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Dylan: «Drogarsi e bere per scrivere canzoni da paura è un mito sorpassato»

Abbandonato il nome Pyrex, il trapper è pronto al cambiamento e pubblica il primo album solista ‘Love Is War’. «Fare un disco con gli stessi argomenti della Dark Polo Gang sarebbe stato triste»

Foto: Mattia Guolo

C’erano una volta Pyrex e la Dark Polo Gang. Oggi è tornato con il suo vero nome – Dylan – e un disco – Love Is War – che se da un lato ha l’esigenza di comunicare un cambiamento, dall’altro traghetta il meglio della trap italiana di culto in territori musicali più freschi e in canzoni d’amore vere e proprie, ma sempre con l’attitudine emo e dark che abbiamo imparato a conoscere negli anni. Perché è giusto voler sperimentare e non aver paura del giudizio degli altri, rischiando. E se il riferimento di questo eclettismo e trasversalità è Drake, la sfida si fa sempre più interessante.

In questo disco espliciti una necessità di cambiamento del tuo percorso sia artistico che personale. Da dove arriva questa esigenza?
Ho utilizzato molto questa parola – cambiamento – anche se forse non è quella giusta, ho semplicemente adattato il mio immaginario a quello che sono oggi e a come mi vedo in futuro: sono più adulto, ho dei principi artistici, non morali, che voglio rispettare e in questo disco li ho tirati fuori, ma erano già dentro di me da prima.

C’è qualche artista che ti ha ispirato in questo cambiamento? Qualcuno di cui hai studiato e ammirato l’evoluzione…
Nei momenti in cui non sono molto sicuro di quello che sto facendo e mi chiedo se sto facendo bene o male, vedo degli esempi da seguire: guardando all’estero vorrei raggiungere la credibilità di Drake nel fare ogni genere di musica, essendo traversale negli immaginari e nei contesti sociali. Lui può fare gangsta rap, pop, reggae, tutto senza snaturarsi, in maniera genuina.

Drake ti ha ispirato anche musicalmente?
Sì, Honestly, Nevermind, quello con la vibe più techno-elettronica. Seguendolo da sempre mi ha influenzato un sacco, è il mio artista preferito e rappresenta la mia idea di musica. Poi mi ci rivedo tanto perché Drake è misto come me, con un genitore nero e uno bianco: essere sia bianco che nero ogni tanto può voler dire non essere nessuno dei due. Drake è sia gangsta che nerd, mi ci rivedo.

Hai un lato nerd?
Tutti i rapper migliori ce l’hanno. Io sono un nerd, come puoi vedere dagli occhiali da vista che indosso (risate): sono un appassionato di fumetti, cinema, manga, giocattoli. Il mio migliore amico è un docente universitario, solo per farti capire in quanti contesti diversi mi piaccia stare.

Nelle tue canzoni questo mondo nerd è nascosto, hai scritto un album di canzoni d’amore con un’attitudine molto street, e con una vena malinconica e scura.
È un percorso che ho iniziato con la DPG, con Cambiare adesso. I brani di Love Is War hanno un mood malinconico ed emo che non sempre dipende dal mio umore in quel momento, scrivo così anche quando sono felice.

Un’altra guerra è l’unico pezzo dove sembra ancora di sentire Pyrex nel rappato, ma su un mood musicale diverso.
Sì, ho lavorato a molti brani trap, anche se è difficile fare delle cose fresche, mai sentite. In questo caso con Sick Luke siamo riusciti a fare una cosa un po’ spaziale, ma innovativa, e mi sono tolto un peso perché avevo fatto una fatica mostruosa a fare un pezzo trap che mi convincesse.

Hai lavorato con molti produttori diversi in Love Is War. Come li hai scelti?
Per quanto riguarda i produttori che non vengono dalla scena rap, volevo sperimentare e capire quanto bene riuscissi a cantare e a non rappare. Se sei un rapper non è facile non rappare, è difficile fare melodie meno ritmate e meno dritte. Per il resto la scelta è stata casuale, di Sick Luke – il mio producer da sempre – c’è solo un brano. Ho provato a esplorare il rapporto con vari producer con cui magari lavorerò in futuro.

Canti di essere stanco della vita da rockstar e di “tutta questa droga” (in Odio stare da solo) rinnegando un po’ l’immaginario della Dark Polo Gang. Non hai avuto paura di perdere qualcuno della tua fan base?
Anche i fan della DGP sono cresciuti nel frattempo e se hanno 28 anni come me magari non vorranno sentire parlare di codeina tutto il tempo… o forse sì? Non lo so. Certo ho sacrificato qualcosa del mio passato per un obiettivo più grande in futuro. Non mi andava di fare un disco con le stesse basi e gli stessi argomenti di un disco della Dark Polo di qualche anno fa, sarebbe stato triste non evolversi e restare ancorati a quello che non si è più. Non ho voluto aver paura di cambiare e di essere giudicato.

Tu l’hai fatto scrivendo molte canzoni d’amore. Da dove arrivano?
Tutti scrivono canzoni d’amore, ma venendo da una prospettiva trap mi sembrava comunque una novità, per me e per chi ascolta. Ero eccitato dall’idea di fare un disco così. Poi ho notato che negli ultimi due mesi sono usciti molti progetti con la parola amore nel titolo, Blanco, Madame, Mecna: sono contento perché ho il disco con in nome più figo, Love Is War spacca di più. Dopo forse ci sarà una saturazione di questo tema e in futuro l’amore non sarà più l’argomento principale.

Nei tuoi prossimi live ci sarà spazio per canzoni del passato con la DPG?
Sì, saranno la parte rock’n’roll.

Sei davvero stanco della vita da rockstar?
Sì, a un certo punto mi toglieva e basta, non mi dava più nulla. Certo ci può stare una serata tra amici ma preferisco ottenere il massimo dalla mia mente e dal mio fisico e quindi tenermi in forma, senza bere, fare tardi o mangiare male. C’è il mito che se bevi e ti droghi scrivi delle canzoni da paura… forse un tempo, ma oggi non è così… Per ora sto facendo il bravo ragazzo.

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