Kareem Ali ha trasformato la deep house in un atto politico | Rolling Stone Italia
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Kareem Ali ha trasformato la deep house in un atto politico


Prima di scoprire l’elettronica di Detroit e Chicago, Ali studiava la tromba e sognava il jazz. Ora scrive house affilata e radicale, perfetta per l'epoca di Black Lives Matter, e pubblica a ritmo incessante: 7 album in 18 mesi

Kareem Ali ha trasformato la deep house in un atto politico

Foto courtesy of Kareem Ali

Kareem Ali sforna nuova musica a un ritmo incessante: ha pubblicato sette album in 18 mesi, un mix tra deep house e ritmi più potenti e affilati, con atmosfere fantascientifiche e testi molto politici. Anche se è oramai comune fra gli artisti liberarsi delle canzoni come si fa con le vecchie lenzuola durante le pulizie di primavera, gli eccessi di Ali sembrano ragionati e a fuoco. Ascoltare i suoi album dall’inizio alla fine è rilassante e coinvolgente.

«Una volta il produttore Knxwledge ha raccontato in un’intervista che la gente gli chiedeva continuamente perché pubblicasse tanta musica», spiega. «Lui ha risposto: scriverò comunque altri beat, fare la scorta non ha senso». Ali lavora seguendo lo stesso principio: «Finché avrò nuove idee, continuerò a far uscire musica».

Ali è arrivato tardi all’elettronica: cresciuto vicino a New York, ha iniziato a suonare dedicandosi alla tromba. Mentre studiava jazz e frequentava la SUNY Purchase, ha incontrato un tecnico del suono che gli ha fatto scoprire Ableton, insieme alla musica di Flying Lotus e a quella del periodo elettrico di Miles Davis. Nel 2013, Ali ha spostato la sua attenzione dalla tromba al computer.

È arrivato nell’orbita della house music grazie al produttore Hakim Murphy, che ha incontrato per caso dopo il Boiler Room set del suo gruppo, gli Innerspace Halflife. «Ho pensato: ma che diavolo è questa roba?», ricorda Ali. L’ha contattato online, e hanno iniziato a scriversi. All’epoca Ali non conosceva la musica house e la sua storia. «Ho visto un ragazzo che pensavo di poter aiutare», ricorda Murphy. «Gli ho dato qualche consiglio. Anche se era a New York, non aveva mai incontrato gente della scena house. Ha iniziato a studiare le storie delle scene (che hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo dell’elettronica, nda) come quelle di Detroit e Chicago».

Il pupillo di Murphy imparava in fretta. In tutti gli ultimi album di Ali echeggiano i grandi dell’elettronica, soprattutto il Larry Heard di metà anni ’90, i dischi più contemplativi della Prescription (l’etichetta di Ron Trent), il catalogo di Roy Davis Jr. e i brani meno frenetici di Galaxy 2 Galaxy.

Il catalogo di Ali si può dividere in due campi tematici. Da una parte ci sono i brani che parlano del Grande Ignoto, di stelle e lune lontane; Ali dice che è affascinato dallo spazio sin da quando era un bambino. Dall’altra ci sono brani che parlano direttamente di giustizia e razzismo; Ali dice che sono ispirati dagli anni passati con la Nation of Islam, un movimento che enfatizzava molto l’empowerment nero. Scrivendo musica sia sognante che fieramente politica, Ali segue la strada di artisti come Parliament e Underground Resistence. È un’espressione musicale del concetto noto come afrofuturismo.

Kareem Ali - C'est la vie

Il carattere quieto degli arrangiamenti di Ali non può nascondere il suo radicalismo. Provate con Be Inspired (Survive), un mantra sulla resistenza basato su un sample del film Nella giungla di cemento, oppure We Need Land, un trattato ballabile sull’importanza della proprietà nera. O ancora C’est la vie, un brano alla Bobby Womack leggero e in quattro quarti che affascinerebbe anche il clubber più scontroso, o The Great Beyond, una serena meditazione sulla morte; Afrotropical Realm, con le percussioni che affiorano da una palude di sintetizzatori e canti di uccelli, e In My Spaceship, che omaggia il film Interstellar.

Ci sono dozzine di canzoni così e chissà quante altre sono in arrivo. Da qualche tempo il produttore inizia la sua giornata alzandosi prima dell’alba, poi si mette a camminare nella zona di Phoenix, Arizona. «Non c’è molto inquinamento dalle mie parti, quindi vedo il cielo davvero bene», dice. Poi torna a lavorare.

«Potrei far uscire qualcosa venerdì», aggiunge. «È arrivato il momento».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.