Flo Morrissey, vent'anni di innocenza dream pop | Rolling Stone Italia
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Flo Morrissey, vent’anni di innocenza dream pop

Ama l'afa di Milano, si veste vintage e faceva i video in super 8 prima di Lana Del Rey. «Questo disco è cresciuto con me, ci lavoro da quando ho quindici anni»

«In famiglia cantano tutti, ma sono l'unica che lo fa per lavoro». E sono in 11 con Flo Morrissey. Fonte: Facebook

«In famiglia cantano tutti, ma sono l'unica che lo fa per lavoro». E sono in 11 con Flo Morrissey. Fonte: Facebook

Che Flo Morrissey – nessuna parentela con quel Morrissey – abbia qualcosa di quasi sovraumano è evidente fin da quando esce dall’ascensore indossando un meraviglioso abito lungo Missoni vintage, fresca come una rosa nonostante la temperatura sfiori i quaranta gradi. Oltre ad essere bellissima e giovanissima (vent’anni appena) è dotata di un talento fuori dal comune, canta, suona e scrive. Ed è pure adorabile: ha una buona parola per tutti (le piace perfino l’afa di Milano, «Che clima splendido da queste parti!») e dichiara che preferisce un weekend a casa con la numerosissima famiglia, di 11 persone lei compresa, a una serata fuori con gli amici. Parentesi invidiosette a parte, però, prima di bollarla come una Candy Candy 2.0 prendetevi il tempo di ascoltare il suo album Tomorrow will be beautiful, uscito un mese fa, e scoprirete che dietro all’immagine spensierata c’è un’artista complessa e piena di sfaccettature, capace di virare dal folk al soul fino ai richiami dream pop con una naturalezza impressionante.

Flo Morrissey - Pages of Gold (Official Video)

È un album davvero maturo per la tua età. Da quanto ci lavoravi?
Da quando avevo quindici anni! Si può dire che questo disco sia cresciuto con me. All’inizio erano solo canzoni sparse, ma verso i diciotto ho messo insieme i pezzi del puzzle.

Quello che colpisce di te sono le atmosfere sofisticate e un po’ retrò…
Ho sempre amato il sound e il look vintage, ma anche cose più contemporanee: sono cresciuta con la musica di Devendra Banhart e delle Cocorosie, e il mio film preferito è Buffalo 66 di Vincent Gallo.

Molti critici però ti associano a Lana Del Rey. Ti dà fastidio il paragone?
No: ha molto talento, quindi è un onore. È buffo, però, perché non è un’artista che ascolto spesso. Probabilmente siamo simili perché ci piacciono le stesse cose. Pensa che a quindici anni avevo fatto anch’io un video in super 8, e quando anni dopo è uscito il suo Videogames ci sono rimasta malissimo!

Hai otto fratelli e sorelle: qualche altro musicista oltre a te?
Cantano tutti, ma sono l’unica che lo fa per lavoro, almeno per ora: a parte il maggiore, che frequenta l’università, tutti gli altri sono più piccoli di me, quindi non sanno ancora cosa vogliono fare da grandi. Magari potrei portarmeli in tour e farli diventare i miei coristi!

Anche perché sei molto legata alla tua famiglia…
Essere parte di una famiglia del genere è davvero di grande ispirazione, è bello essere circondati da così tante persone che ti amano. Adoro vedere crescere i miei fratelli, mi fanno scoprire cose sempre nuove. Il che è un bene, perché ho lasciato la scuola a 17 anni.

Come mai?
Ho sempre saputo di non voler proseguire gli studi. Il mio sogno era la musica: a un certo punto ho capito che quello che stavo imparando a scuola non era poi così utile per il lavoro che volevo fare, così ho mollato. Per fortuna i miei genitori hanno supportato la mia scelta. È stata quella giusta, perché di lì a poco ho firmato il primo contratto discografico.

A proposito di prime volte, tra i tuoi primi concerti importanti c’è stata una piccola (dis)avventura parigina al Les Inrocks Festival…
Ero in città da un mese per imparare il francese: Les Inrocks ha sempre degli ospiti a sorpresa, artisti emergenti che suonano prima dei musicisti più famosi, così mi hanno chiesto se volevo essere una di loro. Avrei dovuto aprire il concerto di Damon Albarn ed ero entusiasta all’idea, senonché i suoi roadie hanno cominciato a montare gli strumenti proprio mentre stavo cantando io: uno di loro, trasportando una cassa, mi ha urtato per sbaglio spingendomi fuori dal palco! È stata una scena molto buffa, anche perché io non sapevo bene cosa fare: ai tempi ero una novellina in fatto di concerti.

Guarda il lato positivo: almeno hai avuto una scusa per conoscere Damon Albarn!
In realtà non sono neanche riuscita a stringergli la mano! Però a Londra viviamo vicini, lo vedo sempre passare sotto casa mia in bici. Ogni volta sono tentata di fermarlo… Prima o poi lo farò! (ride)

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