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I Girlpool e l’arte di lasciarsi il passato alle spalle

Il duo pubblicherà in aprile il suo album più audace, 'Forgiveness'. C'entrano un percorso di transizione, una sbornia gigantesca, i chipmunk in un bidone della spazzatura e la capacità di perdonarsi

Foto: Amalia Irons

Harmony Tividad era inorridita la prima volta che ha tentato di registrare Love333. «Il mio peggior demo di sempre», assicura e accompagna l’affermazione con uno strano verso acuto. «Giuro, sembrava una canzone dei chipmunk suonata in un bidone della spazzatura».

Eppure quel demo costruito armeggiando con Ableton diceva qualcosa ad Avery Tucker, l’altra metà dei Girlpool, e al produttore Yves Rothman. Quando Tividad l’ha suonata alla chitarra acustica s’è capito che doveva diventare un duetto dei Girlpool alla vecchia, tipo Chinatown del 2015.

Love333 e il suo ritornello (“Cercavo qualcosa che somigliasse all’amore”) chiudono Forgiveness, il quarto album del duo di Los Angeles che uscirà il 29 aprile. Il duetto alla Chinatown è un’eccezione. Forgiveness è l’album più sorprendente, aggressivo e audace del gruppo.

Dopo l’uno-due formato dalla botta di Nothing Gives Me Pleasure (frase di apertura: “Mi vuoi davvero se devo chiedere? Dimmelo con gentilezza con le tue dita infilate su per il mio culo”) e dal sound quasi industrial di Lie Love Lullaby, il disco mette insieme elettronica e folk-pop. Dice Tucker che lui e Tividad nel corso delle session hanno parlato di questo equilibrio fra nuovi e vecchi Girlpool «praticamente ogni giorno, per ogni canzone».

«Dovevamo affrontarla questa cosa. È stato un po’ come mettere dei pesi su una bilancia e aggiungere una cosa qui e un’altra là, per misurare con precisione il feeling dell’album».

Tutte le band che hanno fatto un tot di dischi devono fare i conti col proprio sound e con le aspettative derivanti dai primi successi. Nel caso dei Girlpool c’è dell’altro. Tividad e Tucker hanno pubblicato il debutto Before the World Was Big quando avevano rispettivamente 20 e 19 anni, suscitando grandi aspettative per un secondo disco tanto folk-punk quanto il primo. Da allora sono passati sette anni e i due hanno fatto di tutto per allargare i confini del loro sound in modo più o meno riuscito, affrontando nel frattempo cambiamenti personali profondi.

Entrambi si sentono ormai lontani anni luce dalle persone che erano ai tempi di Before the World Was Big. Ed è da questa disconnessione che nasce la tensione creativa che sta alla base della loro collaborazione. Giusto pochi giorni fa Tucker stava controllando che la nuova foto del gruppo fosse stata caricata su Apple Music quand’è partita la riproduzione di alcuni vecchi pezzi dei Girlpool. La sua reazione: «Sembrano filastrocche». Ora in una canzone del nuovo album intitolata See Me Now si chiede se la persona che ama “ha visto le vecchie foto della band”.

«Fa parte della nostra discografia e accettare questa cosa non è facile», dice Tucker, che ha cambiato sesso dopo la pubblicazione di Powerplant del 2017. «La gente mi chiede se ho mai pensato di cancellare la vecchia musica. Perché, sai, mi terrorizza l’idea che mi si definisca in base ad essa. Non è per niente facile onorare il passato e non vergognarsene un po’».

«È frustrante vedere che Before The World Was Big ha lo stesso numero di stream, se non maggiore delle cose nuove», continua Tucker. «Una parte di me pensa: oh no, sono intrappolato nel passato. Ma c’è anche qualcosa da imparare da tutto ciò. Per me, la vecchia musica ha a che vedere anche con la vergogna. È imbarazzante, molto femminile. Ma ci sento anche tanto amore e dolcezza e tenerezza, perché era innocente, i nostri cuori erano aperti e vulnerabili. Eravamo giovani».

A differenza di tanti altri secondi album, Powerplant è stato il frutto di un’esplosione spontanea di creatività, una versione elettrificata e aggiornata del primo album. «È uscito così e basta», ricorda Tucker. «Era coerente, spontaneo, perfetto per noi. Zero tensione. Non è stato difficile».

Anche il terzo disco What Chaos Is Imaginary, più indie e diretto, è venuto fuori da un processo simile, ma col senno di poi i due pensano che con un po’ più di tempo e di cura sarebbe stato migliore. «È come quando nella vita sei nel mezzo del processo di transizione. Ecco, quel disco è stato strano in quel modo lì», commenta Tucker. «La domanda era: troveremo un terreno solido, dopo?».

Il duo l’ha trovato grazie alla collaborazione con Rothman, produttore alt pop che ha collaborato con Sunflower Bean e Yves Tumor, e prendendosi più tempo per scrivere, registrare, ideare.

«Per la prima volta abbiamo pensato a un album come a un’entità», spiega Tividad. «In precedenza, lo facevamo e via, non c’era modo di sperimentare, di spingere le canzoni in una direzione precisa».

Ci sono state battute d’arresto, come quando il cane di Tucker è finito accidentalmente contro un hard drive in studio cancellando tre canzoni, ma il risultato sembra davvero il disco che i Girlpool volevano fare da un sacco di tempo. Forgiveness è bello ampio, con canzoni che vanno dal pop gotico di Country Star (Tucker: «Una storia immaginaria su rimorchiare un cowboy») alla splendida ballata Butterfly Bulletholes fino al singolo Faultiline, che Tividad ha scritto in mezz’ora dopo essersi svegliata con un post sbronza potente.

«Sentivo gravare su di me un peso esistenziale», spiega. «Capivo che il modo in cui stavo trattando il corpo e la mente mi stava distruggendo. La cosa che mi faceva star bene mi stava anche devastando».

Forgiveness è un disco corporeo, radicato nel desiderio e nella carne, nell’assoluzione e nella trasgressione. La parola “sin”, peccato, appare in quattro diverse canzoni tant’è che a un certo punto la band ha preso in considerazione l’idea d’intitolarlo Sin Boy. Alla fine hanno scelto Forgiveness, perdono, perché come dice Tividad «esprime meglio il panorama emotivo che stavamo creando».

L’idea di perdono ha senso anche per Tucker: «Tanto dolore e tanta rabbia vengono dall’incapacità di controllarli o di superarli. L’unica cosa che li può alleviare è il perdono, è metterseli alle spalle».

Secondo Tividad, «è l’unico modo per evitarli ed è l’opposto del concetto di resistenza». Tucker aggiunge un’ultima cosa: «È anche l’unico modo di andare avanti».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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