Ema Stokholma: «Voglio sentire ‘Ménage à trois’ sui carri del Gay Pride» | Rolling Stone Italia
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Ema Stokholma: «Voglio sentire ‘Ménage à trois’ sui carri del Gay Pride»

Faccia a faccia con la conduttrice, dj, scrittrice e ora anche cantante: il primo singolo che è come «una divertente lezione di francese», il nuovo libro, il sogno Eurovision e l’amicizia con Andrea Delogu

Ema Stokholma: «Voglio sentire ‘Ménage à trois’ sui carri del Gay Pride»

Ema Stokholma

Foto: Giulia Blasi

Ha passato una vita dietro alla consolle in giro per l’Europa, poi è diventata un volto familiare del piccolo schermo e una voce di Rai Radio2. Ema Stokholma è una tipa che non sta mai ferma: vince Pechino Express, conduce il PrimaFestival, scrive anche un libro in cui si mette a nudo, come è successo con Per il mio bene. Poco più di una settimana fa è uscita con Ménage à trois, il suo primo singolo dance che si candida a essere uno dei tormentoni estivi 2021. La sento al telefono, in una calda, caldissima giornata di giugno.

Ema, Ménage à trois è un pezzo autobiografico?
(ride) Non mi aspettavo questa domanda. Ti rispondo dicendo che il ménage à trois non è per forza qualcosa di fisico, può essere anche una convivenza a tre. Comunque non è autobiografico: io a casa voglio stare da sola.

Il brano fa il verso ai francesismi che usiamo noi italiani.
Esatto. La canzone è nata da Leonardo Carioti che è il mio regista a Back2Back e conosce benissimo i miei gusti, che vanno da Cat Stevens a Gigi d’Agostino, passando per Sabrina Salerno. Mi ha fatto sentire una base, bellissima.

E tu?
Gli ho chiesto cosa ci avrei dovuto fare. E lui mi risponde: «Cantare!». Io? Cantare era un parolone. Ho pensato di fare una lista di parole che, quando le pronuncio, la gente mi guarda e chiede: «Non ci credo, è così che si dice?». Ho fatto una specie di divertente lezione di francese.

Quindi hai accettato subito?
Sì, ho capito che nella vita mi devo lanciare.

Ménage à trois lo definiresti un brano per…?
Sfilare! E per sfilare intendo su un carro: voglio andare ai Gay Pride e sentire il mio pezzo. Ho un bellissimo rapporto con il mondo LGBTQ+, il primo che mi ha accolto quando sono arrivata in Italia.

Racconta un po’…
Ero giovane, avevo 16 anni e facevo la modella. Non avevo mai visto un Gay Pride e il ragazzo che lavorava con me, in agenzia, mi ci ha portato per la prima volta. È lì che ho imparato la parola “orgoglio” e l’ho fatta mia. Mi sono sentita subito accolta.

Il video della canzone, di cui abbiamo il backstage in esclusiva, mi ha ricordato Mama Lover delle Serebro. Citazione voluta?
È un po’ quella roba lì delle ragazze che salgono in macchina e si divertono: cantiamo le canzoni a squarciagola, ci cambiamo le scarpe, i vestiti. È uno spaccato di vita, soprattutto mio e della Delogu, ci siamo girate in macchina l’Italia con i dj set. L’auto era il posto dove passavamo più tempo in assoluto. Mi piaceva rubare l’idea alle Serebro che, a loro volta, l’hanno rubata a tutte le ragazze che ci sono in giro per il mondo.

La Delogu è sempre al tuo fianco.
Passano gli anni e il nostro rapporto diventa sempre più forte. Non so se ci sarà un limite a questa amicizia, non ci vedo il fondo. Per me è una sorella, sento proprio il suo stesso sangue.

E invece gli altri che ci sono nel video, da Michela Giraud a Stefano De Martino, fino a Valerio Lundini? Come li avete scelti?
Sono nostri amici e mi faceva piacere averli con me. Hanno accettato subito di fare questo gioco con noi. È successo esattamente come vedete nel video: siamo andati a prendere Lundini a casa e lo abbiamo portato al lavoro, visto che doveva registrare Una pezza di Lundini. La Giraud e De Martino sono venuti per restare un paio d’ore con noi. Stefano, in particolare, è venuto da Milano e lo siamo andate a prendere in stazione. Visto che non ho la patente ha guidato Andrea.

Ménage à trois si candida a diventare una delle hit dell’estate. Mi fai una tua top 5 dei tormentoni estivi che ami?
Pistolero di Elettra Lamborghini, lei mi fa volare tutti gli anni, poi L’amour toujours di Gigi d’Agostino, la mia Ménage à trois, Kobra di Mahmood e Marea di Madame che mi fa estate, inverno, sushi, pasta al forno, tutto! (ride)

Oltre la musica il tuo libro, Per il mio bene, ha vinto il Premio Bancarella. Cosa ha rappresentato per te e, soprattutto, ne stai scrivendo un altro?
Sì, ne sto scrivendo un altro non autobiografico. Non voglio più parlare di me. L’opera seconda è sempre più difficile, non so se sia così anche per i figli. Ci sto lavorando e credo concluderò questa estate. Con Per il mio bene volevo raccontare cosa succede in alcune case e credo che la gente lo abbia recepito. Era una specie di inchiesta che mi ha messo in prima persona. Non credevo, però, arrivasse un premio. Mi sono sentita riconosciuta del mondo dell’editoria e questo, veramente, non me lo aspettavo.

Cosa mi dici della pandemia? Come l’hai vissuta? Mi ha molto colpito una tua story, su Instagram, al ritorno dal Festival di Sanremo, in cui hai detto «I tempi sono cambiati raga». Come a dirci che la normalità non sarebbe più stata quella di prima.
Quando accade qualcosa sono abituata ad affrontarla e ad adattarmi. Io, personalmente, durante il lockdown ho creato il mio piccolo mondo: ho dipinto quadri più grandi per impiegare più tempo e ho comprato un proiettore per vedere il cinema a casa. Ho cercato di arricchirmi con l’arte, soprattutto degli altri. Uso la parola che due anni fa abbiamo conosciuto tutti grazie a Gianluca Vacchi che se l’era tatuata: “resilienza”. Piuttosto che andare nel pallone preferisco dire: «Ok, le cose stanno andando così». Non mi sentivo comunque sola.

Come mai?
Perché tutti potevamo sentire lo stesso dolore. Ho vissuto problemi ben più grandi nella vita.

A questo proposito: tu hai un registro brillante, ma anche un lato più buio che hai tirato fuori proprio con il libro. Come pensi abbia reagito il pubblico?
Credo bene, da quello che mi hanno scritto in molti. Certo, è come stare nuda, in piazza, davanti a persone che avrebbero potuto giudicarmi. Non lo hanno fatto: mi sono sentita più capita e meno extraterrestre.

Veniamo al tuo ruolo di conduttrice. Back2Back su Radio2 che ritorna e poi su Rai4 farai delle cose…
Rai4 è una rete che mi piace tanto, sono molto aperti e ringrazio Roberta Enni che è una donna fantastica. Ci sarà un programma che riguarda l’ambiente.

Non appena i Måneskin hanno vinto l’Eurovision il popolo del web ti ha messo tra i possibili conduttori insieme a Cattelan.
Alla fine ‘sto francese mi servirà pure a qualcosa (ride). Sarebbe un sogno che non prendo neanche in considerazione. Ringrazio chi mi ha tirata in ballo, ma evito di crederci. Mi rendo conto che prima di me ci sono conduttori che hanno una carriera più grande alle spalle. Ma sono in grado di gestire l’ansia che potrebbe generare l’Eurovision. Certo, se mi chiamassero, cancellerei tutti gli appuntamenti di quel giorno. Vedremo.

L’impressione è che tu non ricerchi il successo, ma che semplicemente le cose ti accadono.
Un po’ è vero. Non cerco la fama, ma voglio fare il mio lavoro e se questo significa incidere una canzone o scrivere un libro, perché no?

Ci sarà qualcosa che ti piacerebbe fare…
Vivere di pittura e avere un atelier a Roma, uno a Parigi e uno a New York. Così poi ti invito.

Ok, grazie. Ma dimmi una cosa: oggi, che persona sei?
Una quasi quarantenne che, guardandosi allo specchio, dice: «Beh, sei stata proprio cazzuta».

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