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Grizzly Bear: «Siamo radio friendly?»

Non leggono le critiche e fanno dischi via internet. Ma si sentono sempre fichi

Grizzly Bear: «Siamo radio friendly?»

Foto di Tom Hines

A Berlino c’è un insolito clima tropicale, fa caldissimo e piove, il cielo livido è squarciato da tagli di luce irreali mentre sul ponte di Warschauer si intravede un accenno di arcobaleno. Non potevo desiderare di meglio in termini di psichedelia metereologica per incontrare due Grizzly Bear: Chris Taylor e Daniel Rossen.

L’appuntamento è al Michelberger Hotel, il tempio dell’indie berlinese. Chris e Daniel sono seduti a un tavolone di legno dietro una parata di bottiglie d’acqua frizzante, che mi viene prontamente offerta. Chris mi ringrazia per essere andata fino a Berlino a intervistarli, Daniel annuisce come per autocertificare che sono due persone carine e gentili, non musicisti stronzi che se la tirano. Sono le regole di ingaggio per entrare nella grande famiglia del Michelberger.

Foto di Tom Hines

Oggi non vivete più tutti nello stesso posto e avete cominciato lavorare a Painted Ruins, il vostro nuovo disco (pubblicato il 18 agosto, ndr), mandandovi roba a distanza con SoundCloud o Dropbox; pensate che la tecnologia abbia alterato il concetto di band?
CHRIS: Mi sembra una ficata poter lavorare a distanza, ma il processo è più lento. È più una questione pratica che romantica. A un certo punto è necessario incontrarsi, anche solo per dare una svolta creativa e velocizzare il tutto.

DANIEL: Però non siamo mai stati quel tipo di band che passava le ore a improvvisare, chiusi in una stanzetta. Forse solo il 5 per cento della nostra musica è venuta fuori così.

Se doveste cominciare oggi come band, scegliereste Brooklyn?
CHRIS: Non potremmo permettercelo. Brooklyn è diventata tre volte più cara negli ultimi 10 anni. Al tempo avevamo tutti dei lavoretti malpagati, io lavoravo in un coffee shop, Chris Bear forse era quello che guadagnava di più grazie a un catering. Oggi non potremmo pagarci l’affitto di una stanza con quei soldi.

DANIEL: Non è più un posto per band emergenti: devi avere genitori che ti finanziano, c’è molta meno diversificazione, perché essere spiantati non è più un’opzione.

Fate una musica estremamente complessa, su più livelli, diciamo “psichedelica”. Chi è, secondo voi, qualcuno che usa il vostro stesso linguaggio, anche in un altro ambito artistico?
DANIEL: Ci è sempre piaciuta la musica di Nino Rota e i primi film a colori di Fellini, tipo Giulietta degli spiriti.

CHRIS: O Calvino, ha lo stesso tipo di follia e densità. C’è un nostro pezzo, Adelma, ispirato alle sue Città invisibili.

Quindi se ero francese, tiravate fuori dei nomi francesi?
CHRIS: È vero, sono tutti italiani. Che ne so… voi italiani siete fantastici in queste cose.

È cambiato l’approccio alla complessità rispetto a quando eravate più giovani? Quanto incide la consapevolezza sulla capacità di esaltarsi o di essere naïf?
DANIEL: Credo che biologicamente si utilizzi un’altra parte del cervello. Quando sei giovane è come se fossi costantemente sotto funghetti, tutto sembra nuovo e incredibile. Adesso è come se riuscissi a controllare meglio gli effetti, il che può essere pure più esaltante.

E rispetto alla musica degli altri? Riuscite ad ascoltare qualcosa senza star lì ad atomizzarlo?
CHRIS: Qui potrei attaccarti una pippa infinita sulla bellezza dell’esecuzione, ma te la risparmio. Di sicuro cambiano anche i gusti musicali. Quando ho conosciuto Daniel, al tempo del college, siamo diventati amici perché mi ero intrufolato in camera sua e ho visto i CD che aveva. Mi sentivo un super fico in fatto di gusti musicali, e lui mi è sembrato ancora più fico di me. Cerco di conservare lo stesso entusiasmo, quando mi capita di ascoltare roba che mi piace.

Tra i commenti su YouTube al singolo Morning Sound si dice che sia troppo radio-friendly. La prendete come un’offesa?
CHRIS: Ma erano commenti in italiano?

Ehm, no. Anche in inglese.
CHRIS: Ecco perché evito di leggere i commenti. Comunque capisco cosa intendono. È un pezzo veloce, fluido. È diverso da altre nostre cose. Che devo dirti, magari spaccasse in radio!

E invece le recensioni le leggete? In generale vi capita di leggere riviste musicali?
DANIEL & CHRIS No.

Ottimo…
DANIEL: Senza offesa… Oggi mi sembra che esca troppa roba, non riesco a starci dietro.

Ma non dovrebbe essere proprio questo il senso della critica: darti un orientamento in una marea di uscite?
CHRIS: Sì, ma hai la sensazione che alla fine i dischi di cui si parla siano gli stessi dappertutto, come se esistessero trend più che scoperte personali. Ci siamo passati pure noi.

Presumo non leggiate nemmeno le interviste. Cosa vi interessa sapere di un musicista?
CHRIS: A me piace usare Instagram, è un modo più personale di condividere qualcosa con gli altri, non so… sapere che gusti ha un musicista che seguo, qual è il suo panino preferito.

Davvero ti interessa sapere qual è il panino preferito di qualcuno? E il tuo qual è?
CHRIS: Cazzo, mi sono messo nei guai da solo. Non ce l’ho il panino preferito.

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