Junior Cally al di là della maschera | Rolling Stone Italia
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Junior Cally al di là della maschera

Il rapper, fresco dell'uscita del nuovo album 'Ricercato', racconta il suo rapporto con i fan, com'è cambiata la sua carriera ora che tutti conoscono il suo volto e il suo ruolo nel rap game italiano

Junior Cally al di là della maschera

Quando alzo il telefono per rispondere alla chiamata di Junior Cally, la prima informazione che ricevo è: “Scusa l’affanno, sono alla 24esima data di instore e sono in VAN”. Il mio cervello non riesce neanche ad assimilare la nozione di V-E-N-T-I-Q-U-A-T-T-R-O instore con pre-adolescenti coi baffetti incolti, che vogliono da te foto, firme e consigli di vita, Junior però sembra sereno e anzi, ci tiene più volte a dire che i suoi fan sono parte fondamentale anche del processo creativo.

I disguidi di Cally – al secolo Antonio Signore, ora si può dire – sono quelli normali di chi ha affrontato 24 instore ed è in giro per l’Italia in VAN: più volte nel corso dell’intervista mi ripeterà che non ha avuto ancora tempo di pensare al dopo, al futuro ad altro che non sia “sorridi, firma, mettiti in posa”, il duro prezzo del successo.

I disguidi dell’intervistatore – ovvero me medesimo – è che esistano dei registratori audio per Mac che sono “temporanei”: registrano 3 minuti e poi shutdown. Quindi prima di aprire Quicktime e capire che forse quello è il modo migliore per registrare, mi perdo dall’audio dell’intervista le prime due domande, in cui gli chiedo dei già citati instore, appunto, del peso di dover affrontare una settimana da numero 1 («Guarda, ero molto fiducioso del lavoro che ho fatto, non tanto da immaginarmi la #1 in FIMI, ma abbastanza da capire che sarebbe andato. Ovviamente non mi godo un cazzo, questo non è che il primo di tanti punti di partenza»). Fortunatamente sono solo le chiacchiere introduttive e appena iniziamo a parlare del disco il mio computer si sveglia e torna a registrare.

Questa cosa [del tuo rapporto con i fan] si evince anche da un pezzo che è molto personale, all’interno del disco (Ferite, dedicato a un fan scomparso prematuramente, nda). Vesto i panni dello stronzo e ti chiedo: non credi che possa risultare come paraculo dedicare un brano a una storia così personale? Che possa essere additato come marketing?
Sì, ho avuto il dubbio, ma è durato un secondo. Alla fine mi sono detto che queste cose lasciano un po’ il tempo che trovano. Chi arriva a pensare che io mi metto a scrivere un brano per un fan che non c’è più solo per gonfiarmi le tasche, non merita neanche il mio pensiero più lontano. Io ho vissuto quella cosa in prima persona, in una maniera talmente tanto vicina che… Mi spiego meglio: io penso di aver scritto una cosa per me, per Fra che non c’è più e per la famiglia. I genitori vengono all’instore, hanno organizzato un live nel loro paese in memoria di Fra. Io ho scritto il brano e ti dico che lo sento così mio che potrebbero inventare i castelli, questa cosa non mi scalfirebbe in alcun modo. Il mio obiettivo era colmare una piccolissima percentuale del vuoto di queste due persone, e loro sono felici di Ferite. Ma ti dirò di più: io questa canzone, come Nessuno con me, la scrissi esclusivamente per me, non doveva finire nel disco.

E cosa spinge, tipo nel caso di Nessuno con me, un artista a cambiare idea sul pubblicare o meno una traccia così personale? Tu la scrivi, dici “questa è troppo, rimane solo per me”, poi…
Il disco ha un concept che secondo me è abbastanza chiaro se metti a confronto la prima e l’ultima traccia, che sono una l’antagonista dell’altra. Quel brano dico che è per me, sì, ma decido di metterlo dal momento che mi sto togliendo la maschera. Il disco, dunque, vuoi o non vuoi, diventa una cosa davvero molto molto personale. Come ho fatto vedere la mia vita da mascherato, perché non dovrei far vedere quella senza maschera? Ok che è personale, però io faccio musica, è ovvio che ciò che scrivo, specie se lo sento, io voglia condividerlo coi miei fan. Sapevo che era un rischio, poteva anche fare schifo alla gente, se tu lo ascolti nel ritornello dice “Ora ho una maschera in faccia”, nessuno dei miei fan ha mai avuto una maschera in faccia, non sa che cazzo voglia dire.

JUNIOR CALLY - Tutti con me

A livello di musicalità, nonostante la tecnica, personalmente ti vedo come una figura borderline nel panorama rap, non saprei se metterti o meno nell’insieme. Secondo te è un qualcosa che ti aiuta?
Io guarda non mi incasello, ti dirò: io mi sento riconoscibile. Penso che in un panorama del genere riesca ad emergere l’artista che abbia una propria identità. Sì, io ho diverse sfacettature, ma se andiamo ad analizzare il modo sia di scrittura che di musicalità, sono riconoscibile. Me lo dicono i ragazzi che sto incontrando in ‘sti giorni: ho un metodo tutto mio, sono riconoscibile. Secondo me ancor più qui in Ricercato che nel disco precedente. Non avere una maschera in faccia mi ha aiutato.

A proposito di maschera, mi sa che ti tocca parlarne in ogni intervista. In molti in questi giorni hanno sottolineato come ci fosse una sorta di premonizione in Magicabula, uno spoiler di quello che sarebbe accaduto nel video di Tutti con Me. Tu fin da subito avevi immaginato di togliertela così?
Di modi per togliermi la maschera ne avevo un miliardo in testa, poi è venuto così tanto con naturalezza che insieme al team abbiamo capito che quello sarebbe stato il modo migliore. Come ti dicevo questo è solo l’eletto tra un miliardo di modi, ma quello che so è che già sapevo che l’avrei tolta a settembre e lo sapevo già da Magicabula. Io adoro le serie TV, il mio viaggio era quello di un serial killer, lasciare tanti indizi in giro con la speranza di essere scoperti. Ci sono tanti altri indizi che la gente non ha colto. Era premeditato che sarebbe successo a settembre, ma il mood del video no.

Dai, dimmi uno spoiler che la gente non ha colto, allora…
Be’ in Arkham c’è una barra, non ti dico quale sennò non c’è gusto, che diceva qualcosa.

Dai allora nell’articolo farò un tentativo di indovinare e poi mi saprai dire se è giusta o meno la mia previsione (“Junior Cally è leggenda sai che non morirò in prigione”, è la previsione nda).
Dai dai ti saprò dire.

Ma ora che ci siamo levati di mezzo ‘sta maschera le cose cambieranno?
Be’, ovviamente sì. Io adesso mi inizio a godere la vita da artista. Non ho frequentato colleghi a serate, a cene, per la paura di finire in stories. Non ho frequentato le fashion week, questa è la prima che mi faccio da artista, che soddisfazione. E ovviamente anche nei testi, cambia il vissuto, cambia la musica. Saranno cose completamente nuove.

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