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La 333Mob è ‘Ostil3’ all’omologazione pop, parola di Low Kidd

Il primo album del collettivo (di cui fa parte Lazza) vuole rivendicare il valore rivoluzionario del rap: «Ha contaminato tutto, le basi trap oggi le senti anche a Sanremo». L'intervista al produttore

Foto: Jacopo Rossini

La 333 Mob non è solo un collettivo artistico, è un’etichetta discografica indipendente, un gruppo di amici, che in poco più di dieci anni hanno avuto un grande successo singolarmente, Lazza su tutti. I soldi e la fama – perché di quello parliamo e di quello parla la trap – non hanno minato le fondamenta della crew che torna oggi con un album prodotto interamente da uno dei suoi soci fondatori, Low Kidd, e rappato dai sodali Salmo, Lazza e Nitro, oltre che da chi con la Mob ha una comunanza di attitudine, come Guè, Geolier, Emis Killa, Izi e Nerissima Serpe (più una sorpresa boomer, Fausto Leali!).

Il disco si intitola Ostil3 e la cartella stampa ci dice che “non è solo un titolo ma una dichiarazione d’intenti, un manifesto di opposizione alla società contemporanea, all’industria musicale che ha dato tanto ma tolto altrettanto, alle dinamiche di potere e al clima culturale attuale”. Caspita, per prima cosa quindi chiedo conto a Low Kidd, nome d’arte di Lorenzo Spinosa, di questa frase. E lui la smentisce. Già mi sta simpatico.

«La mia ostilità è strettamente legata al mondo musicale, non c’entra la società. Ora va molto di moda nella scena trap odiare le forze dell’ordine, attaccare il sistema, ma non è il mio messaggio. Per quando riguarda la musica, c’è in atto un’omologazione al pop che sembra quasi manovrata dall’alto, anche se non vorrei passare per complottista: da un paio d’anni si parla solo di Sanremo, gli emergenti sono fissati con l’indie, sento molti richiami al college punk anni ’90. È strano».

Come viene esplicitata nel tuo disco questa ostilità?
Non voglio passare per quello che ti dà risposte brevi, ma l’ostilità si esplicita nel fare quello che ho sempre fatto. Non è cambiato nulla, assolutamente. L’unica differenza in questo progetto è che c’è una persona del calibro di Fausto (Leali che canta Amo tutto, un banger house con Nitro, nda), icona ormai da cinquant’anni. Metterei la firma per arrivare a 80 anni come lui, ne dimostra la metà.


Come è stato lavorare con lui?


Il brano che abbiamo messo nel disco è una versione di un suo pezzo puramente pop, con una base molto più morbida, suoni meno invadenti, e più spazio per la voce, una struttura totalmente diversa. Il mio è un remix che spero abbia addirittura più successo dell’originale.

Avevi già confidenza con produzioni house?
Arrivo da lì, dalla house e dalla techno, ho iniziato a 13 anni a fare il dj al Casablanca, uno storico locale nella zona di Corso Como ora chiuso. Si andava di pomeriggio, e in quel periodo c’era la moda di rubare i giubbotti. Noi eravamo tra quelli che li rubavano, a ripensare adesso mi fa ridere, è stupido ma non me vergogno.

Il passato torna spesso anche in Ostil3, a cominciare dal singolo Amici come prima con Lazza il cui video è ambientato al Muretto di Milano, storico spot delle prime battle di freestyle…
Ho un grande rispetto per la cultura hip hop (mentre lo dice mostra i graffiti che tappezzano il suo studio, nda), forse l’unica disciplina che manca alla 333 Mob è la breakdance. Però non sono mai stato un appassionato di freestyle, anche se mi interessava quello che facevano artisti come Lazza, Nerone, Emis Killa e Nitro: ho vissuto 15 anni in tour dove ogni momento in cui non stavo suonando c’era qualcuno che mi stava rappando qualche strofa addosso, e credo di preferire la vita da studio.

A un certo punto nel disco c’è una voce che dice “esci di casa che la trap ti aspetta”…
È del mio socio Matteo, che ringrazio perché senza di lui questo disco non sarebbe uscito così. Charlie Charles, Sick Luke e io facciamo parte di una generazione che ha dato tanto alla trap, mettendoci le palle, affrontando una strumentale per come doveva essere affrontata. Mi spiego meglio: la maggior parte degli artisti aveva paura di approcciare una base col basso di una 808, degli hi-hat, suoni digitali, ritmici, o synth. Noi l’abbiamo fatto.

Cosa è cambiato tra la trap che “ti aspetta” oggi e quella del 2016?
Il cambiamento è nato con la drill e si è riflesso anche a livello sociale perché molti ragazzini – e lì ho avuto dei momenti di riflessione molto profondi – prendono troppo esempio dalla musica portandoli a prendere strade sbagliate. Questo non vuol dire che la musica sia colpevole…

E il tuo modo di fare trap è cambiato?


È diventato più semplice perché quello che mi ha fatto conoscere all’inizio è arrivato agli altri dopo 7-8 anni. Quando facevo i glide, gli swipe di basso nelle prime produzioni mischiando boom bap e trap, non lo faceva nessun altro, ora è di moda con la drill e i giovani producer hanno iniziato a trovare tecniche simili alle mie. Ma ho una mia legge che è non fare quello che fanno gli altri, cercando sempre la semplicità.

Per questo progetto hai coinvolto anche dei giovani produttori, Nice Kidd e mirko333…
Sono i giovani produttori che si sono aggiunti alla Mobb e mi fa sorridere che uno sia il nostro avvocato, che prima faceva il produttore, e grazie a lui è nato il pezzo con Fausto Leali.

Per le voci invece hai scelto i colleghi e amici di sempre.
Riesco a fare musica solamente con amici, altrimenti i brani non escono. Fin quando farò musica, troveremo Salmo, Nitro e Lazza nei miei dischi.

E poi ci sei tu, che compari come rapper in due pezzi dell’album, Tre con Salmo e Nitro e Blister, da solo, uno dei brani più potenti del progetto.
In Tre ci sono solo perché Salmo, una delle persone a cui voglio più bene al mondo, mi ha quasi obbligato amorevolmente a farlo, dicendomi che se non avessi fatto la strofa lui non avrebbe dato la sua. Mi sprona sempre a scrivere e registrare. Sono contento ti sia piaciuto Blister perché, da produttore, quando mi metto a rappare di solito scrivo solo brani leggeri, spesso volgari, con un certo tipo di energia che spesso non viene capita.

Oggi esce anche il disco di un tuo collega, Ernia, che proprio a Rolling ha detto di aver fatto un disco da trentenne, e quindi ci sta che un quindicenne lo mandi affanculo, nel senso che non gli piaccia o non lo capisca.
Non ho mai avuto di questi problemi, sono sincero. Forse perché non ascolto rap italiano, è un’altra regola del mio codice, non voglio essere condizionato da quello che è la creatività italiana.

All’inizio parlavi di questa ostilità al pop, a Sanremo. Però uno della Mob, uno dei tuoi più cari amici e collaboratori, Lazza, deve proprio a Sanremo molta della sua popolarità. Credi che si sia una contraddizione?
No, viviamo in un’epoca di transizione e Sanremo serve solo per ampliare il pubblico. Poi Lazza arriva dal Conservatorio, ha una cultura musicale che nessuno ha in questo ambiente, se lo può permettere.

Lazza, durante la presentazione del disco, ha detto: «Questa roba l’hai inventata tu…». Si riferiva a te, naturalmente. 

Lo lascio dire agli altri. Il problema principale di questo ambiente è che c’è troppo ego, soprattutto tra i cantanti, ma ora vale anche per i produttori. C’è gente che si ingelosisce per un outfit uguale, per un taglio di capelli, cose veramente fuori dal mondo.

Ti saluto con una domanda che mi piace fare a tutti i producer: dove pensi stia andando la trap e più in generale la musica italiana? 

C’è un ritorno al passato, una nostalgia diffusa che prima non c’era, ma il rap ormai ha contaminato tutto: prima una base trap spaventava i cantanti, oggi senti gli hi-hat in sedicesimi con le rullatine a Sanremo.

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