Flaming Lips: «Il concerto nelle bolle? Si-può-fare!» | Rolling Stone Italia
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Flaming Lips: «Il concerto nelle bolle? Si-può-fare!»

In tempi di pandemia anche le idee folli diventano utili. Wayne Coyne spiega come funzionano gli show nelle bolle di gomma che la band sta sperimentando. «Noi le puliamo, ma voi non pisciateci dentro»

Flaming Lips: «Il concerto nelle bolle? Si-può-fare!»

I Flaming Lips nelle bolle allo show di Jimmy Fallon

Flaming Lips. Foto: NBC/NBCU Photo Bank via Getty Images

Quando s’è capito che il Covid-19 avrebbe causato la cancellazione di tour e concerti, un solo musicista al mondo sembrava preparato alla realtà che andava profilandosi: Wayne Coyne dei Flaming Lips. Il 12 marzo, il cantante ha disegnato e postato su Instagram uno schizzo fatto a mano e diviso in due: sopra un concerto dei Flaming Lips nel 2019 col solo Coyne dentro alla bolla che usa abitualmente nei suoi show; sotto, un concerto dei Flaming Lips nel 2020 con tutti i musicisti e tutti gli spettatori dentro le bolle.

Sette mesi dopo, la band ha trasformato quella vignetta in realtà. Il 12 ottobre i Flaming Lips hanno fatto un concerto di prova al Criterion di Oklahoma City. Scopo: girare un videoclip per Assassins of Youth, dall’ultimo album American Head, e capire se è possibile fare un concerto di fronte a 100 spettatori chiusi dentro a bolle di gomma.

In quel caso il pubblico era formato per lo più da amici e famigliari, molti dei quali avevano già partecipato in giugno a un evento simile, ma più piccolo, per la serie #PlayAtHome del Late Show. Coyne spiega che la prova è andata bene ed è ottimista circa la possibilità di fare veri concerti nelle bolle.

«Ho avuto l’impressione che il pubblico non sia venuto per un concerto tradizionale. Sai, loro vengono, tu suoni e alla fine se ne vanno. Ho avuto l’impressione che ci fosse un grande senso di partecipazione. Ed è così come dovrebbero essere oggi i concerti in America. Se ci si aiuta, assieme ce la si fa. Se le persone invece se ne fregano del prossimo, non ce la faremo».

È stato il Late Show a suggerirgli l’idea che il concerto nelle bolle era fattibile. In quel caso, il pubblico era formato da sole 20 persone. Prima, la band ha fatto le prove dentro le bolle, non solo per capire come ci si sente a suonare là dentro, ma anche perché era un modo per tenere al sicuro i membri del gruppo e le rispettive famiglie. L’hanno poi rifatto al Tonight Show e per la serie Tiny Desk di NPR (senza pubblico). Mentre loro prendevano confidenza con le bolle, il virus non accennava a fermarsi. È stato allora che hanno preso in considerazione l’idea di fare un vero concerto. Hanno trovato un partner nel Criterion, un posto da 3500 persone a Oklahoma City, e assieme hanno studiato le condizioni per farlo in sicurezza.

«Ci siamo detti: prima prendiamoci cura di questa gente, che è la cosa più importante, poi pensiamo a fare un grande show, e ne usciremo tutti vivi e pronti a rifarlo», dice Coyne. «Non volevamo l’ennesima grande festa in cui diffondere il Covid. Quindi, sì, è uno stratagemma, esattamente come lo è indossare i guanti per proteggere le mani. Non ho alcun feticismo per le bolle e per l’idea che la gente veda il concerto da lì dentro. È un modo per proteggersi e allo stesso tempo un simbolo del tempo assurdo in cui viviamo. Il compito dei Flaming Lips è invitarti in un luogo, farti divertire, farti dimenticare i problemi che ci sono là fuori, intrattenerti per un’ora. Se non usassimo le bolle, ti uccideremmo».

 

 
 
 
 
 
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Al Criterion è andata così. In platea sono state sistemate 100 bolle sgonfie, divise in 10 file da 10. Sul marciapiede fuori dal locale, intanto, la gente era in fila, opportunamente distanziata e con addosso le mascherine. Gli spettatori sono statti fatti entrare una fila di 10 alla volta, guidati da inservienti dotati di mascherine, guanti e uniformi per renderli riconoscibili in modo – come dice scherzosamente Coyne – che non li si scambiasse «per hipster con la tendenza a dare ordini».

Quando la gente della stessa fila s’è sistemata, le bolle sono state gonfiate e chiuse. A quel punto le persone hanno potuto togliersi la mascherina ed è stata fatta entrare un’altra fila. Alla fine dello show è stata compiuta l’operazione inversa, fila per fila, con addosso le mascherine.

Per Coyne, l’ingresso e l’uscita dal locale hanno rappresentato la parte più snervante della serata, soprattutto perché Oklahoma City era nel bel mezzo di un’impennata di casi. «Essere coscienti che è roba seria ci ha aiutati. Nessuno è venuto per sbevazzare o togliersi la mascherina. Tutti l’hanno indossata, tutto hanno fatto attenzione».

Il cantante e la band sapevano per esperienza personale che la gente poteva passare senza problemi non più di un’ora dentro la bolla. Non c’è alcun rischio che finisca l’aria e nel peggiore dei casi si sente del gran caldo (una possibile soluzione sarebbe l’arrivo di un membro dello staff che aumenti il circolo dell’aria). Coyne era incuriosito da un fatto: qualcuno avrebbe sentito il bisogno di andare in bagno? Nessuno ha avuto bisogni impellenti, ma c’è un metodo ragionevole e sicuro perché tutti possano uscire dalla bolla e correre alla toilette, assicura Coyne. «Un paio di ragazze dicevano che ci avrebbero pisciato dentro», dice ridendo. «Ho chiesto di non farlo. Vabbè, in ogni caso avremmo dovuto pulirle».

La pulizia è stata fatta con grande scrupolo. Dopo il concerto, ogni bolla è stata lavata con mezzo litro di alcool isopropilico al 70% sparato con un soffiafoglie fino all’evaporazione e poi pulito a mano da una persona in tuta e mascherina. «Può sembrare un’esagerazione, ma quando entro in un bagno pubblico e sento che hanno usato troppa candeggina mi sento bene, non male», spiega Coyne ridendo. «Al limite la gente può dire: noto che avete usato un sacco di corona-killer su queste robe».

 

 
 
 
 
 
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Ora che la prova è stata superata con successo, Coyne e i Flaming Lips stanno pensando a organizzare un vero concerto con tanto di biglietti. Sperano di annunciare gli show dopo le elezioni, all’inizio di dicembre. L’obiettivo è suonare per un pubblico del posto, dando a chi viene da città vicine come Tulsa e Dallas abbastanza tempo per finire la quarantena prima di partire per lo show. Stanno lavorando alla possibilità di avere drink e merchandising serviti dentro la bolla. C’è un ballo anche un sistema audio unico: ogni persona avrebbe una cassa bluetooth personale, una soluzione che garantirebbe una qualità audio superiore a quella di un normale concerto».

«Se ci riusciamo, altra gente seguirà il nostro esempio», assicura Coyne. «Sarebbe bello riuscire a cambiare un po’ le cose, migliorarle. La gente aspetta che la situazione torni alla normalità, ma forse non accadrà. Spero che succeda, che sopravviveremo e smetteremo di ammalarci. Un concerto è un luogo in cui ci si agita, ci si sballa, ci si distrae dallo stress della vita quotidiana. Fuori non lo si può fare. Dentro la bolla sì. Dentro puoi fare quel che ti pare. Tanto ci pensiamo noi a ripulire».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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