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Gaia non è mai stata così bene

Dopo un singolo diventato quasi inaspettatamente numero 1 in radio, torna con un pezzo che di radiofonico ha molte cose ma sicuramente non il titolo, 'Dea saffica'. «Non piaceva a nessuno, ma ormai il pezzo era nato così». Una storia di sorellanza, che nel suo caso passa anche da Elodie, BigMama e Ditonellapiaga

Foto: Asia Consonni

La storia di Gaia Gozzi, in arte solo Gaia, è abbastanza atipica. Nel mondo musicale bulimico in cui siamo immersi, dove alla prima cosa che non funziona si passa all’artista successivo, è riuscita a ritagliarsi il suo spazio. A 18 anni è stata catapultata sul palco di X Factor, è arrivata seconda. Poi le cose non sono andate come credeva. Potremmo dire che non era ancora il momento giusto? Qualche anno dopo il momento giusto arriva: partecipa ad Amici e lo vince. Di nuovo boom. Poi Sanremo, un altro album (Alma, del 2021). Seguono altre canzoni, un po’ da sola e un po’ come ospite di altri artisti. Fino a Tokyo, canzone uscita qualche mese fa e schizzata ai vertici delle classifiche radio per alcune settimane potremmo dire in maniera decisamente inaspettata.

Oggi è tornata per presentarci un brano con un titolo che, siamo sicuri ma ce lo ha confermato pure lei, «ha fatto storcere il naso a tutti», Dea saffica. Vuoi mica che sia un titolo con cui andare in radio? O magari che cantano i fan più piccoli senza conoscerne bene il significato? Partiamo proprio da lì: «Se dovessi spiegarla a qualcuno che non l’ha sentita, direi è un’ode rave al femminile. Il titolo proviene da vari input che mi sono arrivati negli anni, uno è di Ditonellapiaga, che commentando una story su Instagram mi ha scritto: “Amo, quanto sei saffica!” (ride). Ma anche da vari studi verticali che ho fatto sulla storia di Saffo, di Lesbo, tutto l’immaginario dell’isola. Ho scelto anche di raccontare la divinità perché la donna, secondo me, è magica quando è allineata. È la creatrice per eccellenza. Quando è in comunione con la natura e con sé stessa è una divinità». Non solo erotismo quindi, qui si parla di sorellanza, quella che arriva solo «quando fai pace con chi sei, perché una volta che lo fai puoi attrarre tutto quello che vuoi». Diteci subito come si fa.

 

Dai banchi del liceo torniamo comunque a Milano nel 2024. La prova tangibile di questa sorellanza Gaia l’ha sperimentata diverse volte quest’anno. Se non è un mistero che le donne nel nostro Paese fanno fatica a fare musica (ma pure diverse altre cose, ahimè), lei è stata chiamata a collaborare proprio con altre donne su palchi importanti. Elodie prima, che l’ha voluta come opening del suo tour nei palazzetti. BigMama dopo, che l’ha scelta insieme a La Niña e Sissi per fare la loro versione di Lady Marmalade durante la serata delle cover a Sanremo. «Sia Elo che BigMama – parlo di loro due perché sono state le menti dietro a queste scelte – hanno un femminile che è molto più risolto di tante altre persone. Di conseguenza sono serene con loro stesse. Il fatto che Elo nel suo primo tour nei palazzetti mi abbia chiamato, beh, è uno statement. Anche perché noi donne nel live facciamo molta più fatica a vendere. Sul palco però “we slay”, sia chiaro», aggiunge con sguardo fiero. «Il fatto che volesse dividere un momento così con un’altra artista mi fa dire che è serena, in pace con l’artista che è. Non ha avuto paura, e infatti è andata benissimo. Ma questa cosa è possibile solo se lavori su te stesso nel quotidiano. Stessa cosa per Marianna (BigMama). Lei ha avuto quell’idea e l’ha portata a termine. Ha detto: “Voglio fare questo pezzo con loro”. Punto».

La rivalità esiste, maschile, femminile, quello che volete. Ma Gaia ora sembra essere riuscita a togliersela dalla testa. «Quando qualcuno è scortese con te o ti tratta male in realtà sta guardando male sé stesso e i traumi che ha. Proviamo a sorridergli», ci dice mentre è seduta sui divanetti rossi della sua casa discografica. Non dev’essere un ragionamento proprio automatico se fai un lavoro che ti espone, pensate solo ai paragoni che facciamo noi “comuni mortali” (parlando di una Dea, direi che ci sta) ogni volta che apriamo i social. Lei dice che è stata fortunata a capire presto tutto questo perché «parto da un contesto molto femminile, sono stata cresciuta da donne fortissime. Ho sorelle, cugine, tanto femminile attorno. Vengo da una famiglia molto matriarcale, sono stata privilegiata nel comprendere la complessità ma anche il lato magico della donna». Per chi pensa sia diventata una santa, vi diciamo subito che non è così: «Chiaramente anch’io ho i miei momenti di trigger, figli di emozioni che ho formato negli anni vivendo in una società patriarcale che esiste e che mi dà ancora molto da fare. Sono una figlia sana del patriarcato anche io, come direbbe la sorella di Giulia Cecchettin. Cerco però di rispondere a quegli stimoli con ancora più amore. Non sempre riesco… I’m a bitch too. A lot».

Tornando al decisamente meno divino mercato musicale, tutti le avevano sconsigliato di pubblicare un pezzo con quel titolo. «Mi son detta: “Ma perché?”. Ho ascoltato, ho valutato, ma la canzone era già nata con questo titolo. Quindi l’ho portato avanti e basta. Devo rispettare i miei figli». Nel video Gaia nuota insieme ad altre donne, tra invocazioni alla luna e luci di candele, in una sorta di rituale. Un lato che ci teneva a mettere per immagini: «La mia spiritualità è la mia bussola. Provengo da una famiglia che ha sempre prestato attenzione a ciò che non si vede. Diciamo che mia madre, le mie zie e le mie nonne sono sempre state un po’ magiche, con una forte connessione al loro spirituale. Mi hanno abituata ad avere un rapporto personale con me stessa, col mio universo interiore e con quello che ci circonda. Dio per me non è un uomo con la barba bianca, è come se fosse un’energia, una luce interiore che quando è allineata si propaga anche all’esterno e ci connette con tutti. È stata la mia salvezza, un modo per cercare sempre più autonomia».

Una consapevolezza che ora la fa apparire molto rilassata, ma non è sempre stato così. Soprattutto a 18 anni, quando le cose cambiano all’improvviso e inizi a fare un lavoro di cui, in fondo, non sai niente. «Sentivo una forte necessità di affermare la mia voce. Non parlo solo di lavoro, parlo anche nella vita. Stavo caricando tutte le aspettative della mia vita sul lavoro, gli davo troppe responsabilità. La mia affermazione personale arrivava tutta da lì, anche perché in passato avevo sentito di non poter dire la mia, di dovere starmene zitta. Sai, in un paesino le cose sono diverse». Ora che la Dea è tra noi, che c’è dopo? «Sto scrivendo, vediamo che succede. Intanto mi godo il presente, mi ritaglio dei momenti per me per stare bene. In questo meditare è molto utile, se non medito io non esco di casa (ride)!». A questo punto le chiediamo che app usa, se la usa (ce ne sono tantissime per la meditazione). «Ho Calm. Ma io uso tanto anche registrazioni di quando facevo i rituali con gli Asháninka, in Sud America. Mi riascolto quelle, ma utilizzo pure Angel Music su Youtube». Se questo è l’effetto, proveremo pure noi.

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