Jackson Browne: «Ho il coronavirus» | Rolling Stone Italia
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Jackson Browne: «Ho il coronavirus»

Il cantautore californiano racconta a Rolling Stone la sua esperienza. «La cosa giusta è restare a casa»

Jackson Browne: «Ho il coronavirus»

Jackson Browne

Foto: Taylor Hill/Getty

Da alcune settimane Jackson Browne non si sentiva granché bene. «Quando ho avuto tosse e febbre ho fatto il test [per il Covid-19]», racconta a Rolling Stone. È risultato positivo e in questo momento si sta riposando nella sua casa di Los Angeles. «Ho sintomi lievi, non ho bisogno di farmaci, né di essere ricoverato in ospedale».

Il musicista, che ha 71 anni, non sa dove ha preso il virus, ma sospetta che sia accaduto durante il viaggio che ha compiuto a New York per partecipare il 12 marzo alla serata di beneficenza Love Rocks NYC, dove c’erano anche Cyndi Lauper, Dave Matthews, Warren Haynes, Susan Tedeschi e Derek Trucks. «Gli asintomatici ce l’hanno e non lo sanno perché non hanno ancora fatto il test, e lo trasmettono agli altri. I più giovani devono capire che se vogliono far parte della soluzione globale alla diffusione del virus devono stare a casa, evitare ogni contatto, non vedere nessuno».

Browne ha parlato con Rolling Stone della pandemia, di che cosa sta facendo in quarantena, dei consigli per chi non prende sul serio il coronavirus.

Come ti senti?
La prognosi per chi è positivo è bene o male la stessa per chi non lo è: devi riposare e stare in quarantena. Non esporre gli altri al virus. Non andare in giro.

Mi sono messo in quarantena immediatamente dopo essermi sentito male. È successo prima che la quarantena fosse obbligatoria. Ora sto chiamando tutti quelli che conosco per capire come si sentono, se hanno dei sintomi. Potrei averlo passato ad altri.

Si supera il virus se il corpo è sufficientemente forte. Se il tuo organismo reagisce, ti fai gli anticorpi e contribuisci all’immunità di gregge. Trovo misteriosa questa idea che tutti alla fine avremo in comune questi anticorpi. Per fare la differenza si può fare un’unica cosa: mettersi in quarantena.

Molti giovani non lo prendono sul serio.
Devono sapere che sì, sono meno fragili, ma devono comunque stare attenti. Pensano che la osa non li riguardi e continuano a fare la solita vita, e così facendo diffondono il virus. Devono capire che siamo tutti quanti parte della risposta.

Non sai mai se il tuo sistema immunitario è forte oppure no. A Santa Monica c’è un diciannovenne attaccato a un respiratore, me l’ha detto oggi il mio medico. Non c’è garanzia che se si è giovani la si passa liscia. Girando in città si diffonde il virus da un posto all’altro, si mette a rischio la vita degli altri, specie dei più vulnerabili, di chi ha l’asma, degli anziani.

Da quanto tempo sei a casa?
Una decina di giorni. Non è poi tanto, ma sembra un’eternità [ride]. Credo di averlo preso andando a New York per il Love Rocks al Beacon. E ora si scopre che diverse persone che erano a quello show sono risultate positive. Cercherò di mettermi in contatto con loro.

Sono fortunato a non averlo preso in forma grave. Credo di avere un sistema immunitario piuttosto forte. Ma ci sono cose che non sappiamo e perciò la cosa giusta è restare a casa. Vorrei tanto non essere andato a New York e non aver fatto quel concerto. Ogni tanto ci penso: non sarebbe stato meglio dire di no, rispondere che non avevo intenzione prendere un aereo, stare due giorni a New York, entrare in contatto con persone che venivano da ogni parte del Paese?

Non potevi saperlo.
No, allora non lo sapevo, ma già si era più accorti, si evitava di stringere mani e abbracciare gli altri. Non mi comporterò così in questo spettacolo. Ma in ogni caso sei in in un ambiente piccolo, stai a contatto con gli altri, respiri la stessa aria. Stanno passando i tamponi sui microfoni, qualcuno della crew ce l’ha. Potrebbe averlo preso da me, o viceversa. Di mezzo c’è anche il viaggio in aereo.

Come passi il tempo?
Chiacchierando con gli amici con cui non ho mai il tempo di parlare. Sto cercando di contattare amici e famigliari. Quando ti fermi inizi a pensare alle altre persone, alla loro vulnerabilità, cosa che di solito sei troppo incasinato per fare. Ma ora ho il tempo di chiamarli per chiedere come stanno.

Sto ascoltando musica. Sto guardando qualche show. Passo un bel po’ tempo a leggere editoriali. Ci sono un sacco di bollettini medici e storie da leggere sul New York Times. Quando mi hai chiamato stavo ascoltando la conferenza stampa del governatore Cuomo. Sono tutte informazioni importanti.

Il fatto che tu sia positivo potrebbe aiutare la gente a prendere la cosa più seriamente.
È importante raccontare quel che si passa. Le nostre esperienze possono essere utili al prossimo. Non credo che il mio caso sia particolarmente rilevante, ma potrebbe essere utile far sapere che non tutti quelli che lo prendono stanno male. Far conoscere il concetto di immunità di gregge. Si supera questa situazione il più rapidamente possibile se si è disponibili ad aiutare gli altri.

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