Johnson Righeira: «Freak Antoni? Genio incompreso dalla kultura italiana» | Rolling Stone Italia
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Johnson Righeira: «Freak Antoni? Genio incompreso dalla kultura italiana»

La cover di 'Mi piaccion le sbarbine' degli Skiantos, il passato, i talent show, le idee sulle nuove leve e la politica. A tu per tu con il fondatore dei Righeira

Johnson Righeira: «Freak Antoni? Genio incompreso dalla kultura italiana»

Johnson Righeira

Quando si parla di tormentoni estivi si deve, per forza, parlare anche di loro: i Righeira. Vamos a la playa, No tengo dinero, Innamoratissimo e L’estate sta finendo sono ormai entrati di diritto nell’immaginario collettivo. Fondatore e componente del duo torinese è Johnson Righeira che, nel 2015, ha ripreso la carriera solista e dato spazio anche a tante collaborazioni. Tra queste spicca Mi piaccion le sbarbine con iPesci. Niente paura però, il buon Johnson non si è fatto mancare neanche la sua personalissima summer hit: Formentera, brano che vede lo zampino dei fratelli La Bionda.

Com’è nata l’idea della cover di Mi piaccion le sbarbine degli Skiantos?
Dalla collaborazione con iPesci dopo la canzone Calippo. Già da tempo avevano fatto una versione di Mi piaccion le sbarbine perché anche per loro, gli Skiantos, sono stati fondamentali. Quando me lo hanno chiesto ho accettato subito.

Come mai?
Nel mio primo singolo Bianca surf, suonarono proprio gli Skiantos che avevo conosciuto quando seguivo una fanzine punk. Li avevo contattati e, quando mi trovai a realizzare il mio primo 45giri, suonarono loro. Trovarsi a rifare Mi piaccion le sbarbine è la quadratura del cerchio.

Cosa ricordi di Freak Antoni?
Un genio assoluto non sufficientemente celebrato dalla kultura italiana, con la “k”.

Per quale motivo, a tuo avviso?
Perché l’ironia nella cultura non sempre paga e non è stata capita a pieno la portata di Freak: era un personaggio fuori dagli schemi. La stessa cosa è successa a Maurizio Arcieri dei Krisma, il primo musicista pop elettronico che ha realizzato cose straordinarie. Ci sono pezzi come C-rock che all’epoca mi sembravano una robetta ripetitiva e, dopo anni, li ho trovati molto avanti. A volte alcuni artisti sono talmente avanti che è difficile, a volte, essere considerati. Almeno il tempo dovrebbe dovuto rendergli giustizia.

Però tu hai reso omaggio a Freak…
Qualcosa di piccolo per tornare a far parlare di lui. È anche una bella sfida perché nel loro delirio sono dei capolavori difficili da toccare. Ci abbiamo provato, facendolo in maniera totalmente diversa, con questa voce alla Alberto Lupo o Serge Gainsburg.

Difficile?
È stata buona la prima. Non c’era problema di intonazione, è venuto naturale ed è stata apprezzatissima dagli Skianthos. Dandy Bestia sta dicendo a tutti che la nostra versione è molto più bella della loro. Nella nostra c’è affetto per Freak e gli Skiantos. Dentro c’è tantissimo sentimento. Non è stata snaturata l’originale, ma è stata letta in maniera diversa e ha reso legittima questa versione.

Hai detto che Freak Antoni ammetteva che non ci fosse gusto, in Italia, a essere intelligenti. Ora più che mai, direi.
Sì. E aggiungo che è per questo che non ci ho mai provato (ride, ndr). Ogni epoca ha le sue cose e ho sempre paura di fare il vecchio che non capisce i giovani.

Cosa non ti piace?
L’omologazione e oggi è tutto molto omologato. Anche se c’è un fermento non mainstream che fa cose interessanti come i Coma Cose, che sono straordinari. Ho fatto un featuring con Megha, grande fan dei Righeira. Siamo diventati amicissimi e sono andato a Roma per collaborare a un suo pezzo che ha dei bellissimi arrangiamenti e testi generazionali. Mi piace molto.

Altri che ti piacciono?
Al di là del filone trap, che è un pochino eccessiva, uno che mi diverte è Young Signorino.

Ah…
Mi piacciono i personaggi controversi e lui è controverso vero. Mi piace. La prima volta che l’ho sentito m’è preso un colpo, poi ho pensato che è una figata. Poi ha una storia che pare – dai rumors – sia un po’ romanzata, se non addirittura creata a tavolino. Però mi ha divertito. A Sanremo mi è piaciuto molto Achille Lauro: Rolls Royce era un pezzo punk rock che mi ha ricordato molto Vasco.

Restiamo in tema Sanremo. Che mi dici di Mahmood?
Più che dignitoso, ma non mi fa impazzire. Non è la mia cifra, quella di Sanremo. Amo il pop elettronico, cose dal respiro internazionale.

Tipo Cosmo?
Dipende dai pezzi, ma mi hanno parlato male di lui. Quindi mi riservo dal dare un giudizio: l’aspetto umano per me è fondamentale. Quindi aspetto.

Perché, che ti hanno detto di Cosmo?
Prendo tutto con il beneficio di inventario. Non c’è stata conoscenza diretta. Hanno detto di me tante cose, magari ha la fama dello stronzo solo perché l’hanno beccato in una giornata che aveva i cazzi suoi. E poi, in realtà, è una persona deliziosa.

Perché anche di te parlavano male?
So per esperienza diretta che erano cose campate in aria, ma erano in qualche modo opinione diffusa.

Tipo?
Che sul palco eravamo fuori. Nella vita privata posso essermi anche divertito, ma sul palco no. Qualcuno mi ha detto che l’ho trattato male, ma non ho mai trattato male nessuno. Ho sempre considerato il pubblico come la più grande risorsa di un personaggio pubblico. Fa parte del lavoro, non bisogna solo stare sul palco, ma anche avere rapporti con chi ti ha portato a essere quello che sei.

Certo. Torniamo alle collaborazioni. Lavori tantissimo con le nuove generazioni.
Non amo guardare indietro, anche perché non ho un cazzo di memoria. Qualcosa ricordo, ma non tutto. E per necessità di cose sono costretto – per fortuna – a guardare avanti.

Cosa mi dici dei cosiddetti indie?
Non mi fanno impazzire, anche perché i Thegiornalisti sono molto anni ’80. Una cosa che mi ha dato fastidio è che gli anni ’80 non sono mai stati considerati uno straordinario periodo, soprattutto in Italia.

In che senso?
Non credo che l’Italia abbia mai esportato tanti dischi come in quegli anni. Se mettiamo insieme noi, Spagna, Gazebo, Savage, Den Harrow. Credo si siano vendute decine e decine di milioni di dischi. Eppure sono sempre considerati come gli anni dei paninari e degli yuppie. Invece è stata forse l’ultima decade in cui è successo qualcosa in diversi campi artistici, nella moda, nel design. Mi viene in mente Keith Haring. Sono stati anni straordinari, in cui c’era un fermento creativo palpabile. Gli anni ‘80 si sono chiusi con la house, l’ultima grande scossa data alla musica. Poi ci sono state tutte cose riadattate: anche la trap, alla fin fine, viene dal rap. Cantare con l’autotune, a un ascolto distratto, fa sembrare tutto uguale. Già il rap ti fa distinguere meno la voce piuttosto che il canto e con l’autotune – a un ascolto superficiale – sembra una spersonalizzazione. Poi c’è una delle piaghe degli ultimi anni.

Quale?
Il reggaeton. Per me è una piaga, la deriva di tutto quello che di straordinario è stata la musica latina: dalla bossa nova, alla salsa, tutto sommato salvo pure il merengue, anche se è l’antesignano del reggaeton che mi dà proprio un fastidio fisico. Il nuovo singolo Formentera, fatto con i fratelli La Bionda, aveva qualche ammiccamento e io soffrivo. Ha solo qualche accenno ritmico, ma siamo completamente su un altro mondo. I Righeira si sono sempre ispirati all’estero, ma la sintesi restava righeriana.

E che mi dici dei talent show?
Hanno contribuito all’accelerazione della musica usa e getta, insieme alla scomparsa del supporto fonografico. La musica è virtuale, non c’è più la fisicità. È tornato il vinile, per quanto di nicchia, c’è bisogno della fisicità della musica. Questi ragazzi sono utilizzati sono per la necessità televisiva. E si è concentrati sul virtuosismo, mentre ci sono grandi personaggi della musica che cantavano di merda o non sapevano suonare, ma avevano delle idee e un equilibrio, nel loro modo di porsi, che li resero unici. Se i Righeira fossero andati a un talent sarebbero stati scartati, così come tanta altra gente. Il virtuosismo è sensazionalistico e fa perdere i contenuti. Bisogna fare trasmissioni tv come una volta, in cui vanno anche gruppi giovani non fanno un karaoke di alto livello.

Però ci sono anche gli inediti nei talent…
È vero, ma fatti quasi sempre dagli stessi autori. È un circuito. Poi vengono lasciati a sé stessi. C’è qualcuno che ha evidentemente qualità maggiori e sopravvive, ma gli altri vengono buttati nel cesso. Il mio fratellino Nevruz, ad esempio, forse ha fatto scelte coraggiose rifiutando dei contratti perché voleva fare le cose sue. Ora che sta facendo progetti bellissimi e stenta ad avere visibilità, nonostante sia un artista straordinario. Tutto questo conferma la mia convinzione: questo dovrebbe andare in tv. Ora la visibilità ce l’hai se sei bravo a muoverti su internet, bisognerebbe tornare a dare alle cose il valore che hanno.

Ti hanno mai proposto un talent?
No, ma lo farei.

Ah sì?
Soprattutto perché, da quando i Righeira si sono sciolti, per me è cominciata una seconda vita: mi diverto molto di più, sono molto più responsabile di me stesso e mi devono sparare per farmi scendere dal palco. Anche nei talk show, quando mi invitano, mi butto nella mischia, mentre prima ero timido.

Se partecipassi a un talent non hai paura, come accennavi prima, che i ragazzi che segui finiscano nel dimenticatoio?
Sì, certo. Ma preferirei andare a fare un talent come giudice piuttosto che all’Isola dei Famosi. O degli ex famosi.

E comunque non ci sono solo X Factor, The Voice of Italy e Amici di Maria De Filippi. Anche Ora o mai più è un talent.
Ecco, quella è proprio la tristezza all’ennesima potenza. Preferirei avere a che fare con i giovani piuttosto che con i nobili decaduti.

Parliamo di politica. Sei uno, da sempre, di sinistra. Si dice tu sia vicino a Rizzo.
Marco Rizzo è un mio carissimo amico, nelle ultime amministrative dove ha vinto la Appendino, ho sostenuto Rizzo perché ero nauseato dalla riproposta degli altri candidati della sinistra tradizionale. Era una cosa provocatoria, di protesta. Al Primo Maggio hanno fotografato me, Rizzo e Gianni Vattimo. Dovrei farmela ingrandire e incorniciare. Una delle cose più assurde.

Altra assurdità che ti sono capitate?
Una foto fatta in Campania. Eravamo io e Michael con Mario Merola. Uno scatto cui sono affezionatissimo. Rimasi affascinato dallo spessore umano e dal carisma di questo personaggio straordinario. Sentii proprio la grandezza di Merola, che ho sempre stimato e rispettato profondamente. Un ricordo bellissimo.

Johnson Righeira e Mario Merola

E assurdità politiche dell’attuale Governo gialloverde, invece?
Sul congresso della famiglia, stenderei un velo pietoso. Sembra di tornare indietro. Non è uno stimolo ad andare avanti, sembra di tornare alla politica del proprio giardinetto, cercando di tenere fuori tutto quello che passa all’esterno. Ho idee molto precise.

Quindi per te che significa essere di sinistra?
È un cristianesimo laico, per cui la tolleranza e la solidarietà sono i valori della sinistra. Anche per quel che riguarda l’immigrazione.

Spiegati meglio…
L’Occidente ha fatto le colonie, ha sterminato popolazioni tenendole in stato di quasi cattività, in certi casi li ha segregati, tenendoli nella povertà. Li ha solo sfruttati, lasciandoli nella povertà e nella merda. È ovvio che prima o poi il conto arriva. Bisognerebbe davvero dare una mano a questi Paesi. Il mondo occidentale si è arricchito alle spalle di questa gente. Cerchiamo di analizzare anche storicamente il problema. Non è semplice, ma non si risolve chiudendo i porti.

Molto chiaro. Ora, però, devo chiederti una cosa. Ogni volta che su Google digito il tuo nome arriva la parola “carcere”, luogo che hai – ahimè – frequentato per cinque mesi.
Sì, tra l’altro è una cosa che mi fa molto incazzare. È una cosa che è successa 26 anni fa. Cinque mesi non sono proprio niente, cinque mesi come custodia cautelare sono lunghi, ma alla fine sono stato assolto. C’è stata una piccola condanna con la condizionale perché a casa mia avevo fatto festini, cose all’ordine del giorno nelle case di un sacco di italiani.

Che cosa hai capito, col senno di poi?
Sicuramente sono stato incosciente perché si viveva in condizione della musica con annessi e connessi, si viveva rock’n’roll. Non ho dato peso ad alcune cose: il problema è che il personaggio del cantante alla deriva che, per mancanza di successo, si mette a trafficare stupefacenti era una bella storia da vendere. Quando mi hanno assolto, la notizia non l’ha pubblicata quasi nessuno.

Senti atteggiamenti diversi verso di te per questa cosa?
Quando sono in giro sento un affetto sincero da parte della gente. Se qualcuno la pensa diversamente, cazzi suoi. Io ho la coscienza a posto e ho pagato per cose che non ho fatto. Non ho fatto niente di male, se non a me stesso, non ho mai venduto droga, ma mi dispiace che questa cosa salti sempre fuori e sia un po’ un marchio. Me la vivo a testa alta perché non ho nulla di cui vergognarmi.

Capito. Un’ultima cosa: una reunion dei Righeria è possibile?
Allo stato attuale delle cose la vedo come una delle cose più improbabili del mondo. Non c’è più nulla da condividere.

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