"La freschezza del marcio", un disco rap pieno di musica ancora più che di ospiti | Rolling Stone Italia
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“La freschezza del marcio”, un disco rap pieno di musica e di ospiti

Anche Bassi Maestro, Fabri Fibra, J Ax, Clementino, Ghemon hanno collaborato al nuovo disco di Mondo Marcio uscito l'11 marzo scorso, una specie di all-star del rap

"La freschezza del marcio" Mondo Marcio

"La freschezza del marcio" Mondo Marcio

A 29 anni, Gian Marco Marcello in arte Mondo Marcio è nella curiosa situazione di outsider del gioco che lui stesso ha iniziato nel decennio scorso. «Ho fatto da ariete per tante cose, per il rap mainstream ma anche per il rap personale, nel senso che i rapper italiani non parlavano dei propri problemi. Col senno di poi è stato qualcosa che ha fatto un piccolo pezzo di storia della musica italiana: un album registrato in cameretta che ha venduto 100mila copie. Ha dato una spinta al genere». Oggi Mondo Marcio prova a dargliene un’altra, con un disco rap pieno di musica ancora più che di ospiti. È La Freschezza del Marcio.

Sembra di capire che per questo disco tu abbia voluto superare il concetto di “basi” che va per la maggiore nell’hip-hop italiano.
Ho riscoperto la musica live. A dodici anni dal mio debutto avevo bisogno di uscire e trovare parametri nuovi, perché se fai un lavoro creativo sei sempre in cerca di nuovi stimoli, di superare quello che c’è in giro. Quindi ho puntato sulla musica, con jam sessions con musicisti americani e italiani. E ho cercato meno la hit da classifica che non vuol dire assolutamente niente, a favore di qualcosa che abbia una bella energia e tiri dentro le persone. Io ho sempre ascoltato Chet Baker, Otis Redding, tutta la Motown, ci sono cresciuto. In questo disco mi sono sentito libero da farli venire fuori completamente. Il disco costruito sui brani di Mina (Nella bocca della tigre, del 2014) ha aiutato molto in questo senso. Io e lei abbiamo continuato a sentirci, la cosa mi fa un piacere incredibile.

Cioè lei ti telefona, “Ehilà, sono Mina”? Cosa ti racconta?
Parliamo soprattutto di musica. È molto alla mano, nonostante il timore reverenziale mio e di chiunque. Devo dire che è insospettabilmente attenta al mondo social.

Se l’arte non muove niente, non hai fatto il tuo lavoro bene


Tu lo sei? Come va con gli hater?
A me in realtà fanno piacere. Se invece di insultare pongono delle questioni vere, che meritano un dialogo, sono la cosa migliore che può capitare. Se l’arte non muove niente, non hai fatto il tuo lavoro bene. Solo se provochi uno stimolo, una risposta, stai ispirando qualcuno. L’arte deve stimolare, arma di difesa e attacco contro realtà di tutti i giorni. Per questo, nei testi ho scelto di rivendicare il bello di essere se stessi, di mostrarsi coi propri difetti, di apparire vulnerabili. Ci sono pezzi che anni fa non avrei messo nell’album perché sono molto personali. Non basati sulla rabbia adolescenziale di quando ho iniziato: oggi parlo delle paure di un uomo, di lati che un rapper di solito non mostra perché farlo non conviene, non è figo.

Hai la sensazione che nell’hip-hop la scena ristagni?
Ci sono diverse eccezioni, ma in generale non c’è lo slancio di qualche tempo fa. Però non ne faccio un problema della scena rap italiana, quanto della scena musicale italiana nel complesso: si insegue quello che funziona in America, si cerca di copiare e riproporre una formula che ha senso di là, ma non è detto che abbia senso di qua. Si suona e si parla con attitudini e testi che non sono realmente riscontrabili nella realtà italiana. Io ho cercato di metterci più realtà, puntare sulla freschezza, cose che hanno davvero a che fare con gli italiani, con la gente che ascolta la mia musica.

All’ultimo Hip Hop Tv B-Day Party, al Forum di Assago, ho visto una cosa che mi ha colpito. Tu hai portato un pezzo nuovo.
Sì, era Oohh!!, in anteprima.

C’è questa brutta tendenza oggi ad aver bisogno del bollino perché qualcosa piaccia

 

I ragazzi erano perplessi, incerti, come se pensassero: cosa dobbiamo fare? Questo non lo abbiamo già visto e non sappiamo se ha funzionato, se ha avuto successo, se ha l’approvazione della comunità e delle pageview. Come fossero incapaci di stabilire se gli piaceva o no. Non era nemmeno una questione di bello o brutto.
Giusta osservazione. C’è questa brutta tendenza oggi ad aver bisogno del bollino perché qualcosa piaccia: se arriva da certi canali è più figo di qualcosa che è nuovo. Nel mio piccolo volevo invertire la tendenza facendo featuring con Midas, Mr. P. Simmonds o Fidia Costantino, far vedere che anche se il nome non è notissimo puoi fare una figata, perché oggi una delle formule collaudate è il duetto tra il rapper e la cantante del talent sul ritornello che va puntualmente al N°1 in classifica. Può funzionare ma non è arte: è una formula. Preferisco una cantante come Fidia che non è ancora conosciuta ma bravissima.

Il pubblico sta diventando un problema? Il ricambio generazionale accelerato, la bulimia di cose nuove per cui ogni anno si stabilisce che chi andava tre anni prima è “finito”… Tu stesso in parte ti ci sei trovato anni fa, subito dopo il boom iniziale.
Io penso che rimanendo attuali e rilevanti, cioè facendo buona musica, se il pezzo è bello, arriva. Se non lo è, puoi fare il featuring con Bono o con la Regina Elisabetta, ma non andrà oltre il sensazionalismo della notizia.

Ok, però nel tuo album oltre a nomi meno conosciuti c’è una specie di all-star del rap. Fabri Fibra, J-Ax, Clementino, Ghemon, Gemitaiz, Bassi Maestro.
Non cercavo la tracklist piena di ospiti, c’è stato un allineamento fortunato dei pianeti. Ho incontrato diversi artisti noti in questi mesi, ma inizialmente l’idea era vedersi e raccontarsela, parlare di musica e dei fatti propri. Poi con qualcuno è saltato fuori un pezzo, con altri nomi noti invece abbiamo provato ma non eravamo soddisfatti quindi sul disco non compaiono. Non c’era ansia da featuring, mi sono tolto da tempo l’ansia da prestazione musicale che c’è in Italia – fatta di troppo arrivismo e poca sostanza.

l’hip-hop è la musica competitiva per antonomasia

 

Però l’hip-hop ha nel pedigree la smania di arrivare, il raggiungimento della cima – sulla quale proclamarsi re, in faccia a tutti gli altri.
Certo, l’hip-hop è la musica competitiva per antonomasia.

Il che significa che chi è al n.1 sta facendo la cosa migliore?
La gente ha il telecomando. Se qualcuno vende, qualcuno lo sta comprando. Io non sono così sprezzante nei confronti di chi ha successo, e penso che tanta musica mainstream sia meglio di tanta musica underground. Poi sai, penso che valga la prova del tempo: magari nell’arco di un’estate possono scoppiare dei fenomeni, ma solo se uno dopo dieci, quindici anni è ancora lì significa che un paio di cose da dire le ha davvero.

Momento hip-hop, ora: io alla cosa del tuo video girato casualmente alla Barona con Marra che sclera perché è il suo territorio non ci credo.
Haha, ma non ho fatto apposta, è stato il regista a scegliere la location. Solo alla fine delle riprese mi è venuto in mente: “Cazzo, proprio qui!”. D’altra parte a Bruzzano e Niguarda avevo già fatto riprese…

con Marracash non ho fatto apposta

 

Guarda, io sono proprio complottista, arrivo a sospettare che tu e Marracash siate d’accordo.
Ma no, dai figurati – oh, un momento (prende il telefono, finge di risponderere) “Ah, ciao Fabio!…”

Bah, potrebbe pure essere, non mi stupisco più di nulla. Va beh, per finire mi parli del libro?
È un romanzo, si intitola La città fantasma, e ha una premessa fantascientifica: si svolge nella città di Nuova Milano che somiglia a Venezia, perché c’è stato lo scioglimento dei ghiacciai e tutto il nord Italia è stato sommerso dalle acque. Mi sono immaginato nei panni di un investigatore privato, e ho cercato di prendere qualcosa dai film di Tarantino e dai noir di Hitchcock come La donna che visse due volte. Uscirà tra qualche mese, quindi ne parlerò più approfonditamente quando sarà il momento – ora se permetti mi dedico al disco e al tour…

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