Eugene Hütz, live con i Gogol Bordello al Live di Trezzo con Seekers and Finders: "L'Italia ha formato la mia musica" | Rolling Stone Italia
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Eugene Hütz: «In Italia sono diventato un uomo e un musicista»

Il leader dei Gogol Bordello parla del tour della band Gypsy Punk, che sabato sera è al Live di Trezzo sull'Adda, per presentare il nuovo disco "Seekers and Finders". «Suonare dal vivo ci eccita, e in Italia ancora di più. Soprattutto con la nuova formazione».

L’ultima volta era stata a luglio, con tre date in tre giorni tra Pistoia, Collegno e Trento. La prossima sarà sabato 2 dicembre, quando i Gogol Bordello saliranno sul palco del Live di Trezzo sull’Adda, per l’unico concerto italiano del tour mondiale di Seekers and Finders, il disco che nel frattempo è diventato realtà. Il nuovo lavoro è il settimo della colorata e multietnica band, il primo a essere prodotto interamente dal suo frontman Eugene Hütz. Nato in Ucraina 45 anni fa, è famoso, oltre che per il suo ruolo nella band, i suo baffoni e i salti sul palco, per il suoi ruoli al cinema: Alex, l’eccentrico e commuovente accompagnatore di Elijah Wood in Ogni cosa è illuminata, e AK, protagonista di Sacro e profano. Lo raggiungiamo al telefono a Los Angeles, il giorno dopo un concerto.

Siete stati in Italia appena pochi mesi fa. Cosa ti attendi da questa nuova data milanese?
Mi aspetto che, come al solito, venga un pubblico vasto, accomunato dal fatto di conoscere a memoria il libretto di Jesus Christ Superstar. Così lo possiamo recitare tutti quanti assieme.

Mi rassicuri sul fatto che tu stia scherzando, per favore.
Sì, direi di sì. Scherzi a parte, l’Italia è un posto particolarmente eccitante in cui suonare. Per noi è sempre stato così. La gente da voi ha una carica emotiva unica, e ama la musica. Ho sempre trovato una grande risposta dai fan italiani, molto di cuore. Credo che sia una questione genetica: gli italiani sono musicali di natura, in maniera profonda. Se rompi la superficie di ciò che sono i Gogol Bordello, trovi l’anima composita del nostro gruppo. Usiamo la definizione Gypsy Punk, ma la verità è che noi abbiamo un background classico e artigianale. Il suono che produciamo è una sintesi di tutto ciò che siamo, ci rappresenta.

È vero che hai fatto il lavavetri a Roma, in una precedente vita?
Quando ero un emigrante, sono stato un anno, o meglio nove mesi, a Roma. Ero assieme a una ciurma di ragazzi, tutti ucraini, e abbiamo fatto di tutto. Facevo il busker a bordo strada e suonavo in giro, oltre a un sacco di altri lavoretti, tra cui, appunto, lavavo anche i vetri delle auto. Non era la mia vita di tutti i giorni, ma l’ho fatto, come altre cose, per tirare su qualche soldo.

È stato un periodo felice?
Un periodo fantastico, direi, molto avventuroso. Conservo un ricordo meraviglioso di quei giorni: ero perfettamente a fuoco, non avevo ansie, né obiettivi da raggiungere a ogni costo. Avevo 17 anni, e avevo voltato pagina dopo che la mia vita fino a quel momento era stata in Ucraina. Ero felice, stavo in Italia e mi preparavo a partire.

Per dove?
Per l’Australia, il Sud Africa o gli Stati Uniti. Non sapevo ancora bene dove, prima di scegliere New York. In Italia ho studiato molto, per conto mio, ho letto un sacco di libri che sentivo il bisogno di leggere. Avevo molto tempo libero e ho imparato le basi di tutti gli strumenti rock, applicandomi con metodo. Poi sono partito per gli Stati Uniti, con le idee chiare e preparato per entrare in scena. Diciamo che in quegli anni ho costruito da solo la mia personale disciplina di vita.

Dopo tutti questi anni Gypsy Punk è ancora una definizione che vi si addice?
Per noi è come un playground, su cui poi facciamo tutto quello che vogliamo fare. È la cosa per cui, se metti su un nostro disco, capisci subito che siamo noi, sia che il pezzo sia elettrico, oppure acustico, o un patchwork strano. Ma le definizioni non sono importanti, quanto il fatto che, a ogni disco, cerchiamo di delineare un nostro stile e un nostro “mondo di suoni”.


Stavolta quel mondo è definitivamente il tuo, visto che hai prodotto l’album.
Ogni volta registriamo in posti diversi, e con produttori diversi. Questo disco è un’eccezione: volevo portare il nostro suono esattamente dove volevo che andasse, e sono davvero contento del lavoro che è stato fatto.

Quanto inciderà Seekers and Finders sul nuovo tour?
Questo è un tour molto eccitante per noi, perché, appunto, ci arriviamo con un disco nuovo. È sempre bello suonare i pezzi nuovi, e vedere la reazione della gente. Ovviamente il live sarà un mix di brani nuovi e classici, i pezzi senza i quali la gente non ci manderebbe a casa. Inoltre, cosa che mi esalta parecchio, abbiamo una gran sezione fiati con noi, tra cui un corno, il che è da sempre un sogno di questa band. Questo ci permetterà di fare delle melodie molto dinamiche: abbiamo scritto parti apposta per questo strumento, e non vediamo l’ora di suonarle. I fiati vengono tutti dall’ensemble che ci apre il tour, i Lucky Chops. Sono dei fenomeni, i più sofisticati e energici fiati che ho visto da lungo tempo a questa parte.

E che ci dici della tua carriera solista?
Non l’ho mai lanciata.

E perché, visto che se ne è parlato a lungo?
Perché i Gogol Bordello sono la mia casa, e c’è tanto lavoro da fare. Ma è vero che ho molto materiale solista, tante canzoni che aleggiano nell’aria e attendono di eruttare. Il duetto con Regina Spektor in Seekers and Finders è tratto dal mio disco solista, che non ho mai pubblicato. L’ho preso dal disco e messo in quello dei Gogol Bordello all’ultimo minuto. Volevo dare alla gente un assaggio delle altre strade che possiamo prendere, con successo, anzitutto lavorando sulla scrittura delle canzoni con la massima concentrazione.


Torneremo a vederti al cinema?

Da quando non sono più un artista che lotta per emergere, non ho più la necessità di avere ogni anno un ruolo. Questo mi permette di scegliere liberamente cosa fare, e dire serenamente di no a ciò che non mi interessa. Quando invece arriva qualcosa che mi stuzzica per davvero, beh, allora ci penso.

Quindi stai dicendo che hai rifiutato molte proposte…
Diciamo che, dal primo film che ho fatto, sono stato molto richiesto. Ma non rifarei qualcosa che ho già fatto, ed è difficile trovare bei copioni in circolazione. Ancora più difficile se non li cerchi. Come diceva il saggio: è difficile trovare un gatto nero in una stanza buia. Soprattutto se non c’è.

Che tipo di proposta potrebbe farti vacillare?
Sono molto più interessato a scrivere qualcosa di mio, magari un giorno dirigere e recitare assieme. Ho una mente, diciamo così, direttoriale. E non ho interesse al momento a stare davanti a una camera, e dire quello che qualcuno mi dice di dire.

Un’ultima cosa. Come è la situazione nella tua Ucraina? Hai ancora modo di tornare a casa di frequente?
La situazione è molto difficile, è un Paese devastato da tutti i punti di vista. Io ci vado regolarmente, l’ultima volta è stato pochi mesi fa. È importante tenere vivo e saldo il rapporto con la famiglia e gli amici. La Rete permette di tenersi in contatto sempre, ed è quello che faccio, ma stare assieme e guardarsi negli occhi è un’altra cosa. Per questo torno ogni volta che posso.

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