Ehi Fabri Fibra, questi due cantautori stavano pensando a te | Rolling Stone Italia
Una canzone vera

Ehi Fabri Fibra, questi due cantautori stavano pensando a te

Mobrici e Fulminacci parlano di 'Stavo pensando a te', che hanno de-rappizzato. «È un testo da adulti in un’epoca in cui anche i cinquantenni scrivono canzoni per quindicenni»

Ehi Fabri Fibra, questi due cantautori stavano pensando a te

Mobrici e Fulminacci

Foto: Francesco Levy

In un’epoca di musica mordi e fuggi vedere una canzone che riesce a durare e a raggiungere nuovi ascoltatori a sei anni di distanza dalla pubblicazione è un evento quasi raro che merita attenzione. Specie se il brano in questione è uno dei migliori pezzi italiani dell’era post Spotify, Stavo pensando a te di Fabri Fibra, singolo che nel 2017, assieme alla title track e al tormentone Pamplona con Thegiornalisti, fece da traino all’album Fenomeno, il nono del rapper di Senigallia.

Merito sia della produzione di Big Fish, con quel beat leggero ma contagioso, i synth anni ’80, gli echi battistiani e un ritornello intriso di malinconia che ti entra dentro e non ti molla più, sia del testo di Fibra, qui particolarmente onesto nel ricordare una storia d’amore finita, o forse più di una, infilando tra i versi una riflessione sul conflitto che ogni uomo può provare di fronte all’alternativa tra vita da single e vita di coppia, sulle cazzate che si rischia di combinare a una festa quando si perde il controllo, sul destino che comunque vada ti segna, sula nostalgia che ti stende quando provi a fare il figo e in realtà stai andando a picco.

Ma anche questa non è che una delle tante interpretazioni possibili, lo sanno bene Mobrici e Fulminacci, che proprio di Stavo pensando a te hanno realizzato una cover nel 2019 per il format Notturni di Rockit, cover che in quella stessa versione per piano e chitarra è stata poi scelta per la colonna sonora della serie Netflix Fedeltà e in seguito ripresa in mano, registrata e pubblicata dagli stessi Mobrici e Fulminacci nel 2022 con la produzione di Federico Nardelli e infine diventata la traccia di chiusura del secondo disco solista di Mobrici dopo lo scioglimento dei Canova, il nuovo Gli anni di Cristo, di cui oggi risulta il brano più suonato con quasi 8 milioni di streaming solo su Spotify.

«Se penso che nel mio primo tour, avendo poco repertorio, avevo iniziato a proporla dal vivo più che altro per allungare il concerto, mi sembra incredibile che ora, in questa reinterpretazione a due voci, stia ottenendo tanto riscontro; non ce l’aspettavamo, è diventata una cosa grande», commenta il romano Filippo Uttinacci alias Fulminacci, classe 1997. «Per fortuna ho deciso di inserirla nel mio disco prima che lo facesse lui con il suo, l’ho fregato sul tempo», scherza Mobrici, al secolo Matteo, milanese, classe ’89.

Che cosa vi ha colpito di questa canzone di Fibra?
Fulminacci: Che è il pezzo di un rapper, ma molto cantautorale. Fibra mi piace in generale, ma quando ho sentito Stavo pensando a te ho subito pensato che avrei potuto cimentarmici anch’io che non faccio rap. Ci ho visto un bellissimo punto d’incontro tra due mondi, tant’è che per i live l’avevo riarrangiata alla Amarsi un po’ di Battisti, dato che me la ricordava. La svolta, però, c’è stata quando l’abbiamo pubblicata come contenuto per Rockit e lì a propormi di occuparcene insieme è stato Matteo.
Mobrici: Sì, perché per quel format mi era stato chiesto di suonare un mio brano in acustico con lui, con Fulminacci, però io in quei giorni, oltre a pensare che quella poteva essere un’occasione per far sentire qualcosa di nuovo, avevo in testa Stavo pensando a te, pezzo che aveva colpito anche me per la forza cantautorale. Non sono un appassionato di rap, ma stimo tantissimo Fibra e questa – lo dico senza invidia – è una canzone che avrei voluto scrivere io. Il bello è che la rilettura con Fulminacci è nata un po’ per caso, ma ha poi cominciato a vivere di vita propria, nel senso che secondo me molti la conoscono senza nemmeno sapere né chi sia io, né chi è Filippo. Tra l’altro non avrei mai immaginato di pubblicare una cover.

Perché?
Mobrici: Non amo questo tipo di operazioni, però questa volta è accaduto qualcosa di interessante: dopo la performance per Rockit un sacco di gente mi ha scritto sui social per chiedermi di rendere la cover disponibile sulle piattaforme digitali, di darle una vita più dignitosa, e così… E ora che è nel mio album c’è altra gente che la sta scoprendo adesso: è come se avesse mille vite.
Fulminacci: Mentre noi l’abbiamo in testa da anni.
Mobrici: Che poi mi scrivono «è bellissima, peccato per la parte di Fulminacci, che fa più schifo della tua» (ride).
Fulminacci: Ahahah, giusto così

Di solito con le cover il tentativo è di rendere più commerciali e radiofoniche canzoni che non lo sono, mentre voi avete lavorato di sottrazione, immergendo il pezzo di Fibra in un’atmosfera più intima, carezzevole.
Fulminacci: Sì, volevamo qualcosa di raffinato che facesse risaltare la dignità cantautorale del brano, quindi il primo passo è stato quello di togliere il beat.
Mobrici: L’obiettivo era allontanarci dall’originale, fare qualcosa di diverso, di qui la scelta, quando abbiamo prodotto il singolo, di aggiungere a piano e chitarra la tromba, lasciando intatte le linee melodiche delle voci.

Come mai la tromba?
Mobrici: In quei giorni stavo ascoltando molto Chet Baker, per cui ero immerso in quest’atmosfera notturna, da sigaretta accesa sul posacenere, con il fumo nell’aria. Così con Nardelli ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello aggiungere alla canzone qualcosa che potesse trasmettere quel misto di nostalgia e romanticismo che nell’originale già c’era, ma che in questo modo, oltre che discostandoci dalle sonorità anni ’80, abbiamo moltiplicato. Di fatto la nostra cover è nata così: abbiamo preso Stavo pensando a te di Fibra e l’abbiamo scomposta per poi ricomporla a modo nostro, e il tutto come gioco tra due amici che si mettono a suonare insieme. Il che mi fa dire che quando c’è poco ragionamento dietro alle cose, vengono meglio.
Fulminacci: Verissimo, tendo a dimenticarlo, ma vengono meglio di quando ci pensi tanto.

Del testo cosa vi ha colpiti? L’onestà con cui Fibra descrive certe conflittualità e ambiguità profondamente umane non è da tutti, siamo ben distanti dall’ipocrisia perbenista.
Mobrici: Sono d’accordo, in un’epoca in cui sembra che chi scrive canzoni sia più stupido di chi le ascolta, quello di Stavo pensando a te è un testo importante. Si sposa alla perfezione con la malinconia che scaturisce dall’arrangiamento, ma soprattutto è un testo da adulto, in cui si sente che ciò che si racconta appartiene sul serio alla vita dell’autore. Mentre spesso vedo 50enni proporre brani per 15enni… Che poi questi sono i motivi per cui mi ci sono identificato, nelle parole di Fibra, al punto da decidere di includere la cover mia e di Fulminacci nel mio disco, visto che se Fibra nella sua canzone parla di un mancato concepimento, io pure ne Gli anni di Cristo tocco l’argomento figli, laddove il grande punto interrogativo è se oggi sia giusto portare avanti l’umanità e farli, i figli, oppure no.
Fulminacci: Alla fine è per questo che Fibra è un grande, l’onestà è da sempre un suo tratto e da questo punto di vista lo considero un outsider, perché a differenza di tanti suoi colleghi non cerca nemmeno le parole cool del momento per dire ciò che vuole dire. Basti pensare a come in Stavo pensando a te parla della solitudine, di quei momenti in cui ti ritrovi a dover ammettere che sei solo e allora “che fastidio le lasagne scaldate nel micro”.
Mobrici: Il pubblico non è stupido e lo percepisce, se dietro a una canzone c’è una storia vera. Vale per tutti gli ambiti artistici e culturali, questo, dalla letteratura al cinema alla musica. E sono convinto che per un musicista valga la pena inseguire la veridicità, perché solo quando sono vere, le canzoni riescano a entrare nella vita della gente e magari anche ad aiutare qualcuno a superare delle difficoltà. Io, per esempio, quando ho sentito i versi “quante ragazze, frate, colpo grosso, non bere troppo che diventi un mostro”, sono rimasto colpito da come Fibra sia riuscito a mettere nero su bianco alcune sue sensazioni in totale libertà e nemmeno con un linguaggio poetico, ma in maniera diretta, esprimendosi come ci si esprime nella vita di tutti i giorni. Guarda anche l’incipit, dove dice “che figata andare al mare quando gli altri lavorano”: per una roba del genere sai a quanti puoi stare sul cazzo? E però se ne è fregato.

In tutto ciò un feedback da Fibra lo avete ricevuto?
Fulminacci: Sì, qualcosa ci è arrivato, feedback positivi.
Mobrici: Mi scrisse su Instagram subito dopo la pubblicazione per farci i complimenti. Poi quest’estate sono andato al suo concerto al Carroponte di Sesto San Giovanni, ci siamo salutati e lì è stato davvero carino, mi ha detto che la nostra Stavo pensando a te è più bella della sua. Ora la grande chiusura del cerchio sarebbe cantarla con lui guardandoci negli occhi.
Fulminacci: Ma speriamo!

Nel frattempo vi vedremo insieme sul palco, voi due?
Fulminacci: Io quest’estate avrò una sola data, ma sì, raggiungerò volentieri Matteo.
Mobrici: All’Alcatraz di Milano il prossimo 30 novembre per forza.
Fulminacci: Eccome, se mi inviti corro.

E a parte la vostra, ci sono delle cover che negli anni vi hanno entusiasmati?
Fulminacci: Mmm, non saprei, non sono un grande fan del genere.
Mobrici: Di sicuro merita l’intero album di Morgan dedicato a De André, Non al denaro non all’amore né al cielo: lì Marco aveva fatto un grandissimo lavoro. Poi, sai, le cover mi viene un po’ da accostarle a quelle canzoni da aperitivo o da ostello, quando entri e magari in sottofondo ti ritrovi Imagine in versione samba; e uno si chiede anche perché.
Fulminacci: Come Shape of You di Ed Sheeran in versione bossa nova.
Mobrici: Esatto, quella roba lì.
Fulminacci: A me parlando di rivisitazioni belle viene in mente A mano a mano di Rino Gaetano, canzone che tutti pensano sia sua, ma che in realtà è di Riccardo Cocciante. Così come Hallelujah, che tutti conoscono interpretata da Jeff Buckley, benché sia un pezzo di Leonard Cohen. Sono esempi di cover che hanno avuto maggiore successo delle canzoni originali.

E un’altra canzone che vi piacerebbe coverizzare?
Fulminacci: Abbiamo già rifatto un medley di Niente da capire e Rimmel di De Gregori durante la mia data del 2022 al Fabrique. Ma solo dal vivo, forse si trovano dei reperti, dei video su YouTube.
Mobrici: E confesserò un nostro desiderio… Posso? Lo dico?
Fulminacci: Vai, vai, dillo!
Mobrici: Vogliamo rifare integralmente il disco di De Gregori noto come l’album della pecora. O meglio, prima ci piacerebbe scontrarci in prima serata su Rai 1 su ciò che ci divide, ossia che Filippo preferisce McCartney, mentre io sto con Lennon, il che è fonte di grandi litigate.
Fulminacci: Non vedo l’ora.
Mobrici: E poi sì, coverizzeremo tutto Francesco De Gregori, ossia la pecora, disco del ’74 con dentro delle canzoni incredibili. Io e Fulminacci siamo tra i pochi che lo apprezzano così tanto, quindi non so quando tutto questo accadrà, ma accadrà.

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