Hayley Williams: «Per trovare la felicità devi scavare fino al centro della Terra» | Rolling Stone Italia
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Hayley Williams: «Per trovare la felicità devi scavare fino al centro della Terra»


La cantante dei Paramore racconta il primo album solista 'Petals for Armor' dove affrontata finalmente i suoi fantasmi. «Devi accettare l’idea che sotto la superficie delle cose c'è un bel po' di merda pronta a emergere»

Hayley Williams: «Per trovare la felicità devi scavare fino al centro della Terra»

Hayley Williams

Foto: Valerie Chiang per Rolling Stone USA

Nella primavera del 2017, Hayley Williams è andata a vivere da sola per la prima volta in vita sua. All’inizio dell’anno aveva finito di registrare After Laughter, il quinto album in studio dei Paramore, e si era separata dal partner storico Chad Gilbert, chitarrista dei New Found Glory. «Metà di me era attratta dall’idea romantica dell’artista di successo che va a vivere in un piccolo cottage tutta sola con ragni e pipistrelli», dice ridendo di fronte a un tè al Bowery Hotel di New York. «L’altra metà si sentiva sola. Mi vergognavo di me stessa, una donna di 28 anni che non si era mai presa cura di sé».

Williams ha passato metà della vita in uno stato di caos organizzato fatto di tour, registrazioni e di nuovo in tour. Subito dopo il trasloco è tornata a fare concerti con i Paramore, un’altra distrazione prima che il dissesto sentimentale presentasse il conto. «After Laughter mi ha aiutata ad accettare l’idea che sotto la superficie delle cose c’era un bel po’ di merda pronta a emergere e che prima o poi avrei dovuto affrontare i miei problemi. Ma solo dopo la fine del tour, nel tardo 2018, ho capito che ero messa davvero male».

Per Williams, che ora ha 31 anni, aprirsi agli altri non è semplice. È cresciuta al centro dell’attenzione pubblica, di fronte a una fanbase molto appassionata. Suona con i Paramore da quando aveva 15 anni. Ha cominciato un paio d’anni dopo il divorzio della madre e il trasloco dal Mississippi a Franklin, Tennessee. Lì ha incontrato i fratelli Josh e Zac Farro, che diventeranno rispettivamente il chitarrista e il batterista della band. Insieme hanno cavalcato l’ondata della miscela di pop-punk ed emo che a metà degli anni zero è arrivata nel mainstream facendo di Williams la donna più famosa in un mare di maschi con l’eyeliner.

Ora che la band si è presa una piccola pausa, Hayley Williams si è imbarcata nell’impresa più impegnativa e solitaria della sua vita: il primo album solista, Petals for Armor. «È la prima volta che vedo il mio nome stampato ovunque, mette paura», dice a proposito di un cartellone che ha visto a Times Square poco prima dell’intervista. «Non ho un nome di quelli da mettere su un cartellone pubblicitario. E mi sembra anche che i Paramore siano metà, se non di più, della mia identità».

Williams è stata ingaggiata come artista solista dalla Atlantic quand’era adolescente e non aveva ancora pubblicato un album. Mentre i Paramore diventavano famosi, ha fatto da guest vocalist su hit di Zedd (Stay the Night) e B.o.B. (Airplanes). Ma insiste a dire che quella era ancora la Hayley Williams dei Paramore. «Era un modo per promuovere il gruppo».

Petals for Armor è nato in quella casa vuota e forse infestata di Nashville dove si è ritrovata dopo il tour nelle arene di After Laughter. Voleva prendersi un po’ di tempo libero, ma la sua psicologa l’ha incoraggiata a continuare a scrivere. «Mi ripeteva: non giudicare i tuoi sentimenti. È una cosa che effettivamente tendo a fare».

Williams si è ritrovata a scrivere dell’impatto che il divorzio dei suoi genitori ha avuto sulle sue relazioni, delle forme di abuso che le donne della sua famiglia continuano a subire (Simmer) e della casa inquietante che ha imparato ad amare (Cinnamon). A un certo punto si è sentita come nel mezzo di una catarsi dopo una vita di depressione e di errori. «Dovevo tirare fuori quei sentimenti in qualche modo, era l’unico modo per liberarmene».

L’argomento più delicato dell’album è il modo in cui è iniziata la relazione con Gilbert, quando aveva 18 anni e lui era sposato con un’altra donna. «In Dead Horse ammetto di aver contribuito a un tradimento: è così che è nata la relazione più lunga della mia vita. Mi sono sentita in colpa per tutti i miei vent’anni, riuscire ad ammetterlo ha reso la cosa meno spaventosa. Mi sono liberata di quel sentimento. Ascoltando il pezzo potrete conoscermi meglio e decidere se vi piaccio oppure no».

Il senso di colpa le ha anche causato qualche problema di salute. Fa fatica a guardare le foto di quando aveva 18 anni, perché vede «la differenza». Il senso di colpa ha cambiato il modo in cui gestiva l’incredibile programma dei concerti del gruppo e gli altri ragazzi della band avevano eretto un muro già nei primi anni di attività. «Siamo cresciuti insieme», dice cupa. «Abbiamo affrontato tutto insieme. All’improvviso non riuscivo più a parlare con loro. Sapevo che cosa avrebbero detto di me».

All’epoca la band faticava a gestire il successo improvviso del primo singolo Misery Business e dell’album che l’ha seguito, Riot!. «Non andavamo d’accordo», dice. «Eravamo un gruppo di teenager messi su un van o mandati a MTV. La gente pensava che avessimo vinto la lotteria, noi invece eravamo solo stanchi e volevamo riposare. Sono felice di poterlo dire adesso, in quanto adulti siamo in grado di accettare il nostro lato oscuro e le nostre differenze, e siamo diventati amici migliori l’uno dell’altro».

Williams e Gilbert si sono sposati nel 2016, poco prima del loro decimo anniversario. La cantante preferisce parlare solo a grandi linee dell’ex marito, vuole evitare «un sacco di telefonate», ma collega immediatamente il matrimonio con gli effetti del divorzio dei genitori, e di come quell’evento l’abbia «incasinata». Voleva legittimarsi e mettere un cerotto sul tradimento che aveva dato inizio a quella storia. «Volevo disperatamente che funzionasse», dice lentamente. «Ma in realtà sapevo che sposarmi sarebbe stata una decisione terribile per me e per il mio partner».

Lo stress emotivo ha avuto conseguenze fisiche, esattamente come quando aveva 18 anni. Williams ha iniziato ad allontanarsi anche dagli amici. Quando ha registrato Pool, una delle canzoni di After Laughter, il dolore, l’infelicità e la depressione che aveva ignorato sono venuti a galla. Taylor York, uno dei musicisti della band, le aveva dato la musica un anno prima che riuscisse a scrivere il testo.

«Pensavo: “Questa sarà una canzone d’amore. Dimostrerò a tutti che questo è un vero matrimonio e che sono innamorata”», ricorda. Ride del risultato finale, la storia di una donna così determinata a immergersi in qualcosa da finire affogata. «Ho sofferto molto. Non puoi fare la stessa cosa all’infinito e aspettarti che il risultato cambi».

Gran parte di Petals for Armor sembra una continuazione del lavoro che Williams ha iniziato con la band su After Laughter: questa volta, però, con l’aiuto della terapia e di un bel po’ di spazio a disposizione, riesce a esprimere quel dolore e a metterselo alle spalle. Ha strutturato l’album in tre parti e le canzoni si muovono dall’oscurità alla luce dal punto di vista tematico e sonoro. È un pattern che riflette il periodo in cui si è ripresa dopo che tutti i traumi sono apparsi registrando After Laughter.

«Non penso si possano fare cose buone senza affrontare prima quelle terribili», dice. «È come cercare il centro della terra, come pensi di trovarlo senza scavare attraverso il calcare e gli strati di roccia?».

Ora è sorpresa di quanto facilmente riesca a sentirsi felice. «Quando finisci di scavare trovi sempre l’acqua che scorre», dice. «Quando sono arrivata abbastanza in profondità, qualcosa è tornato a sgorgare. Ero sorpresa di trovare, insomma, cose belle. Cose felici».

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