I Mogwai non hanno mai smesso di divertirsi | Rolling Stone Italia
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I Mogwai non hanno mai smesso di divertirsi

«Ci conosciamo dai tempi della scuola: insieme abbiamo scritto canzoni, abbiamo condiviso pomeriggi interi nella stessa stanza fantasticando su un futuro che poi, per fortuna, si è avverato.»

Foto di Brian Sweeney

Foto di Brian Sweeney

20 anni, anzi 22 anni di rapporto solido e duraturo all’interno di una band sono tantissimi. Potrebbero tranquillamente equivalere a 40 di matrimonio, tenendo conto che in una band si è molti più di due e quasi sempre non si possono scaricare le tensioni ripiegando sul sesso.

Per Stuart Braithwaite, voce e scintilla scatenante dei post-rocker scozzesi, i compagni oggi sono una via di mezzo fra dei familiari e dei colleghi. Cioè gente con cui dividi tutti gli sforzi di una vita, ma che col tempo si è legata in un rapporto di affetto e amicizia che va ben oltre la band.

Il 28 luglio questa specie di azienda a conduzione familiare si sistemerà per una sera al Parco Ciani di Lugano, ospite del Roam Festival come anche Fennesz, Novo Amor e Slowdive. Chiamo Stuart al telefono un pomeriggio di giugno, e nonostante il poco campo del cellulare riusciamo a chiacchierare per una decina di minuti.

Ammazza, si sente malissimo. Dove ti trovi, Stuart?
Sono in Scozia, a trovare mia mamma a casa sua. Vive in posto che si chiama Clyde Valley, nell’entroterra a mezz’ora da Glasgow. Il tempo è abbastanza grigio, umido. Ma non fa troppo freddo.

Tutto nella norma quindi. Ho visto che avete firmato una nuova colonna sonora, di che si tratta?
È solo un brano in realtà, non una soundtrack intera. Il pezzo si chiama Donuts e il film invece è Kin, uno sci-fi diretto da Jonathan e Josh Baker. Non è proprio il nostro genere di film, ma ci siamo divertiti a farlo. Non vediamo l’ora che la gente possa vederlo.

Quando esce?
Credo a fine agosto. Il nome che abbiamo scelto per il pezzo, Donuts, è legato al fatto che nella scena in questione l’attore guida in tondo in un parcheggio. Da noi una cosa del genere si chiama “fare le ciambelle” [in inglese donuts, ndr].

Sembra che ormai vi siete dati alle colonne sonore, non vi ferma più nessuno.
È vero, ne stiamo facendo sempre di più. Ne stiamo scrivendo un’altra proprio ora. Ma non direi mai che le preferisco agli album. Un disco tuo rimarrà sempre qualcosa di più nobile rispetto ai tuoi servigi per altri. Ma ti dico, se non stessimo firmando colonne sonore probabilmente non staremmo facendo niente di niente a quest’ora.

Ma come? Nemmeno un album?
Ne abbiamo fatti uscire ogni due anni. E l’ultimo è del 2017. Penso sia normale prendersi una pausa, che però non c’è per via delle colonne sonore. L’anno prossimo ci mettiamo sotto a registrarne un altro. Di musica ne abbiamo a tonnellate, ne abbiamo sempre e non smettiamo mai di comporne di nuova. Si tratterebbe solo di registrarla per bene.

Questo pallino dei film ce l’avete sempre avuto in ogni caso. Il nome della band è tratto da un film, se non sbaglio.
Sì, è tratto dal film Gremlins. I film sono sempre stati qualcosa che ci appartiene. Ognuno ha le proprie famiglie con cui guardarli, ma in tour ne guardiamo ancora molti insieme. Preferiamo gli horror, ogni tanto salta fuori anche qualche film di fantascienza.

Che effetto fa stare nella stessa band da più di 20 anni? Li vedi come colleghi o familiari?
Direi entrambi. Sembrerà strano, ma ci divertiamo ancora tantissimo. Ma soprattutto siamo fortunati perché ci sono ancora persone che voglono ascoltare quello che facciamo. Non ci è mai passato per la testa di scioglierci. O meglio, magari gli altri ci avranno pensato, non posso saperlo, ma io no di certo. Ci conosciamo dai tempi della scuola: insieme abbiamo scritto canzoni, abbiamo condiviso pomeriggi interi nella stessa stanza fantasticando su un futuro che poi, per fortuna, si è avverato.

Come funziona l’algoritmo di scrittura brani?
Finora è sempre stato che ognuno se ha una buona idea la porta in sala prove e viene esaminata da tutti. Va da sé che la tecnologia ci corre in aiuto se per esempio uno di noi vive a Berlino, cioè Barry [Burns, ndr]. E in ogni caso, anche noi che viviamo tutti in Scozia siamo tutti belli distanti. Però ci vediamo spesso per scrivere e suonare.

Nessun dubbio che col tempo vi siete calmati molto. Il primo album è caotico, persino distorto.
Vero, con il secondo album ci siamo concentrati su musica più calma. Abbiamo cominciato a scrivere anche parti per sintetizzatori e piano, e le cose gradualmente sono diventate quello che sono oggi. Penso che comunque crescendo è normale lasciare perdere i distorsori prima o poi.

Eravate caotici anche nella vita. Avevate persino stampato delle magliette contro Damon Albarn. Perché?
Tutto ciò che rappresentava, e forse rappresenta tuttora, è la presenza ingombrante del capitalismo nella musica. È sempre stato lo sponsor delle banche [Clint Eastwood dei Gorillaz è tutt’oggi l’inno di una delle banche più grandi al mondo, ndr]. Grandi doti di scrittura ma messe al servizio delle forze del male, soltanto per fare soldi. Non ce l’abbiamo con lui, è solo che all’epoca ci sentivamo di farlo.

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