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La felicità? Si trova con l’amore e un disco. Ovvio.

«La malinconia ce l'ho nel dna», ma Claudia Lagona è contenta di essere riuscita a creare canzoni felici
Da “una vita di merda” a un album sulla felicità. Il nuovo corso di Levante

Da “una vita di merda” a un album sulla felicità. Il nuovo corso di Levante

Due estati fa le ragazze delle “rockoteche” parevano aver finalmente trovato – tra una birretta versata saltellando Kids degli MGMT e una sigaretta consolatrice su Friday I’m in Love dei Cure – la famosa hit generazionale, la loro Loser («I’m a loser baby so why don’t you kill me…»). Tutte in coro, montature spesse degli occhiali rivolte verso il cielo, a cantare «In mano alcolici… e niente più / Che vita di merda»), ritornello di Alfonso, pezzo della ribalta per Claudia Lagona, in arte Levante, novella Lena Dunham – hanno un anno di differenza – da Caltagirone, in provincia della Catania di Carmen Consoli. Dopo due anni, un disco (Manuale distruzione, ndr) e un tour, Levante si affaccia all’estate 2015 con un album nuovo in uscita in questi giorni – Abbi cura di te – e una sorpresa, prima di tutto per se stessa. Levante arriva domani alla chiatta di Beck’s a Milano, mentre oggi è uscito il suo nuovo video Le lacrime non macchiano, che trovate qui sotto.

In meno di un anno sei passata da “una vita di merda” a una sorta di concept album su felicità e pensiero positivo. Che è successo?
In Manuale distruzione c’ero io e basta, si percepiva tantissima solitudine ascoltandolo. In Abbi cura di te sono circondata da amici, da amore. Il disco d’esordio arrivava dopo un lungo percorso, in cui non mi succedeva mai niente: dopo 13 anni di provini e manifestazioni musicali, di viaggi in Inghilterra e di album mai usciti, quello che mi veniva da dire era solo: “Che vita di merda!”. Che poi è stata la mia fortuna. Nei nuovi pezzi c’è la consapevolezza di essere riuscita a trovare la strada verso la felicità.

Ho capito, ti sei innamorata.
Sì.

Possiamo sfatare lo stereotipo rock’n’roll per cui occorre essere tristi per scrivere delle belle canzoni d’amore?
Ma io la malinconia ce l’ho nel dna: anche in una giornata di sole ho sempre quel filtro Instagram cupo, un po’ blu. Sono contenta di essere riuscita comunque a scrivere canzoni super-felici.

Addirittura super-felici?
Super, perché parlare di felicità non è semplice, il rischio banalità è altissimo e credo di esser riuscita a starne alla larga tan- to nei testi quanto negli arrangiamenti. Mi sono messa in gioco, rischiando soprattutto sulla voce. Super, anche perché Abbi cura di te è stato registrato tra amici, dietro casa (lo studio Andromeda di Torino, ndr), nella massima serenità.

Il titolo Abbi cura di te suona un po’ da manuale di self-help per ragazze in crisi, tipo: “Anche tu puoi sorridere, se lo vuoi”.
Nelle canzoni ci sono piccole storie di vita quotidiana. Più che un manuale, il disco l’ho voluto chiamare Ab.c.d.t. (Abbi cura di te), come se fosse un abbecedario della felicità, dove io per ogni situazione descrivo una pillola di felicità. Lo so, non è proprio l’acronimo esatto, sarebbe A.c.d.t. ma non mi piaceva: suona come accìditi (ammàzzati, in dialetto).

Come ti aspetti che reagiscano le varie Lena Dunham italiane che hanno apprezzato il cinismo di Manuale distruzione?
Credo bene. Il mio pubblico non è propriamente quello indie: sta a metà tra il pop esagerato e le cose più ricercate. Non avevo voglia di ripetermi, sarei stata pure ipocrita se lo avessi fatto. Volevo parlare di me. Non riesco a fare un brano sulla politica o sulla società, non ho il fuoco per queste cose. Mi accendo e m’ispiro per altro: sono un sorriso o un litigio che mi danno l’inchiostro per scrivere un pezzo.

Come farai a far convivere queste due anime, quella cinica e quella ottimista, dal vivo?
Come mischiare la merda col cioccolato, vuoi dire?

Non so, mi chiedevo come preparerai la scaletta per i concerti.
Le due anime conviveranno alla grande. Anche se non ho ancora deciso come.

Le ciniche saranno contente di una nuova canzone come Pose plastiche
Sì, è una mosca bianca all’interno di un disco molto positivo.

Quando arrivo a certe feste mi sento fuori luogo, mi stanno tutti sulle palle

È il tuo pezzo rap, anche se non è un pezzo rap.
È il mio dissing contro tutti. Come dico spesso, nei party mi diverto a tratti. Quando arrivo a certe feste mi sento fuori luogo, mi stanno tutti sulle palle.

Che cosa ascoltavi mentre scrivevi questo disco?
L’ondata Lorde mi ha preso in pieno. In casa ho un pazzo mascherato che fa musica elettronica (il suo fidanzato è Sir Bob Rifo di The Bloody Beetroots, ndr) e in qualche modo mi ha influenzata. Ho addirittura pensato di fare un disco tutto elettronico, ma poi ho detto: no, io compongo voce e chitarra. Comunque Bob ci ha messo lo stesso lo zampino: ha sentito un mio pezzo – Lasciami andare – e se n’è innamorato. Mi ha detto che voleva farne una versione sua, anche se poi non l’avrei usata, e si è chiuso a smanettare nella sua stanzetta per arrangiarla. Ne è uscita una cosa distante dal mio mondo, ma bellissima, e l’ho tenuta.

Parlaci della canzone che hai scritto con tua madre, Finché morte non ci separi.
È un pezzo di cui sono davvero orgogliosa.

Tua madre ha una gran voce.
È una di quelle donne che cantano sotto la doccia. In casa mia c’è da sempre del talento musicale, ma non pensavo che mia madre potesse affrontare una registrazione in studio, con le cuffie, senza andare nel pallone a sentire la propria voce nelle orecchie. Quando è arrivata davanti al microfono è scoppiata in lacrime: era inevitabile, è un pezzo che parla di lei, della ragazza poco più che bambina che fa la classica fuitina d’amore col futuro marito. Poi il resto è andato alla grande, le stavo di fianco e sentivo che, oltre al coraggio, era intonata in una maniera stupefacente. Ricorda un po’ Patty Pravo, con questa voce antica, quel groove lento che sembra arrivi in ritardo, e invece è a tempo. Quando canta lei, si ferma qualcosa, succede un che di magico.

Da brava guagliona italiana, fai un pezzo con tua madre e non con il tuo fidanzato che è un musicista…
Però ha prodotto un pezzo…

Di te avevano detto che saresti stata la nuova Carmen Consoli.
L’ho ascoltata molto, poi l’ho abbandonata a 17 anni perché ho deciso che la nostra storia doveva finire lì. Ma non credo che si senta Carmen nella mia scrittura, almeno non in quella di Abbi cura di te.

C’è qualche musicista italiano con cui ti piacerebbe collaborare?
Cesare Cremonini su tutti.

Ci avrei giurato. Ascoltando il disco e prendendo appunti mi ero segnato un poco elegante “Cremonini al femminile”.
Lui è la traduzione maschile di quello che faccio. Spero proprio che mi vada come è andata a lui.

Cremonini ha fatto un percorso musicale in anni in cui la tv non era così importante.
Già, sono molto pessimista. Per avere successo ora devi andare in televisione, e a me non piace. Devo sentire che qualcosa mi torna indietro e lì non succede.

La felice Levante ora è pessimista?
Una radio ha detto che sono borderline.

In che senso?
Che sono pop, ma non rientro nei canoni. Credo che ciò che non viene compreso sia l’ironia. Quando è uscito Alfonso mi sentivo dire: “Hey, la vita di merda ce l’avrai tu!”.

Questo articolo è stato pubblicato su Rolling Stone di Maggio.
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