«Avevo cinque anni. Mio padre mi aveva preparato un crumpet, poi un altro. Quando ha detto “basta!”, ho iniziato a piangere. Mia madre era uscita e alla TV passava uno di quei western italiani. Mi ha stregato». Questo è il primo racconto con il genere che ci racconta Jeymes Samuel, alias The Bullitts, in videochiamata dal suo studio a Londra.
Regista, musicista, produttore (e fratello minore del cantante Seal), Samuel è un artista che mette insieme talenti e generi come pochi. Dopo aver lavorato con Jay-Z per la colonna sonora de Il grande Gatsby di Baz Luhrmann, collaborato con artisti come Doja Cat e Jay Electronica, ora firma la nuova uscita (prevista per il 20 giugno) di CAM Sugar Spaghetti Western Collection, una raccolta si sporca della polvere del western tutto italiano tra Morricone e psichedelia, cinema e suono.
Venti tracce — da Caterina Caselli a Nico Fidenco, passando per Piero Umiliani e Alessandro Alessandroni — degli inediti, un vinile deluxe, una copertina dipinta a mano da lui stesso. The Spaghetti Western Collection non è una compilation, è un film su vinile strettamente legato alla sua infanzia ed al suo modo di intendere arte: «Volevo qualcosa che non fosse ovvio. Non solo i classici, ma quei pezzi che ti restano impressi anche se non li hai mai sentiti. È tutta musica con un’identità fortissima», spiega.
Ed è vero: niente greatest hits da jukebox. È roba ruvida, storta, che va di lato, ma dritta al cuore, in cui Morricone dialoga con Peter Tevis, le pistole fanno rima con voci femminili e i fiati sembrano usciti da una jam di free-jazz: «Quel suono italiano era rivoluzionario. Surf rock, jazz e qualcosa di mistico: usavano gli strumenti come colori. Tutto era così avanti, ma al contempo incredibilmente pop», prosegue.
Perché per Samuel lo spaghetti western non è nostalgia né feticcio: «Era libertà. E poi anche qualcosa di profondamente nero. In quei film c’era la possibilità per chiunque di essere l’eroe, senza nemmeno accorgersene. Non importava se eri italiano, africano, americano. Davvero no. Quel mondo era anarchico, radicale, senza confini».
E anarchico è anche l’oggetto che ha voluto costruire: un vinile che è anche una piccola opera d’arte. La copertina, dipinta a mano da lui stesso, cita Off the Wall di Michael Jackson ritrando un cowboy. Dentro al boxset invece interviste con Regina King e David Oyelowo, poster originali, partiture d’archivio CAM Sugar. Tutto suona come uscito da una pellicola dimenticata, ma con il groove di oggi: «Ho pensato che ogni elemento dovesse poter parlare lo stesso linguaggio. Come nei film: immagine, suono, ritmo, storia. Tutto deve raccontare la stessa cosa».
Nel frattempo, Samuel continua a scrivere western,, anche quando gli chiediamo di improvvisarne uno che si ispiri a quel mondo lì, oggi. «Un uomo torna dopo quattordici anni. Sua moglie lo credeva morto, ma lui è cambiato: è diventato un killer. Il finale? Lei lo uccide. È una tragedia. Una ballata western in piena regola», dice.
Mentre racconta, sul suo FaceTime irrompe LaKeith Stanfield, rapper, attore e amico di Samuel, che se la ride in diretta lanciandosi in un’ode improvvisata: «Jeymes Samuel è il miglior regista vivente sulla terra. Un uomo brillante e un visionario. Scrivilo, la gente deve saperlo».
Per chiudere il nostro scambio, The Bullitts ci lascia con il ricordo di una delle immagini più potenti del genere, citando Il grande silenzio di Sergio Corbucci: «Mai visto un finale così radicale. Pensi ci sia uno scontro finale, e invece l’eroe muore. Il cattivo se ne va. Niente giustizia, niente rivincita: finisce lì. Nemmeno una scena dopo i titoli. Una mazzata! Io non avevo mai visto niente del genere».
C’è qualcosa di insieme sacro e profano nel modo in cui Samuel attraversa questi mondi. Le bobine perdute di CAM, le mani che dipingono una copertina, le voci del passato che tornano a vivere. È nel western di Sergio Leone che Samuel ha trovato la sua lingua definitiva, e questa raccolta è una dichiarazione d’amore a quel suono, a quell’estetica e a tutto ciò che può ancora raccontare.