«Il bigottismo è figlio dall’incomprensione»: le drag queen spiegate da Orville Peck e Leland | Rolling Stone Italia
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«Il bigottismo è figlio dall’incomprensione»: le drag queen spiegate da Orville Peck e Leland

Ricordate la trama di ‘Footloose’? In alcuni Stati americani è diventata realtà. Ad essere banditi non sono i balli, ma gli spettacoli delle drag queen in presenza di minori. Questi due artisti l'avevano capito un anno fa

«Il bigottismo è figlio dall’incomprensione»: le drag queen spiegate da Orville Peck e Leland

Orville Peck e Leland

Foto: Matt Winkelmeyer/Getty Images

Leland non poteva immaginare, quando s’è messo a scrivere la musica per WigLoose, riduzione drag queen di Footloose ospitata nella quindicesima stagione di RuPaul’s Drag Race, che la storia della città che mette al bando le drag queen sarebbe diventata realtà. Eppure è successo con le leggi anti-drag approvate in alcuni Stati americani a maggioranza repubblicana.

Per il gran finale di stagione, Leland ha chiamato Orville Peck per cantare Built on Drag. Il pezzo di WigLoose è diventato così una sorta di inno acustico, eseguito col cantante circondato dalle queen. «Non puoi mai sapere che vita avrà una canzone una volta che la butti fuori», dice Leland. «Il mio plauso va alle queen degli Stati in cui è passata quella legge. Mi auguro che sentano l’affetto che proviamo per loro e che sappiano che siamo dalla loro parte».

In quanto a Peck, conosce alla perfezione l’odio riservato ai gay in città come Nashville e in generale nel Sud. È convinto che sia il momento per gli alleati di correre in soccorso di questa forma d’arte: «Sono convinto che chi si dice scioccato lo sia perché vede qualcuno che vive la propria verità senza farsi troppi problemi. Ecco da dove viene molta aggressività nei confronti delle persone transgender: è gente che s’arrabbia quando vede qualcuno che riesce a essere coraggiosamente se stesso».

Orville, perché hai detto sì a Leland?
Orville Peck: Non è stato difficile. Abbiamo lavorato assieme in passato. E c’è una bella comunità di persone LGBTQ che lavorano nell’industria dello spettacolo a Los Angeles. Abbiamo registrato quell’episodio un annetto fa e non potevamo immaginare quanto rilevante sarebbe diventato. Il tempismo è stato pazzesco e la storia di Built on Drag ha lasciato un segno perché è toccante. È rilevante non solo per la comunità drag e trans che è sotto attacco, ma per tutti noi, per chiunque sia emarginato.

Qual è il tuo passaggio preferito del testo?
Leland: Per me è quello dice: “L’amore non cresce nel buio”. Credo rappresenti bene che cosa significa essere una persona messa ai margini o nella condizione di non essere sé stessa.

Orville, il primo drag ban è stato introdotto a Nashville e tu fai musica country. La comunità country riuscirà mai ad accettare le persone queer? E come?

Orville Peck: Essere un uomo apertamente gay nel mondo country è per me un dovere, una chiamata. Devo continuare a diffondere la consapevolezza sul tema. Ho portato in tournée con me una drag queen di Nashville che si esibisce nel bel mezzo del mio spettacolo, si chiama Alexia Noel Paris. Come comunità, sappiamo sempre come unirci e cercare di fare gruppo. Eppure spesso non vediamo gli alleati farsi avanti e parlare per noi e aiutarci. E quindi faccio questo appello: si faccia avanti chi non fa parte della comunità LGBTQIA+, ma magari è fan di Drag Race o della mia musica, oppure ha un amico gay o un fratello trans. Da soli non possiamo farcela.

Da dove vengono quest’odio, questa paura delle drag queen e dei trans? Che cosa si può fare per cambiare le cose?
Leland: Ru ha detto bene che è un’arma di distrazione dai problemi reali su cui i leader politici dovrebbero concentrarsi: l’assistenza sanitaria, la sicurezza nelle scuole, la legislazione sulle armi. Io credo che l’odio derivi anche dall’incomprensione e dalla gente che ti dice che devi vivere la tua vita in un certo modo, che non puoi esplorare, che non puoi essere curioso. C’è una frase in Built on Drag che è poi una citazione di Ru: “Le drag si limitano a rivelare chi sei veramente”. La gente pensa che ci sia una qualche agenda, un qualche piano per imporle, e invece sono solo persone che esistono.

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Tu come la vedi, Orville?
Orville Peck: Credo che buona parte del bigottismo sia figlio dall’incomprensione. Credono di doversi difendere in modo aggressivo da una cosa che non capiscono, quando in realtà, se avessero solo un po’ di curiosità in più, capirebbero l’arte delle drag queen. La mia band e lo staff con cui giro in tour sono tutti etero. Siamo una comunità accogliente per tutti. Non ho mai visto una sola persona essere respinta in un bar gay solo perché è etero. Siamo aperti e accoglienti, vogliamo che tutti siano presenti e si divertano. Accogliamo la curiosità nella nostra piccola comunità.
Leland: Giusto. Mi piange il cuore sapere che qualcuno non è in grado di godersi uno spettacolo di drag, che non la veda come un’opportunità di evasione sopra le righe, divertente, irriverente. Le drag hanno portato così tanta gioia nella mia vita che m’intristisce sapere che qualcuno crede siano pericolose. Sono pura gioia, amore, accettazione, curiosità, divertimento, comicità. Vorrei solo che le persone vedessero le drag con gli occhi con cui le vediamo Orville ed io. È una cosa sacra, speciale, potente, e anche essenziale, assolutamente necessaria. È arte.

Altro da aggiungere?
Leland: Faccio una festa privata di capodanno tutti gli anni a Nashville e ci sono sempre due queen. C’è anche la mia figlioccia, che ha cinque anni. Sarebbe illegale, secondo la legge del Tennessee. Lo Stato vuole dirmi come crescere i miei figli ed è a dir poco inappropriato che lo faccia. Potrei tirare fuori mille cose molto più inappropriate per dei bambini che invece sono accettate nella cultura etero. Le vite delle drag queen sono diventare di per sé un atto di protesta, il lavoro che fanno lo è. Hanno un coraggio che io non avrò mai.

Da Rolling Stone US.

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