e altri (una delle poche cose vere scritte nella bio dei Threatin). Calbi ha confermato di aver lavorato al progetto, ma dice di non aver mai interagito con Threatin. «Dal punto di vista tecnico non ha niente di sbagliato», dice Calbi. «È piuttosto retrò e stucchevole, suona come un disco uscito davvero nel 1987».

Trovato il suo sound nostalgico, Eames voleva crearsi un personaggio simile agli alter ego di Bowie. Tutti i suoi eroi, Alice Cooper, Ozzy Osbourne e Marilyn Manson, si erano trasformati in quelli che lui chiama i “villains” del rock, e così hanno trovato il successo mainstream. È così che gli venne un’idea di marketing puro: sfruttare il fascino del bene contro il male. «Se sei l’eroe avrai un quarto dell’attenzione del cattivo», dice. «Una storia felice vale per un giorno, una tragedia per una vita intera».

Il suo “personaggio” era semplicemente un’emanazione fuori scala del suo ego, un dio del rock esagerato e determinato a fare tutto per la sua musica. Ha scelto quello che definisce un “nome dal suono deviante”, Threatin – con la i. «Non me ne frega un cazzo di cosa pensa la gente», proclama. «Io farò quello che è necessario per riportare il rock al centro della scena».

Questa sorta di evangelista metal autodidatta è sempre stato affascinato da artisti come Andy Warhol e Andy Kaufman, il suo comico preferito, abili a manipolare i media e il pubblico mescolando la realtà con la finzione. La natura disperata delle sue azioni, però, potrebbe anche essere il risultato della sua malattia. «Se credi di essere a un passo dalla morte, allora pensi “Facciamo succedere questa merda molto in fretta”», dice.

Così ha iniziato a trasformare Threatin in una star: 
ha creato il sito web di una finta etichetta discografica, Superlative Music Recordings, aggiungendo la storia aziendale (“… fondata nel 1964 a seguito dell’apparizione dei Beatles all’Ed Sullivan Show…”) e mettendosi nel bel mezzo di un roster di falsi artisti (“The Great White, February Morning, Box Tops, Jered Threatin”). «Sapevo che tutti avrebbero dato un’occhiata superficiale», dice. 

Ha fatto la stessa cosa con l’ufficio stampa, Magnified Media PR, l’agenzia di booking, StageRight, e la pagina Facebook, presto popolata da falsi follower. «Volevo generare l’effetto virale», dice. «Spesso la gente guarda quei numeri e pensa che dietro ci sia un qualche merito – sono numeri facilmente falsificabili, e questo è un problema di tutta l’industria musicale». Poi, il 25 agosto 2017, Eames pubblica Breaking the World.

Threatin - Breaking the World

Una volta vendute un paio di centinaia di copie, Eames era pronto alla mossa finale: il tour. Passava giorno e notte in casa a provare le mosse da fare sul palco, saltava così tanto, dice, che si è rotto un ginocchio ed è finito sulla sedia a rotelle. Per tutta la primavera del 2018, e utilizzando l’alias Casey Marshall, un booking agent, Eames ha investito 5mila dollari per chiudere 10 date di un tour che da novembre l’avrebbe portato dall’Inghilterra alla Germania.

A questo punto ha iniziato a creare la sua backing band: il primo è stato Joe Prunera, un chitarrista di Las Vegas invitato a fare un’audizione da un messaggio di Lisa Golding di Aligned Artist Management, un altro degli alias di Eames. Prunera, all’inizio, considerava Threatin troppo commerciale per i suoi gusti, ma andò comunque a Los Angeles dove, dice, Eames si dimostrò «un musicista davvero talentuoso e con la testa sulle spalle». Il batterista Dane Davis, sempre di Las Vegas, e il bassista losangelino Gavin Carney furono invitati a completare il gruppo, che inizia a provare con una certa regolarità.


A settembre, la realtà è tornata a farsi sentire quando, dice Eames, il lavandino si è di nuovo riempito di sangue. Sostiene di aver scoperto dai medici di soffrire di una malattia al cuore, e che potrebbe morire per un’emorragia interna. Dice di aver rifiutato di entrare in sala operatoria prima del tour. «Sono stato in ospedale per quattro giorni, poi mi hanno fatto uscire», dice. «Questa è la mia vita».

Due mesi dopo si è presentato all’Underworld Club di Londra con Kelsey e la sua band, pronto a suonare il suo primo concerto. Voleva che la moglie documentasse tutte le sue macchinazioni, e lei era felice di fare la complice nel suo piano. «Se c’è una cosa che ho imparato, è non sottovalutarlo mai», dice. Che il pubblico si presentasse o meno ai concerti non aveva importanza, nel mondo che aveva creato Threatin era già una star. 



La truffa è stata svelata dopo una settimana e solo sei concerti. Eames ammette di non aver previsto quanto la reazione del pubblico sarebbe stata negativa, e personale. Tutto è iniziato con il resto della band, che l’ha mollato dopo aver scoperto la verità. Prunera dice che Eames «non ha mentito solo ai locali e ai media, ha mentito anche a noi». Eames, di fronte all’argomento, perde tutta la sua sfacciataggine. «Sto male per averli fatti star male?», dice. «Sì, vorrei che guardassero a tutto questo da un punto di vista mediatico».

Threatin non deve confrontarsi solo con la sua band, ma anche con la rabbia e l’ironia dell’alveare Internet. Gli utenti non si sono limitati a dileggiare “il personaggio”, hanno distrutto l’unica cosa a cui tiene davvero: la sua musica. Eames ride di fronte alle critiche e ai paragoni con le hair bands degli anni ’80. «Forse sembro troppo bello con i capelli lunghi e la giacca di pelle», dice, «ma non sto in spandex, cazzo, e non sto cantando Girls, Girls, Girls».

Anche la sua serietà esagerata dà parecchio fastidio. «Adesso cerca di raccontarci che è tutto parte del piano, ma è solo un’illusione che si racconta da solo», dice Minto. «Sembra piuttosto allucinato, ed è un narcisista estremo». 

Minto non è il solo a pensarla così. Una sera, a Moberly, il fratello di Jered, Scott, si è ritrovato a leggere una storia su Threatin. «Bene, ho appena ritrovato mio fratello», ha detto alla sua fidanzata. Non avendoci parlato per sei anni, Scott si è indignato di fronte al nuovo personaggio e alla nuova musica di Jered. «Mi sembrava assurdo, mi dicevo: “Ma questo è un tizio completamente diverso”», dice. «Un tempo avrebbe riso ascoltando quella musica. A noi piaceva il black metal!». Detto questo, Scott spera ancora in una riconciliazione, e magari in una reunion dei Saetith.



Jared, però, non ha nessuna intenzione di riunirsi con suo fratello, o con la sua vecchia band – a meno che, dice, non sia per il documentario che spera di fare con il materiale girato da Kelsey. «Se la storia diventasse più interessante con una riconciliazione, allora potrei pensarci sul serio», dice. «Altrimenti non mi interessa». Nel frattempo, molti dei locali in cui ha suonato sono pronti ad accoglierlo di nuovo. Ad Gosling, manager del Rebellion di Manchester, dice che «probabilmente farebbe sold out». 



Alla fine, al netto di tutti i suoi inganni, Threatin potrebbe aver trovato un pubblico simile a quello di Tommy Wiseau, il Disaster Artist. Una band inglese, i Perverts, ha già messo in scena il tributo Jared Threatin: An Unattended Musical. 

Da parte sua, Eames spera di poter tornare presto a suonare dal vivo e di pubblicare il prossimo album. Sì, ha ancora qualche asso nella manica. «Le fake news», dice, «sono facili da fabbricare».

Altre notizie su:  Threatin