‘Il segreto’ di Venerus: fare musica contro il proprio tempo | Rolling Stone Italia
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‘Il segreto’ di Venerus: fare musica contro il proprio tempo

Il nuovo album del musicista di ‘Magica musica’ è stato registrato in presa diretta, senza singoli, senza feat, senza post produzione. «Mi sono ispirato a ‘Get Back’ dei Beatles. È un disco in purezza»

‘Il segreto’ di Venerus: fare musica contro il proprio tempo

Venerus

Foto: Matteo Strocchia e Marco Servina

Sicuramente una parte del Segreto di Venerus è chiusa col lucchetto in un studio di quella che una volta era la periferia nord di Milano, ormai gentrificata, all’ombra delle antenne di una tv locale, di fianco alla ferrovia che porta a Malpensa. Il rumore del treno che fa da sottofondo alle nostra chiacchierata – seduti su un divano, tra strumenti musicali, mixer, dischi, libri, quadri, tappeti e bastoncini d’incenso appena accesi – è lo stesso che potete ascoltare in qualche traccia del suo nuovo bellissimo disco, scritto, suonato e registrato insieme alla band proprio qui, in presa diretta, senza metronomo o successivi edit, come si faceva in molti dischi rock, prog e jazz negli anni ’60 e ’70.

Andrea gira scalzo per quella che per tre settimane, tra gennaio e febbraio di quest’anno è stata la casa-factory dove una piccola comunità, di cui lui è il frontman, ha fatto il disco, chiacchierato, mangiato, bevuto, fumato, ascoltato musica e dipinto: appese qua è là ci sono le tele del suo amico e collaboratore Andrea Cleopatria, che insieme al produttore Filippo Cimatti da più di dieci anni segue il progetto Venerus.

Seduto a gambe incrociate sul divano, Andrea ci racconta in che direzione sta andando questo progetto, la cui strada – nella sua testa – è appena iniziata: «L’idea di fare un disco in questo modo è il frutto dell’esperienza live di questi anni, è suonato proprio come fosse un concerto e per me è stato come esplorare in maniera profonda cosa significhi essere musicista e fare musica in maniera libera e spontanea». Certo, c’era anche l’urgenza di fare un disco da portare di nuovo in tour questa estate, ma «aver la possibilità di avere due momenti molto intesi e limitati nel tempo, uno di scrittura e l’altro di registrazione insieme alla mia band di sempre, ha fatto sì che nascesse un vero e proprio concept album, con brani scelti e arrangiati come se fosse un unico viaggio».

Mi spiega che fino a gennaio c’è stato solo un lavoro “psicologico” di preparazione, poi i testi sono arrivati in poco tempo, grazie al confronto quotidiano con Cimatti, e alla fine in tre giorni insieme alla band, con i pezzi già precedentemente arrangiati, è nato tutto quello che sentirete dal 9 giugno: «Un processo ispirato anche a Get Back, il documentario dei Beatles, che per me e per chi fa musica è una specie di Stele di Rosetta, uno strumento per decodificare come si suona».

Sul comunicato stampa che accompagna questo secondo album di Venerus c’è scritto che è il manifesto di un umanesimo musicale. Forse è il caso di approfondire il discorso: «Nel momento in cui la mia famiglia musicale ed io condividiamo un disco con chi ascolta ci piace prenderci la responsabilità di testimoniare che lo cose possono essere fatte in maniera diversa dal solito: un album per una major nel 2023 dove non c’è un singolo e non è post prodotto, non è la ricetta sicura per il successo, ma per fortuna ci sono persone – come i tipi di Asian Fake – che credono in quello che faccio».

Sicuramente ci sarà stato qualche discografico che gli avrà chiesto di bissare il successo di Magica musica, con dei feat importanti e tante hit per l’estate: «Il Segreto è quello che volevo fare, non sarei riuscito a lavorare in nessun altro modo, è un disco in purezza, come un succo di frutta buona. Non ho più l’ossessione di ascoltare tutto quello che esce, di essere contemporaneo per forza, lo sono in maniera naturale».

Foto: Matteo Strocchia e Marco Servina

Parliamo delle canzoni, mi sembra di capire che un segreto di queste nuove canzoni d’amore sia l’ironia, penso a brani come Il mio cane (il mio pezzo preferito del disco e, mi dice Andrea, anche il suo) o Istruzioni: «Questa volta tutte le canzoni sono partite dalla scrittura dei testi, la musica è arrivata dopo, quindi c’è stata più attenzione, ho elaborato meglio le mie parole, quello che volevo dire e la prospettiva da cui farlo, senza pensare al flow o ad altro».

In studio, sparsi ovunque, ci sono tanti vinili, comprati in viaggio, ai mercatini. Mi mostra due dischi tra i tanti che probabilmente hanno influenzato il suo, Guitarra Fantastica di Sebastião Tapajos e At the Village Gate di Nina Simone. Mentre li cercate, senza trovarli su Spotify, Venerus mi parla delle altre sue ispirazioni: «Su tutti Abbey Road dei Beatles, l’ho sentito in continuazione. Tra gli italiani forse solo Lucio Dalla, e ho studiato Franco Battiato al di là della musica, mi interessa cosa era per lui essere un artista, quando suonava intonarumori con Giusto Pio di fronte alla gente che lo fischiava».

A questo proposito racconto a Venerus l’ultima volta che l’ho visto, un paio di settimane fa, concerto di chiusura di Piano City, gratis, in un bellissimo parco milanese. Avrebbe potuto aizzare la folla con qualche sua hit, ola coi telefonini, karaoke diffuso, successo assicurato, e invece… una suite elettronica quasi esclusivamente strumentale, con incursione di droni ambient come a segnalare a chi non se ne fosse accorto che non era un concerto pop: «Parto dal presupposto che la strada che voglio fare come artista è lunga, quindi bisogna camminare sempre, e non sedersi solo per accontentare il pubblico. Questo non vuol dire fare lo strano a tutti i costi, ma il pubblico ideale si coltiva, non arriva per caso, anche facendogli ascoltare un’ora di improvvisazioni come è successo a Piano City. Al massimo possono rimanerci un po’ male, ma adesso ai concerti nessuno tira più la roba sul palco…». Ti piace quindi, scardinare il sistema o – detto prosaicamente – rompere un po’ il cazzo? «Se non ti esponi mai, non lascerai nessun segno, è fondamentale per me come artista essere imprevedibile, anche a costo di non essere capito. Non ho pezzi come La cura di Battiato, che devo suonare per forza perché tutti lo chiedono. E poi sì, sono un po’ anarchico, mi piace rompere il cazzo, come i KLF, ogni volta che hai un’occasione, penso: prendila!».

Se ne volevate la prova, e non vi è bastato ascoltare i dieci gioielli dello scrigno/album nuovo, ora, dopo questa chiacchierata, ce l’avete: Venerus è un vero artista, e Il Segreto è la semplice e quotidiana magia del vivere cercando di fare bene cose belle.

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