Intervista a Irama: «Sono una rockstar» | Rolling Stone Italia
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Irama: «Sono una rockstar»

Ha vinto Amici, cita Kurt Cobain e i Guns n’ Roses, omaggia Jim Morrison, ha una fidanzata da rotocalchi gossippari e nelle sue canzoni cerca la verità.

Irama intervista rolling stone

Per molti Irama è solo il vincitore di Amici 2018. L’ennesimo ragazzotto uscito da un talent show con l’aspirazione da star. In realtà questo 22enne, cresciuto a Monza a suon di pane e cantautori italiani, ha tutta l’aria di voler rimanere per lungo tempo nel mondo della musica, ma con i piedi ben piantati per terra. Delle critiche se ne fotte altamente e, anzi, controbatte in maniera puntuale per le sue ragioni. Uno che, per dirla tutta, non ci aspetta di vedere a fare sfide tra i pianti di Garrison e le stroncature della Celentano. Nel frattempo il suo nuovo album, Giovani, è già stato certificato Disco d’Oro. E il tour che parte il 24 novembre da Largo Venue, a Roma, sta segnando un sold out dopo l’altro. E pensare che dopo la sua partecipazione a Sanremo 2016, ha rischiato di finire nel dimenticatoio.

Nel disco Giovani citi Kurt Cobain e hai dichiarato che la cover è un omaggio a Jim Morrison. Parafrasando un brano del tuo album, ti senti una Rockstar?
La canzone Rockstar è il confronto tra due generazioni. Racconta la ribellione dei giovani.

Spiega un po’…
È un inciso sul fatto che anche i nostri genitori sono stati come noi e hanno avuto un attimo di ribellione, no? E quindi tutto questo è tornato.

E riguardo al rock?
Ho molti riferimenti nel rock perché sono cresciuto con questa cultura. Oltre alla musica dei cantautori sono stato contaminato dall’hip hop, dal rock e da altre tendenze che ho sempre vestito naturalmente. Non le ho mai forzate. Sono state cose naturali che crescevano in me. E spesso mi sono trovato a rivedermi anche un po’ nel mondo delle rockstar, come atteggiamento, come attitudine, quando sto cantando sul palco. Anche se sono un ibrido, nel mio disco c’è del rock, molto pop, c’è del rap. Ci sono tanti colori dentro.

Sì, ok. Ma ti senti o no una rockstar?
Sì, perché le rockstar non hanno paura di dire ciò che pensano nelle canzoni. Mi ricordo Get in the ring dei Guns n’ Roses dove sputano su tutto quello che non va loro bene. Io ho un po’ questo timbro nelle mie canzoni, raccontando la verità e sputando ciò che ho provato e visto realmente. L’ho sempre fatto sul palco e per questo mi sento un po’ legato a loro.

In Non mollo mai canti “perbenisti di ‘sto cazzo/Che parlano d’amore su un palco come Sanremo/Ma poi si sparerebbero solo per qualche premio”. Ma tu ci sei stato, su quel palco.
Sì, ci sono stato. Infatti non è un insulto a Sanremo, ma nella canzone, in modo evidente dico “un palco come Sanremo”. Perché è un palco prestigioso.

D’accordo, ma cosa volevi raccontare?
Dei retroscena, della verità che c’è in tutti i lavori del mondo.

E che verità è?
Che spesso si vede più la vetrina che la sporcizia che c’è dietro. La difficoltà che ho vissuto e che ho anche avuto modo di raccontare, per tanto tempo, in televisione.

E chi sarebbero queste persone che si prostituirebbero per un premio?
Non sono qui a fare nomi di altre persone. Guardo al mio percorso.

Ho capito, vuoi fare il diplomatico.
Ho raccontato una verità, non un dettaglio.

Ok, ma dopo Sanremo che cos’è successo?
Ho raccontato molto questa storia, anche in televisione.

Sì, ma magari non tutti hanno visto Amici.
Feci un disco, feci Sanremo, poi vinsi il Coca-Cola Summer Festival, tra i Giovani. Partì tutto molto bene e poi rimasi fermo un anno della mia vita senza fare uscire canzoni, senza poter fare uscire brani. E con i problemi lavorativi che, come ti dicevo, ho esternato in tv.

Questa cosa ha influito nei tuoi brani?
Si sente molto nelle mie canzoni. Perché diciamo che anche se guardo avanti senza voltarmi, e non provo più rancore, la verità e quello che ho vissuto è normale riversarlo nei miei testi.

Non ti guarderai indietro, ma alla fine sei tornato in Warner Music, la casa discografica che, a tuo dire, ti creò problemi.
Sì. Ci sono stati due incontri, trasmessi anche in tv, in cui ci siamo confrontati in maniera schietta e diretta. Per come sono fatto io, crescendo, ho sempre avuto il mio team artistico: Giulio Nenna, Lorenzo Galli. Mi sono concentrato maggiormente sulla parte artistica e professionale del mio mestiere. E meno su quella burocratica. Chiaramente durante l’incontro ho cambiato delle cose e ho chiarito esplicitamente delle altre.

Dopo Sanremo, hai fatto il talent. Non pensi che la gente possa pensare che più che fare l’artista tu voglia il successo?
No, basti pensare che una volta l’unico mezzo mainstream era Sanremo. Vasco andò a Sanremo. Era la cosa che dava maggior visibilità, quindi non ci vedo una grossa differenza. Non bisogna mai soffermarsi sulla realtà da cui uno proviene, ma bisogna capire la storia di ognuno e cosa vuole raccontare. La bellezza e la grandezza dell’arte sta nel poter raccontare alle persone ciò che si ha dentro. Nella canzone Poi Poi Poi dico “Non sono un morto di fama, non lo sono mai stato”. Non me ne frega un cazzo del successo. Non vivo per quello.

Quindi cos’è stato, per te, Amici?
Un modo per raccontare a più persone possibili la mia musica, la mia verità. Non per arrivare al successo, ma per mostrare la mia arte a più persone possibili.

Hai parlato di Poi Poi Poi. Un brano dove fai una fortissima critica alle persone che non ci sono state quando avevi bisogno. Ha sofferto parecchio nella tua vita.
Ho tante ferite, tanti tagli che sto, piano piano, riempiendo di canzoni. Poi Poi Poi è un pezzo molto schietto che mi piace accostare come mondo – e ripeto esclusivamente come mondo, anche perché non mi permetterei mai di fare un confronto visto che sono ancora uno sbarbato – a L’avvelenata di Guccini. Dove sputi tutto il marcio, ma anche tutto il vero che hai dentro. Non è un momento d’ira, ma di verità.

Parli spesso di verità eh?
La verità è qualcosa che, con il tempo, ti ripaga. Ed è difficile da raccontare, deve essere anche coraggiosa. Di Guccini ho sempre ammirato questo. Poi Poi Poi è come fosse la mia L’avvelenta, mettiamola così.

Hai ascoltato molto cantautorato italiano eh? Mi pare che pure De Andrè ti piaccia molto.
È uno dei miei idoli. Sono cresciuto con la sua musica. Ogni cantautore ha le sue caratteristiche gigantesche diverse. De Andrè – sarà perché da bambino ascoltavo Carlo Martello – lo sento molto vicino a ciò che penso, a ciò che sento io. La sua grandezza è la narrativa. È uno degli ultimi poeti mai esistiti. Ha un modo di narrare, di raccontare e di vestire storie altrui come in Bocca di Rosa o Marinella. O ancora, quando traslava con la sua musica i testi di Spoon River.

E invece Guccini?
È talmente descrittivo che è impressionante. Sembra di leggere un libro, quando ascolti una canzone di Guccini. Anche la schiettezza con cui lui, a volte, racconta le cose, senza pensarci due volte. Diciamo che sono cresciuto con i grandi cantautori, ammirandoli e cercando di assorbire il più possibile da loro.

Mai fatto pazzie per loro?
Una volta mi feci una coda lunghissima per un instore di Guccini. Avrei già potuto saltarla, quella fila, ma per rispetto degli altri non l’ho saltata. E quindi so cosa significa fare un instore e stare in fila per un artista.

Cambiamo pagina. Nel tuo album c’è tantissimo sesso e carnalità, misti a romanticismo.
È una parte fondamentale della mia vita, inerente alla mia età, alla mia storia. Penso che il rapporto tra due persone sia qualcosa che stimoli una creatività incredibile. È una delle cose che dà più emozioni al mondo, seconde me. Il rapporto tra due persone, e in particolare il rapporto che sto vivendo io, crea tante emozioni, tante cose da raccontare e da dire.

Ti riferisci a Giulia De Lellis visto che ne stanno parlando tutti?
Ehm… (lunga pausa, ndr)

Non ne puoi parlare.
No, adesso preferirei parlare solo di musica.

Ok. E allora parliamo di chi ha dato del transfobico per la canzone Stanotte. Spiega un po’.
Non sono omofobo. In quella canzone dico “Fare a pugni con quel trans”. Questa cosa ha scatenato una piccola polemica che mi fa molto sorridere. Ci sono uomini, ci sono donne, ci sono transessuali e trovo davvero ridicolo chi pensa che io sia omofobo. Non ho nulla a che vedere con l’omofobia. Anzi, è una cosa schifosa. Semplicemente ho litigato con quella persona e l’ho raccontato in un testo.

Perché tutta questa bagarre allora?
A volte penso che le minoranze si sentano in dovere di accusarmi sul fatto che io sia omofobo, ma non lo sono affatto. E poi non ho detto “con un trans”, ma “con quel trans”. Non con una persona in generale, ma con quella persona. Mi sembra evidente che io stessi litigando con quella persona. E questo non ha nulla a che fare con l’omofobia. Io lancio un messaggio in italiano, poi se le persone non colgono la nostra lingua, non deve essere un mio problema.

Ti ha dato fastidio questa critica? Come hai reagito?
Non ho reagito, l’ho spiegato a te e ti ringrazio per la domanda. Non ho risposto sui social, perché non la trovo una critica intelligente.

Senti il peso di essere un esempio per molti ragazzi?
Assolutamente sì, ma anche fare il cantautore significa prendersi una responsabilità. Anche quella di raccontare storie degli altri.

E tu vuoi raccontare la tua generazione. Ma pensi che il pubblico che segue i talent come Amici, si possa riconoscere in quello che scrivi?
Bella questa domanda. In realtà io non sono mai settoriale, non ragiono mai sul pubblico in base al pubblico. Ho sempre fatto arte per pensare di fare musica. Per cercare di dire ciò che provo e ciò che sento. Questo ti porta a fare errori e cose giuste, ma anche a fare arte, a fare musica.

Quindi come deve essere l’arte?
L’arte non deve essere condizionata dal bacino di utenza o dal pubblico che si pensa di avere o che si vorrebbe. Così non sarebbe più arte, ma un lavoro su commissione. Non ci sarebbe più nulla di creativo, non ci sarebbe più né un estro né una vena artistica. Io sono un cantautore, non impronto la vita e la musica sugli altri.

E come vivi il fatto che i talent show abbiano perso appeal? È inevitabile constatare che non ci sono più cantanti come Mengoni, Emma e la Amoroso che sono riusciti a restare.
Tutto sta nella verità delle canzoni e della musica. Una persona viene ricordata per ciò che scrive, per ciò che dice. Se le persone vorranno ricordarmi, se mi ricorderanno, sarà solo per cosa trasmetterò. Non sono un imprenditore. Non posso fare un calcolo o una statistica su quanto successo abbia fatto una cosa o un’altra. Sono un artista che fa canzoni, se le persone indosseranno questa canzoni sulla propria pelle sarà l’onore più grande per me.

Hai fatto uscire il disco Giovani a pochissima distanza da Plume. Perché?
Una scelta totalmente fuori di testa. Chi pensa che sono pazzo probabilmente ha ragione. Ho fermato gli instore, avevo bisogno di scrivere un disco e di dire qualcosa. E così ho fatto. Questa è la dimostrazione che non mi interessa il business, ma l’arte. Queste decisioni spesso vengono ripagate e spesso no, ma penso che almeno le persone lo capiscano.

E ora stai preparando i live.
Si parte il 24 a Roma e si chiude il 5 aprile al Forum. Sarà un’emozione incredibile. Non vedo l’ora.

Come saranno questi live?
Non andrò sul quel palco a fare balletti. Sarò con dei musicisti e porterò musica e verità. Ho già in testa le decisioni artistiche da prendere, ma voglio che sia anche un qualcosa di spontaneo. E quindi salirò sul quel palco per dire qualcosa di reale, di concreto, con il mood delle rockstar, come facevano allora.

Ci saranno anche le canzoni del primo album Irama, quello post Sanremo?
Certo. Ci saranno i tre album. Fanno parte di me, della mia storia.

Senti, ma Maria De Filippi la senti?
Ogni tanto l’ho sentita. Mi vuole bene e anche io gliene voglio. È una persona squisita, su di lei posso contare quando sono triste e quando sono felice. Abbiamo un bellissimo rapporto.

Questa cosa sembra copia-incollata da quello che dicono gli altri ragazzi usciti da Amici.
Perché è vero.

Ma a Sanremo ci vai?
Sto ancora pensando se andare o non andare. Se avrò la canzone giusta da presentare su un palco del genere. E se il direttore artistico sarà felice di avermi allora magari ci andrò, ma se non avrò il pezzo adatto non mi presenterò neanche.

Quindi non hai presentato nulla?
No, no.

Hai aperto anche i concerti di Laura Pausini. Com’è andata?
Sì. È la persona più genuina che ci sia. Ci siamo incontrati quando ha fatto i live, abbiamo chiacchierato un po’, poi ho cantato, lei è felice di quello che faccio e per me è un onore. Lei è una grande artista che c’è da tanti anni. Mi vuole bene palesemente e questa è una bellissima cosa. Si sente.

Hai 22 anni. Come vedi i giovani di oggi?
Nel mio brano Non ho fatto l’università canto “Siamo i nuovi decadenti, con poesie nei server”. Ho sempre visto nella mia generazione una fame di cultura, di scoprire, arricchirsi, di continuare a creare. Siamo in un’età d’oro per la musica. Continuano a nascere generi e nuove influenze. Soltanto che siamo un po’ sbandati a volte.

Cioè?
Non abbiamo molti punti di riferimento o forse li abbiamo avuti, ma troppo presenti. E questo ci ha fatto perdere la via. Sicuramente siamo persone con voglia di fare. Speriamo di avere sempre più la possibilità.

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