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Interviste Musica

La grande famiglia Gqom Oh!

Un DJ romano che si innamora di una scena di elettronica sudafricana, aprendo un'etichetta e dando al genere l'attenzione che si merita. Abbiamo incontrato i ragazzi allo Spring Attitude di Roma

GQOM OH a Spring Attitude 2017. Foto foto Mauro Puccini/Red Bull Music Academy

GQOM OH a Spring Attitude 2017. Foto foto Mauro Puccini/Red Bull Music Academy

Ci sono voluti almeno 10 minuti per imparare a dire “Gqom”. Io credevo di passarla liscia con una pronuncia tipo “Kum” avendo letto da qualche parte che questo nuovo genere originario di Durban (Sudafrica) e portato qualche anno fa all’attenzione mondiale da un ragazzo di Roma, Francesco “Nan Kolè” Cucchi, nella lingua locale significa appunto colpo, battito.

Invece no, perché al “um” finale deve precedere un colpo di lingua sul palato, come mi spiegano Francesco, ora a capo di Gqom Oh!, prima etichetta del genere, e i Mafia Boyz, due giovani artisti di Durban che fanno parte del roster. I Mafia Boyz al completo sarebbero in realtà tre: Sboniso Brandon “Citizen Boy” Luthuli, Clifford “Iago Soul” Celinhlanhla e Linda Samuel “Novelity” Sinikani. Ma l’ultimo alla data romana dello Spring Attitude non è riuscito a esserci.

 «E pensa che a me ci è voluta una notte per imparare la pronuncia giusta» racconta Francesco, seduto con i suoi due amici ai piedi di un capannone dietro al palco Red Bull Music Academy dove hanno messo dischi sabato 27 maggio. «Eravamo lì a Durban e i ragazzi mi ripetevano: “Non puoi essere il boss dell’etichetta senza sapere come si pronuncia “Gqom”!»

È buffo perché in realtà Nan Kolè è quello italiano, mentre i Mafia Boyz sono i sudafricani.
Francesco: Ci piace scambiarci nomi e culture! Comunque “Nan Kolè” non è sudafricano come nome. Proviene da una lingua parlata in Liberia e significa “uomo bianco”. Con la mia ex fidanzata ero stato lì nel 2013. I ragazzi [indica i Mafia Boyz, ndr] comunque mi chiamano “malumz”, che vuol dire “zio”. Alla fine sono più vecchio di loro.

Già, quanti anni avete?
Clifford: 24.

Brandon: Io 18.

Siete giovanissimi! E come siete finiti a girare insieme per l’Europa?
Francesco: La prima volta che sono andato a Durban era nel marzo 2016 ma la prima release dell’etichetta risale a un anno prima. Tipo giugno 2015. Non ero mai stato a Durban quando ho fondato Gqom Oh!, mi limitavo ad ascoltare la musica e immaginare l’ambiente, la scena.

Quindi hai scoperto il Gqom grazie a Internet?
Francesco: Sì, anche se non mi piace il verbo scoprire, perché in realtà era già tutto lì, ben prima che arrivassi io. Comunque sì, mi sono innamorato per caso, trovando per caso dei brani condivisi da alcuni miei contatti Facebook del Sudafrica, con i quali avevo collaborato per la mia etichetta precedente. Da lì ho cominciato a scaricare centinaia di tracce, notte e giorno, aggiungendo anche tutti gli artisti su Facebook e Whatsapp in modo da poterli contattare. All’inizio scrivevo in posta presentandomi. “Ciao, sono Francesco e vengo dall’Italia!” Loro due [Mafia Boyz, ndr] mi hanno risposto subito ma altri artisti come Forgotten Souls pensavano fosse uno scherzo, non riconoscendo il prefisso italiano da cui scrivevo.

Comprensibile!
Francesco: Altri ragazzi invece mi rispondevano: “OK, tu suoni il Gqom in Italia e in Europa, ma sai almeno come si balla?”

Ah, c’è un modo preciso per ballarlo?
Clifford: Sì, ci sarebbe. Ma l’importante è goderselo, non importa poi come lo balli.

Francesco: Io ci ho provato una volta in Austria ma non è andata bene! [risata generale] Se staserà mi sbronzo magari ci riprovo.

Beh, comunque è riduttivo chiamarlo genere o danza, no?
Francesco: Gqom è una cultura vera e propria.

Clifford: Sono d’accordo. Anche le persone più anziane a Durban si identificano nel Gqom, anche se è una cosa nata relativamente da poco. I primi esperimenti sono del 2009. Nessuno conosce il nome del genio che per primo ha usato il termine Gqom. La prima cosa che ho ascoltato io è la musica di DJ Lec, che all’epoca produceva molte tracce. È stato lui a insegnarmi a produrre il Gqom. Dopodiché abbiamo formato un gruppo di nome Dope Boyz.

E come mai poi avete cambiato il nome in Mafia Boyz?
Clifford: Ci siamo accorti che c’erano altri producer Gqom con quel nome, quindi ne abbiamo cercato un altro.

Brandon: Sì, l’abbiamo fatto per evitare dei conflitti.

Francesco: E come mai il nome Mafia Boys? Non ve l’ho mai chiesto.

Brandon: Non lo so. Forse perché siamo una famiglia molto unita!

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Clifford: Io prima mi firmavo Pimp ma poi ho scelto Iago Soul per via di quel dramma. È di Shakespeare l’Otello, no? Mi piaceva molto il personaggio, e poi ho scoperto che era italiano.

Francesco: Ma nemmeno io la sapevo, questa storia!

Clifford: Eh sì. E alla fine, di personaggio italiano, ne ho trovato un altro! [ride]

Pensi che senza Francesco non saresti qui?
Clifford: Senza di lui saremmo ancora tutti inchiodati a Durban. Malumz è stato il primo a credere nella nostra musica e a investirci tempo ed energie.

Francesco: La forza del Gqom era già tutta lì. E non è perché se ora ci suona la BBC il Gqom è figo. Lo era già.

Ha per caso anche un qualche tipo di connotazione politica il Gqom?
Francesco: No, è soltanto per fare festa e divertirsi.

Clifford: Solo entertainment.

Brandon: Gente sudata, luci basse e musica a tutto volume. Vedrai dopo, sarà fantastico!

Francesco: È stato un mio errore farlo passare all’inizio per una musica molto di protesta, apocalittica, quasi da sommossa. Poi sono capitato a Durban ed era tutto l’opposto. Solo gente presa bene. Un genere in continua evoluzione.

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