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La disco renaissance di Jessie Ware

La popstar inglese racconta ‘That! Feels Good!’, una gran festa liberatoria in cui mischia sulla pista da ballo tutte le sue identità. Come canta lei, “sono una donna, un’amante, una freak e una mamma”

La disco renaissance di Jessie Ware

Jessie Ware

Foto press

È un pomeriggio nuvoloso a New York e Jessie Ware sta per chiudere la trasferta frenetica che l’ha portata in città per 48 ore. Pranza in una stanza d’albergo con enormi finestre che s’affacciano sul Lower East Side e intanto scorre la lista chilometrica delle cose che deve fare prima dell’uscita di That! Feels Good!: video su TikTok, interviste e, in generale, «promuovere a manetta il disco».

Andrà coi figli a Cipro per una vacanza che in questo momento risulta «scomoda», ma necessaria. «È tutto un gioco di incastri», dice. Per un istante riflette fra sé e sé chiedendosi se dovrebbe lavorare di più, per poi darsi una risposta accompagnata da una risata: «Comunque sia, l’album è finito. Ora tocca agli altri promuoverlo».

Ware non ha nulla da temere: non sarà certo un viaggio a Cipro a ostacolare la sua ascesa. Gli ultimi tre anni sono stati i più impegnativi e movimentati della sua carriera. Col quarto album in studio What’s Your Pleasure? del 2020 si è inserita nel filone neo-disco music, con gran successo di critica e pubblico. È stato il suo disco più venduto nel Regno Unito e ha fruttato un fortunatissimo tour da headliner, oltre a un ambìto slot d’apertura per Harry Styles durante la sua residency a Chicago lo scorso autunno. Intanto, Ware diventava anche una star dei podcast, co-conducendo lo show Table Manners con la madre.

«Sono in una fase molto positiva della mia carriera e della mia vita», dice tra un boccone e l’altro di un’insalata. «Non è stressante e sono tutte cose belle, però è impegnativo. Ci si sente sempre in equilibrio precario, ci sono tante cose diverse in ballo. Ma è motivante. Faccio musica migliore di prima. A quanto pare, la follia funziona bene, per me».

Nel 2020 la gente desiderava ballare, ma non poteva farlo causa pandemia e What’s Your Pleasure? ha segnato una sorta di revival della disco guidato da Ware con Dua Lipa e Kylie Minogue. Altri artisti hanno imboccato la stessa strada, tra cui la Beyoncé di Renaissance. Per Ware, la scelta d’addentrarsi in quel territorio è stata «puramente egoistica», un modo per uscire dalla routine e per non restare chiusa in sé stessa.

«Credo che la gente avesse bisogno di una via di fuga», dice. Ha avuto un ruolo anche una certa nostalgia per il primo periodo della sua carriera e per il lavoro fatto con SBTRKT e Sampha, un sound elettronico dal quale temeva di essersi distaccata troppo presto per fare musica soul più orientata all’R&B.

Il fatto di poter suonare, finalmente, le canzoni euforiche di What’s Your Pleasure? ha finito per ispirare, almeno in parte, il quinto album di Ware, che prosegue nel filone di quel sound in stile Studio 54 che le viene naturale. È stata colpita in particolare dall’energia che ha sentito negli Stati Uniti quando è riuscita a tornarci in tour nel 2022. I locali erano pieni di gente che non aspettava altro se non di ballare queste canzoni dal vivo e Ware ha avuto la sensazione che lo spettacolo fosse una macchina ben oliata. «Sono arrivata negli States a disco finito e quindi ho cominciato a capire che cosa funzionava meglio dal vivo».

La lavorazione di That! Feels Good! è iniziata ancor prima che Ware avesse idea di quando avrebbe potuto andare nuovamente in tour. Ha cominciato a scriverlo durante il primo inverno della pandemia, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, mentre era in attesa del terzo figlio. «Volevo fare un disco più vitale ed energico, che strizzasse l’occhio ai Talking Heads, agli ESG e ai B-52’s, ma non volevo voltare le spalle del tutto a What’s Your Pleasure?. Ero entusiasta dell’accoglienza che aveva avuto, ma non volevo farne una copia».

Ha lavorato di nuovo con James Ford dei Simian Mobile Disco e dei Last Shadow Puppets, con cui aveva collaborato per la prima volta per l’album del 2014 Tough Love. È stato fondamentale in Pleasure, come produttore e co-autore di 11 dei 12 brani, ed è anche co-autore della maggior parte dei pezzi di That! Feels Good!. «James ha capito tutto. È un mago della sperimentazione e dell’elettronica. Sono cose che fa da sempre».

Per la prima volta, poi, ha lavorato con Stuart Price, il produttore di Confessions on a Dancefloor di Madonna e di diversi brani di Future Nostalgia di Dua Lipa. Insieme, si sono tuffati nel glamour camp di questa nuova era. Il risultato è un lavoro dirompente e liberatorio, che ricorda le prime fasi di una festa da ballo, quando l’atmosfera inizia a scaldarsi. È in equilibro tra frivolezza e serietà, con pezzi come Begin Again, una canzone splendida sul cambiamento, che hanno lo stesso spazio di canzoni arrapate e spregiudicate come Freak Me Now.

«Non voglio che sembri stupido, voglio che ci sia coerenza», spiega l’artista, che cerca di evitare di scadere nella caricatura, nel costruire il suo mondo fatto di dance music. «Prendo la mia musica molto sul serio, dietro c’è un progetto preciso, non è pensata per farsi una risata».

Uno dei momenti più entusiasmanti del disco è la ballata lenta e romantica Hello Love, dal cantato potente: un altro grande pezzo tutto da ballare che va ad aggiungersi a un repertorio ricco di episodi del genere. «È la più bella del disco», dice Ware. È nata verso la fine delle session di scrittura ed è ispirata ad artisti come la Gap Band, Smokey Robinson, Donny Hathaway. «Mi piaceva l’idea di personificare l’amore, descrivendolo come qualcosa di cui ci si è dimenticati e di cui non si pensava di aver bisogno, ma poi ci si sveglia e si è contentissimi che ci sia. È la mia wedding song».

La necessità di scrivere sempre una canzone nuziale da piazzare in mezzo ai pezzi dance è una specie di fil rouge che lega le varie ere di Ware. Sente di avere dato il via a una carriera nuova di zecca e sta cercando di armonizzarla con il suo passato, continuando però a pensare al futuro. Ha già delle idee per il prossimo disco. Ora, più che mai, ha la possibilità di dimostrare quel che ha sempre saputo: le tante sfaccettature della carriera e dell’identità di Ware possono coesistere contemporaneamente. Come canta in Pearls, “sono una donna, un’amante, una freak e una mamma”.

«Sono felice di essere tutte queste cose insieme», dice. «Nel disco ci sono io che gioco e mi godo tutti questi mondi diversi».

Da Rolling Stone US.

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