Duran Duran by Morgan feat. Giorgio Moroder | Rolling Stone Italia
Cover Story

Duran Duran by Morgan feat. Giorgio Moroder

I Duran Duran sono tornati. Due canzoni di ‘Future Past’ sono state registrate con Giorgio Moroder. Dopo la fine delle session non si sono più incontrati. Ci abbiamo pensato noi, aggiungendo il più “duraniano” degli artisti italiani: Morgan. Ne è venuta fuori una conversazione libera su musica, amicizia, sensibilità da dj e sulla necessità di vivere nel presente

Foto: Alan Gelati

Allora, la storia è questa: esce un nuovo album dei Duran Duran, Future Past, annunciato da tempo ma che solo ora – per motivi intuibili – è stato completato e vede la luce. Fra gli ospiti di prestigio ce n’è uno che è decisamente più prestigioso di altri: Giorgio Moroder. Moroder è co-autore di due tracce (Beautiful Lies, Tonight United). Soprattutto, è dalla fine delle session di registrazione che Moroder e Simon Le Bon e Nick Rhodes non si vedono e parlano direttamente. Noi li abbiamo fatti incontrare di nuovo. E alla chiacchierata abbiamo aggiunto anche un fan di casa nostra illustre, illustrissimo: Morgan. Il risultato è un po’ una pièce teatrale dove i protagonisti si tolgono completamente l’ingessatura da intervista seria & ufficiale per trasformare il tutto in una chiacchierata fra amici. Con qualche piccolo guizzo di serietà. E un sacco di complimenti reciproci, anche inaspettati. Anche se parte tutto da una rimostranza moroderiana nei confronti di Simon Le Bon.

Giorgio Moroder: Simon, aspetto ancora il tè che mi avevi promesso, eh…

Simon Le Bon: E certo, Giorgio. Però devi mandarmi l’indirizzo preciso, sennò come faccio?

Giorgio: Ma no Simon, stavo scherzando! Ma ti pare…

Simon: Ehm, in effetti mi stavo giusto chiedendo: «Ma poi a Giorgio avevo promesso di mandargli del tè? Non mi pare…».

Giorgio: Scherzavo, scherzavo… Ragazzi, come state?

Simon: Alla grande! Indaffarati da morire ora che il disco sta uscendo, e ti dirò, arriviamo da un periodo infernale in cui non abbiamo mai avuto almeno due giorni di fila di stacco – con la conseguenza che ormai siamo un po’ fusi. Ma va alla grande.

Giorgio: Nemmeno due giorni liberi di fila? Accidenti, poveri. Però ho sentito il mix finale delle due canzoni che abbiamo fatto insieme e posso dirvi ufficialmente che ne vado orgoglioso.

Simon: Ti piacciono davvero? Sul serio?

Giorgio: Tantissimo!

Simon: Non sai quanto ci fa piacere sentirlo, Giorgio! Onorati, credici. Che poi sai, su Beautiful Lies nei cori a un certo punto c’è la voce di mia figlia…

Giorgio: Ma veramente?

Simon: Sì, c’è la voce di Saffron.

Giorgio: Se non ricordo male avevo già riempito di elogi te e Nick per come è gestita la progressione armonica in quel pezzo: è proprio come l’avrei fatta io se avessi lavorato da solo. Invece è una canzone nostra: sia mia che vostra. Ed è pure meglio.

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young. Si ringraziano Wendy Laister & Sharon Cho

(Compare Nick Rhodes)

Nick Rhodes: Giorgio! Che bello vederti! Come stai? (Lo dice in italiano)

Giorgio: Parli anche l’italiano, Nick? Non lo sapevo!

Nick: No no no no no no…

Giorgio: Però la tua compagna è italiana, giusto? Ogni tanto ti parlerà in italiano, no?

Nick: Solo quando mi deve insultare! E lì, credimi, se non capisco è meglio… (Risate)

Giorgio: Sai Nick, se non sbaglio ti ho mandato una mail per dire quanto era bella la progressione di accordi in uno dei due pezzi che abbiamo fatto insieme, e poi però mi sono accorto che mi ero confuso, parlavo di un brano e invece intendevo l’altro, ho invertito i nomi, ora te lo posso dire.

Nick: Ma figurati, non importa. Dai, siamo stati bravi, no? Abbiamo completato le cose decentemente? Non siamo stati così male.

Giorgio: Non siete stati così male? Siete stati bravissimi! Non potete sapere quanto sia felice di aver lavorato con voi. Poi sai, mi avete fatto fare bella figura con chissà quante persone: negli ultimi tempi appena dicevo che avevo lavorato con voi, tutti ad esclamare «Ma davvero, ma come, che fortuna…».

Simon: Sapessi le belle figure che abbiamo raccolto noi a dire che avevamo lavorato con te! Ovviamente, facevamo molto i sostenuti… (Risate)

Giorgio: Credetemi ragazzi: già prima andavo forte, mi facevano un sacco di complimenti, ma ora veramente me la posso tirare da leggenda… (Altre risate)

Simon: Giorgio, ma sei in Italia ora? O sei già rientrato a Los Angeles?

Giorgio: Sto facendo le valigie. Parto martedì.

Simon: Ottimo.

Giorgio: Però accidenti io non vedevo l’ora di tornare a Los Angeles per il tempo, per ritrovare un po’ il caldo, e invece ieri qui c’erano 11 gradi, ma ce n’erano 11 pure a Los Angeles…

Nick: Senza contare che il cibo a Los Angeles è meno buono.

Giorgio: Ma no, dai. Ci sono dei nuovi ristoranti giapponesi che non sono per nulla male.

Simon: Nick, non dire così. Alla fine pure a Los Angeles si mangia bene. O almeno, di sicuro c’è parecchia scelta, più che in Italia.

Nick: Simon, non dimenticare però che è sempre meglio la qualità della quantità.

Giorgio: Scusate, scusate, non volevo che iniziassimo a parlare di cibo; colpa mia che vi ho sviato, scusate…

Simon: Ma va’ Giorgio, la teniamo tutta così l’intervista! Già così è fantastica.

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Poi a breve dovrebbe raggiungerci pure Morgan.

Simon: Vero, vero. Ci fa piacere, conosciamo bene Morgan.

In attesa che faccia capolino, faccio però una domanda io: Giorgio, è più divertente collaborare coi Duran Duran o coi Daft Punk?

Giorgio: Allora…

Simon: Ma questa è una domanda scorrettissima, inaccettabile! (Risate)

Beh, dipende da come sarà la risposta, no?

Giorgio: In fondo, tutto quello che ho fatto coi Daft Punk è stato sedermi assieme a loro ed iniziare un po’ a raccontargli la mia vita. Loro hanno registrato, e poi uno dei due mi ha detto: «Giorgio, ti secca se ci mettiamo come accompagnamento un po’ di musica?». E io: «No, no, per carità, fate pure». Però ecco, in tutto saranno state due ore che siamo stati assieme, e stop. Coi Duran, invece… Ragazzi, quante volte ci siamo visti alla fine?

Nick: Quattro giorni in tutto, Giorgio, divisi in due session. Poi sì, in realtà ci eravamo incontrati anche prima, per parlare un po’ di cosa potevamo fare assieme. A me sarebbe piaciuto anche passare più tempo con te in studio, ma il problema è che sei dannatamente veloce a lavorare, chiudi tutto in un attimo e lo fai in modo perfetto, una cosa assurda.

Giorgio: Con voi è stato bellissimo perché è stata una collaborazione vera, basata sulla musica. Ai Daft ho giusto parlato un po’ della mia vita, nient’altro.

Simon: Però guarda che tutti noi Duran amiamo quel pezzo, Giorgio. È bellissimo sentirti parlare. Bravi i Daft Punk ad aver avuto quel tipo di intuizione, a farti fare quella cosa…

Giorgio: Bene, bene, mi fa piacere. Comunque mi sono divertito a farlo, quel pezzo, a finire dentro quel disco in quella maniera così particolare. Ma con voi… con voi è stato diverso, è stato molto di più! Ecco: una cosa che mi particolarmente colpito di voi è che andate tanto, tanto d’accordo. Io nei miei Musicland Studios a Monaco ho ospitato un sacco di band importanti, gente come Rolling Stones, Led Zeppelin, Elton John; c’era sempre un’atmosfera di tensione e in qualche caso direi proprio di odio, fra le persone presenti. Voi, no. Tranquillissimi. Vi volete proprio bene. O non so, forse ero io a tranquilizzarvi?

Simon: Per educazione ci comportavamo bene davanti a te, Giorgio! Era il minimo! (Risate)

Giorgio: Ah, ecco!

Simon: No, la verità è che noi andiamo d’accordo per davvero: siamo amici. Sì. Lo siamo davvero. D’altro canto, se devi fare una cosa per quarant’anni di fila quanto sarebbe duro farla con qualcuno che, in fondo, non ti piace granché? Invece, ci vogliamo bene.

Nick: Giorgio, tu che sei saggio lo confermerai: gli amici vanno scelti con cura. Così durano nel tempo. Così abbiamo fatto.

Giorgio: Sono tanto felice per voi… E ora? Ora andrete in tour, vero?

Simon: Beh, se ce lo faranno fare, se ci sono le condizioni per farlo. Un paio di date le abbiamo già fatte…

Giorgio: E poi avete fatto anche quel video, no? Una cosa strana, giusto?

Simon: Parli del video di Invisibile, quello fatto tramite l’AI, l’intelligenza artificiale?

Giorgio: Non mi ricordo il titolo…

Nick: Sì, credo che ti riferisci proprio a Invisible. Non è una delle tracce che abbiamo fatto assieme noi e te ma non ti preoccupare, stiamo lavorando per fare sì che anche le tracce “tue” abbiano un video.

Giorgio: Davvero? Fantastico!

Nick: Per quanto riguarda il video di Invisible, è stato appunto fatto quasi completamente da una macchina che funziona attraverso le modalità dell’intelligenza artificiale, e che si chiama Huxley. Suona un po’ da fantascienza: un video creato non da esseri umani, ma da una macchina.

Giorgio: Come avete fatto di preciso?

Nick: Abbiamo inserito dentro Huxley un po’ di informazioni su di noi: foto nostre, dei nostri video, eccetera. Huxley ha preso le misure delle nostre facce, delle nostre espressioni, del nostro modo di muoversi, e partendo da questo ha creato delle repliche virtuali di noi stessi. Le immagini generate in questo modo sono state poi selezionate e montate – qui l’unico intervento umano – da un editor. Però è stato un processo molto lungo ed interessante: l’intervento computazionale di Huxley era così accurato che al giorno produceva non di più di 20, 30 immagini. Tra l’altro si tratta di una macchina che è stata programmata da un team di neuroscienziati che, per progettarne i circuiti e i modelli di funzionamento, si sono ispirati alla parte dell’emisfero cerebrale più “creativa”, quella dedicata ai sogni e ai pensieri più astratti.

Giorgio: Vederlo è stato incredibile. Eravate voi, ma non eravate voi.

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Ehi, nel frattempo ci ha raggiunto anche Morgan.

Simon e Nick: Ciao Morgan!

Giorgio: Ciao Marco!

Morgan: Ciao a tutti, come va? Sono davvero tanto felice di vedervi, proprio tanto.

Giorgio: Marco, ma che diavolo di colore di capelli ti sei fatto? Aspetta che ti faccio una foto…

(Simon scoppia a ridere)

Morgan: È l’intelligenza artificiale ad avermeli fatti così, Giorgio.

Giorgio: Simon, Nick, lo sapete che Marco è uno dei tipi più pazzi che esistano in Italia?

Simon: Lo sappiamo Giorgio, lo sappiamo. Sappiamo tuuuutto di Morgan…

Morgan: Stavate parlando del video di Invisible, giusto?

Nick: Esatto.

Morgan: È pazzesco. È fantastico, meraviglioso. Ed è anche inquietante, perché vedendovi lì sembrava quasi che foste lì davvero, ma che vi avessero al tempo stesso svuotato l’anima. Credetemi: inquietante. Un’idea distopica di futuro. Ecco, cosa significa Future Past, che è il titolo dell’album?

Simon: Il concetto è spiegato bene nel testo della title track. Il punto è: ogni momento che vivrai nel futuro a un certo punto comunque diventerà, nella tua vita, parte del tuo passato. In pratica: in ogni singolo momento della tua vita stai creando dei futuri “passati”. Pensaci: quando ti guardi indietro, quando ti dai un po’ ai ricordi, quante volte ti capita di dire «Oh, ricordi? Quella sì che era una figata…»? Tante, vero? Ma la verità è che quei momenti lì, mentre li stavi vivendo, non li percepivi come una figata, eri troppo occupato a viverli, non riuscivi a contestualizzarli. È solo in un secondo momento che ti rendi conto di quanto interessanti, belli, intensi o stimolanti fossero. E allora, la questione è che dobbiamo imparare a goderci un po’ di più il presente prima che diventi passato. Ecco. Per dire: io sono convinto che fra cinque anni ripenseremo a questi momenti qui e ci diremo: «Ma ti ricordi che bello quando ci siamo ritrovati con Giorgio e Morgan a parlare su Zoom?».

Quello che mi piace è il fatto che sia un messaggio che spinge a vivere più intensamente il presente, non è che spinge sul concetto di nostalgia.

Nick: Esattamente. E tra l’altro questa è una delle cose che abbiamo apprezzato più di Giorgio: tutti noi amiamo smodatamente il suo passato, chiaro, ma ciò che ci ha arricchito è stato il suo presente, la maniera in cui lavora adesso. Fin dal primo momento in cui abbiamo iniziato a lavorare con lui la percezione comune è che si stesse lavorando non per celebrare il passato, ma per creare qualcosa che vivesse bene nel qui & ora. Credo che il risultato finale sia una bella fusione tra il nostro mondo musicale e quello di Giorgio; ma con uno sguardo rivolto al presente, non al passato.

Morgan: Ecco, come mai ci avete messo così tanto tempo a fare qualcosa assieme?

Simon: Fai bene a chiederlo, Morgan. In realtà sono tantissimi anni che questa idea ci gira per la testa, ma solo ora si sono avverate le possibilità pratiche e logistiche per farlo.

Nick: Sai qual è la cosa più divertente, tanto per farti capire quanto Giorgio è nel nostro mondo? Il primo, primissimo concerto dei Duran Duran con Simon alla voce, in un club di Birmingham, lo avevamo aperto con una cover di I Feel Love, il capolavoro che Giorgio ha creato assieme a Donna Summer.

Simon: Vero, vero.

Nick: Le prime note dal vivo dei Duran Duran così come sono diventati conosciuti in tutto il mondo sono state una reinterpretazione di qualcosa creato da Giorgio Moroder. Se non è significativo questo…

Morgan: Vorrei però chiedervi: quando avete lavorato assieme, quanto avete dato spazio all’istinto e quanto invece avete teorizzato i rispettivi ruoli e competenze?

Simon: Io credo che quelle con Giorgio siano state le session di studio più produttive che abbia mai fatto nella mia vita, punto. Come diceva prima Nick: Giorgio è incredibile. Arriva, apre il computer, attiva i plug in – ed è pronto a lavorare. Subito. Niente chiacchiere, niente di niente: con lui si inizia direttamente con la musica. E in qualche modo e per qualche motivo, le idee “giuste” vengono fuori subito, in un modo molto naturale, spontaneo e soprattutto immediato. Io pensavo a una linea vocale, Nick a un giro di tastiere, John faceva qualcosa col basso, Giorgio legava tutto con le sue idee e… funzionava tutto. C’era un continuo scambio di energia reciproca. Scambio che tuttavia non aveva minimamente bisogno di essere nutrito parlandosi, o discutendo: c’era e anzi cresceva proprio da solo, senza aiuti, senza incoraggiamenti, passo dopo passo.

Giorgio: Ero molto ispirato, vero. Ma erano loro ad ispirarmi! Ti ricordi Nick quando in una delle due canzoni ti ho visto aggiungere un accordo, ed era un accordo pieno di tasti neri? Io mi dicevo: «Ma come fa a fare un accordo con così tanti tasti neri, e a farlo suonare così bene?».

Nick: Ho imparato ascoltando Stevie Wonder, anche lui lo fa tanto!

Giorgio: È fantastico.

Nick: Giorgio, ora credo ti sia chiaro: per noi è sempre stato un sogno poter lavorare con te. Tra l’altro, una cosa che forse non ti immagineresti è che una delle nostre prime, fortissime ispirazioni è stato l’album che facesti con gli Sparks…

Giorgio: Ah, sì, ricordo bene quel disco.

Nick: Amo quell’album, lo amo così tanto. Quando avevo 18 anni e facevo regolarmente il dj, nei miei set c’erano sempre delle canzoni prese da quel disco. Sempre. Il fatto poi di usare i sequencer con un determinato tipo di armonie, e di combinare batteria suonata dal vivo e drum machine… wow. Non puoi capire quanto questa cosa ci abbia ispirato. Il nostro suono, il suono dei Duran Duran, è nato anche grazie a un disco come quello.

Simon: Verissimo, accidenti.

Giorgio: Tra l’altro un brano preso da quell’album lì, Beat The Clock, funziona ancora bene sulla pista. L’ho suonato mi ricordo tre anni fa…

Nick: Quando hai fatto da dj a quella serata allo Chateau Marmont, a Los Angeles. È da quella serata che in realtà è nato tutto. Nefer, la mia compagna, aveva amici in comune con te Giorgio e tua moglie e, insomma, ci siamo ritrovati a pranzo assieme, prima della serata. Parlammo un sacco. E capimmo subito che dovevamo lavorare insieme! Senza contare, Giorgio, che ti eri già ritrovato a suonare assieme alla figlia di Simon, Amber, che fa la dj.

Giorgio: Vero, vero! È una ragazza davvero affascinante, lei. Non mi ricordo bene dove fossimo, ma senz’altro mi ricordo di lei.

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Morgan: Giorgio, ti posso chiedere una cosa: ma a te i Duran Duran piacevano?

Giorgio: Ho amato tantissimo i loro primi dischi. Proprio tanto. Hungry Like The Wolf, che pezzo… E poi quei video sulla barca: ne avete fatto più d’uno così, sbaglio?

Simon: Sì.

Giorgio: Erano cose che mi piacevano tanto. Poi, negli anni ’90, li ho persi un po’ di vista. Ma non è colpa loro, ero io che avevo deciso di prendere la vita con più tranquillità, mi ero praticamente ritirato dalle scene e non seguivo più quasi nulla. Poi c’hanno pensato altri a ripescarmi…

Simon: Ma Giorgio, ma cosa dici! Tu sei una leggenda. Tu non hai bisogno di essere “ripescato”, dai…

Chi o cosa ti ha ripescato, Giorgio?

Giorgio: Stavo facendo tranquillamente delle mie cose, quando un giorno è arrivata questa chiamata dai Daft Punk: volevano coinvolgermi nella colonna sonora di un film, Tron. Alle fine però per vari motivi non se ne fece nulla. Thomas tuttavia mi disse: «Dai, però facciamo qualcosa assieme, ti prego». Io ero fermo da 15 anni, non sapevo come prendere questa richiesta. Però alle fine è nato quello che sapete, quello di cui parlavamo già prima, ed è tutto ripartito all’improvviso: mi sono reinventato come dj, ho fatto un disco… Sono tornato nel giro, insomma. E ora i Duran Duran mi hanno dato un’altra spinta.

Simon: Noi abbiamo dato una spinta a te, Giorgio? Ma stai scherzando? Fatemi dire una cosa: quando Moroder entra in uno studio di registrazione, lui è il capo. Punto. Mi spiego con un esempio molto preciso, così è più chiaro. In una delle nostre session fatte assieme, io stavo incidendo dei cori; arriva Giorgio e fa: «No no no no, così no». E io: «Cosa c’è, Giorgio? Qual è il problema?». Lui: «Non puoi fare un intervallo di terza maggiore sopra una tonalità in minore. Non è possibile. Non si fa”. “Ma Giorgio, ho costruito un’intera carriera facendo degli intervalli di terza maggiore sopra accordi in minore!”. “Non mi interessa. Finché io sono qua in studio, non si fa”. Ho provato a replicare ulteriormente, ma mi è morta la frase in bocca… Abbiamo fatto come ha deciso lui.

Giorgio: Effettivamente è andata abbastanza così… (ride)

Nick: Giorgio, abbiamo da finire il terzo pezzo, quello che non è finito nell’album.

Giorgio: Sì, ma dobbiamo costruirci sopra una melodia.

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Fermi lì: volete dirmi che ci sono dei pezzi vostri che non sono finiti nel disco? Quanti brani avete preparato? Future Past è già lungo e corposo così com’è, non pensavo ci fosse altro materiale lasciato fuori…

Nick: C’era anche un terzo brano fatto con Giorgio in quei quattro giorni di session, ma non c’è stato il tempo di rifinirlo. Però io e Simon lo abbiamo riascoltato qualche giorno fa e ci siamo detti «No, questa cosa non può andare persa, dobbiamo tornare a lavorarci sopra». Ti va, Giorgio?

Giorgio: Ma certamente.

Nick: Fino a quando resti a Los Angeles?

Giorgio: Fino a metà febbraio.

Nick: Allora mi sa che ce la facciamo.

Giorgio: Marco, sai, ho sentito la versione dal vivo di uno dei brani che ho fatto con i ragazzi e c’è una parte di basso veramente bellissima, ti farebbe impazzire…

Morgan: Ma tutte le bassline di questo disco nuovo sono bellissime!

Giorgio: E anche il mixing, è fatto meravigliosamente bene.

Nick: Il mix lo abbiamo affidato a Spike Stent, abbiamo già lavorato con lui ed è veramente un drago.

Morgan: Però la cosa incredibile è che c’è proprio un “suono Duran Duran”, che riconosci subito. Ma proprio subito – questione di secondi. Quello che trovo interessante è che sia un suono che riesce ad essere antico e moderno al tempo stesso. È lo stesso che succedeva a Bach, quando era in vita: dai suoi contemporanei, con tutte quelle note che usava, da un lato era considerato un po’ antico nell’impostazione ma dall’altro, per tutta una serie di soluzioni, molto moderno. Tornando a voi Duran Duran: ieri stavo ascoltando Future Past con dei ragazzi molto giovani accanto e il loro commento è stato «Ehi, ma questi suonano freschi. Sono tipo ventenni o trentenni, no?». Sì, questo album sembra un disco fatto da ventenni, davvero.

Simon: Sarà l’influenza di Giorgio…

Giorgio: Ecco, è sempre colpa mia! (Risate) …ma sapete cosa? Abbiamo parlato troppo di me. Io ora vi saluto e vi lascio. Tanto con Marco e Rolling Stone siete in buona compagnia. Parlate un po’ più del disco, che lo merita, e non solo delle cose che ho fatto io. Vado a lavorare, un saluto a tutti!

(Giorgio Moroder si scollega)

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Morgan: È incredibile quell’uomo, lavora sempre.

Nick e Simon, nell’arco di questa conversazione è affiorato in un paio di occasioni l’argomento dj. Una delle altre figure cruciali di Future Past è Erol Alkan, co-produttore di molte tracce, che è prima di tutto un dj techno e house di valore internazionale già da un sacco di anni. Qual è il vostro rapporto con la club culture? Ve lo chiedo perché quando avete iniziato a suonare cose come techno, house e club culture manco esistevano, eppure in qualche modo il mondo del dancefloor sfiora le vostre traiettorie, magari non per caso.

Simon: Questa è una domanda assolutamente brillante ed interessante ma, al tempo stesso, credo che parta da un presupposto troppo concettualizzante. Per noi le cose sono molto più semplici, molto più istintive e viscerali. Una cosa la posso dire: noi come band abbiamo sempre voluto fare musica che rendesse le persone felici, e danzare è uno dei modi più sinceri ed immediati per immergersi nella felicità. Nick poi come ci dicevamo prima ha un passato da dj, ha sempre avuto famigliarità con le dinamiche da dancefloor fin da giovanissimo. Lui è fondamentale per il groove dei Duran Duran.

Nick: Però quando facevo da dj avevo molto spesso l’ultimo slot, e nella parte finale del set il mio compito era svuotare la pista e far andare tutti a casa, non il contrario. Avevo in questo caso un’arma segreta.

Quale?

Nick: La cover di Alabama Song fatta da Bowie.

Morgan: Brecht! Kurt Weill! L’originale è loro, ed è musica pazzesca.

Nick: Nella versione di Bowie quella canzone ha un ritmo che è assolutamente imballabile. Eppure, ricordo ancora adesso che c’era un tizio che non mollava mai: io la mettevo, era impossibile ballarla, la pista si svuotava, ma lui nulla, imperterrito. Quando vorrei avere un video di quelle serate e soprattutto di lui da solo a centro pista…

Simon: Sarebbe fantastico!

Nick: Ma tornando a noi, concordo con Simon: avere una sensibilità da dj è molto importante. Non è solo questione di saper costruire un ritmo incalzante, è molto altro: l’accostamento fra canzoni, le dinamiche tra una traccia e l’altra, i cambi di tonalità… questo. Ti faccio un esempio concreto: io e Simon siamo semplicemente maniacali quando si tratta di decidere la set list di un album, maniacali. Abbiamo ad esempio una regola fissa: mai accostare canzoni che abbiano la stessa tonalità, questo perché uno scostamento di tonalità tra un brano e l’altro provoca sempre un piccolo sussulto, anche inconscio, nell’attenzione e nelle emozioni dell’ascoltatore.

Simon: Esattamente. E ti assicuro che noi Duran Duran siamo incredibilmente attenti a non perdere nemmeno un’occasione per toccare corde emozionali in chi ci ascolta: nulla deve andare perso, per raggiungere questo obiettivo. Nulla.

Morgan: Ecco, se si sta parlando di ballo, lo sapete che sto facendo Ballando con le stelle, lo show televisivo, avete presente?

Simon: Veramente? Grande!

(Morgan allarga l’inquadratura della sua telecamera, ed accanto a lui appare Alessandra Tripoli)

Morgan: Ecco, lei è la mia maestra, è bravissima!

Simon: Io vorrei avere te come maestro, Morgan…

Morgan: E nella prima puntata abbiamo vinto noi!

Simon: Oh, complimenti!

Morgan: Ora infatti vi dobbiamo salutare, dobbiamo buttarci nelle prove…

(Simon e Nick salutano Morgan, che abbandona la conversazione)

Foto: Alan Gelati. Stylist: Jeffery Bryant. Make Up: Carol Morley @ Carol Hayes Management (using Armani Beauty). Hair: Cristiano Basciu @ Richard Ward Hair. Digital Operator: Vlady Vala. Photo assistant: Stephen Young

Nick, Simon, domanda finale, visto che ormai è quasi un’ora che siamo qua e stiamo sforando tutti i tempi: dopo tutti questi anni e tutte le esperienze che avete passato, sentite di avere ancora cose da conoscere e da imparare?

Simon: Assolutamente sì. E davvero, non è solo questione di musica. È questione proprio di vita. Quando pensi di non avere più nulla da imparare è lì che diventi spento, scostante, poco ricettivo. Questo significa solo una cosa: essere diventati vecchi. Non è il caso nostro.

Nick: Sai, anche parlando solo di musica: la musica è gioia, è un’emozione, un messaggio, è una spinta a muoversi, a ballare, a ridere, anche ad elaborare delle sensazioni tristi o spiacevoli. E poi c’è sempre da imparare: a lavorare a fianco a Moroder, ad esempio, capisci perché lui è il vero padre della musica dance contemporanea, standogli al fianco impari una quantità incredibile di cose. Così come ne abbiamo imparate da Erol e da tutte le persone che hanno contribuito a Future Past. E non solo: continuo ancora ad imparare cose da Simon.

Simon: E io da te.

Nick: Siamo curiosi, ecco. Le persone devono restare curiose. Perché senza curiosità il futuro davanti a te non può che essere grigio, spento: non fa per noi. Noi, non siamo così. No. E se siamo fortunati non lo saremo mai.

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