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Dua Lipa non ha tempo da perdere

Dal Kosovo al miliardo di views, la popstar classe '95 è piena di ambizioni e sogni. e tra Taylor Swift e Kanye sceglie il secondo.
Foto di Bryan Derballa

Foto di Bryan Derballa

La crew del Saturday Night Live sta prendendo a martellate un green screen allo Studio 8H, quando Dua Lipa entra in scena in un lungo vestito nero e si siede su un pianoforte a coda, lasciando ciondolare le gambe come se fosse il finale di un pezzo da varietà. È l’inizio di febbraio e tra due giorni Dua Lipa sarà l’ospite musicale del programma. Ha ragione a sentirsi sicura di sé: ha 22 anni, arriva da Londra e l’anno scorso è stata l’artista con più stream in Uk. Tra i suoi fan ci sono Chris Martin dei Coldplay e Bruno Mars, e il suo singolo New Rules ha superato il miliardo di views su YouTube.

Inizia a cantare Homesick, una ballata che ha scritto con Martin, decisamente la canzone più complessa del suo catalogo: una vetrina per la sua voce calda e fumosa, mentre la maggior parte dei suoi pezzi sono sfacciati e allegri. Il piano di Lipa è quello di restare sul piano, immobile, per tutta la canzone. Anche se spera che il risultato sia forte, è preoccupata del fatto che lei possa sembrare quasi morente, lì sopra.

Lipa ha imparato che, quando sei al centro dell’opinione pubblica, anche il più piccolo gesto può avere molta eco. Lo scorso ottobre ha preso in prestito una maglietta “Speak Now” di Taylor Swift dal suo manager Jules e l’ha indossata per un soundcheck in Germania. Le foto sono girate su Instagram e i fan di Taylor Swift le hanno viste. Presto anche Taylor Swift ha postato un commento euforico: “I AM SCREECHING WITH JOY” (sto urlando dalla gioia, ndt). Ma un mese dopo, i suoi buoni rapporti con il team Taylor sono andati in fumo quando uno degli stessi fan ha ripescato un’intervista del 2016 in cui Dua Lipa, dovendo scegliere il suo preferito tra Swift e West, ha puntato tutto su Yeezy. «Non stavo pensando alla loro controversia», dice. «Facevo riferimento alla musica. Taylor è incredibile, ma io sono una grande fan dell’hip hop e, tra i due, probabilmente sceglierei sempre Kanye». Il risultato è stata un’ondata di odio dai fan di Swift. «Sono andati avanti per giorni. Mi scrivevano “Devi morire”. Ehi! Non ho detto assolutamente niente!».

Adesso, durante le prove del SNL, i dubbi di Lipa sull’esecuzione di Homesick trovano conferma. Con le gambe incrociate strette, la schiena dritta, tiene un microfono cordless con la sinistra e la destra ben piantata sul piano; non perché sia la posa più naturale per lei, ma perché la sua vocal coach, Lorna, le ha consigliato questa posizione per raggiungere le difficili note della canzone. La performance sembra un po’ strana e, quando finisce, Lipa fa una smorfia: un acuto è sembrato fastidiosamente fuori portata.

Pochi secondi dopo è in riunione con il suo team. Jules fa partire il video che ha registrato; Lorna le suggerisce alcuni esercizi da fare subito, poi la troupe del SNL torna in posizione ed è già ora di un’altra prova. Questa volta, quando inizia il secondo verso, Lipa tiene il microfono con due mani, lo porta verso il petto e alza la mano sinistra vicino alla sua guancia, dove la fa tremare, aggiungendo un po’ di drama alla performance. È un minuscolo cambiamento, ma Lipa è convinta che potrebbe fare una grande differenza (ripeterà i gesti alla perfezione durante l’esibizione dal vivo).

Una trentina tra operatori e spettatori di passaggio osservano, rapiti. Quando finisce, la sala si riempie di applausi. Sembrare meno rigida ha fatto colpo. Dua Lipa non suona in location così piccole da un po’. Lo scorso autunno ha cantato per due sere di fila al Madison Square Garden, oltre ad aprire una manciata di show nelle arene per Bruno Mars. Ha un sound che funziona nei grandi spazi: basi potenti e ritornelli tutti da cantare. Ha iniziato postando cover su YouTube dalla cameretta di un’amica quando aveva 15 anni, e anche allora non aveva paura di confrontarsi con pezzi complessi come quelli di Christina Aguilera e Joss Stone. Le cover facevano parte di una strategia: «Era come un portfolio. Ai concerti, a chi mi diceva, “Sono un produttore”, o “Sono un cantante”, io rispondevo, “Beh, io ho queste cover…”».

Una serie di incontri del genere, dal vivo e online, l’hanno portata verso Ben Mawson, music manager, tra gli altri, di Lana Del Rey. L’ha messa sotto contratto e l’ha portata in studio con quello che poi sarebbe diventato un gruppo di autori. Lipa dice che aveva un’idea di massima riguardo a quello che avrebbe voluto diventare, ispirata dal suo amore verso il pop e l’hip hop. Ma i suoi gusti musicali mandavano in confusione i collaboratori. «Andavo in studio e dicevo, “Voglio suonare come Nelly Furtado e J. Cole”. La gente mi guardava confusa».

L’ispirazione per le canzoni arriva spesso da luoghi insoliti. Mentre componeva con RITUAL, un artista elettronico di Londra, Lipa si dannava per trovare la chiave giusta per chiudere una traccia: «Stavo affrontando la fine di una storia, è stato difficile. Qualcuno mi faceva sentire come se non fossi abbastanza brava. Ma con questo pezzo volevo fargli sentire che forse era lui a non riuscire a prendere il meglio di me». La canzone «era buona, ma il ritornello non funzionava. Abbiamo deciso di cambiare le carte in tavola. Sono finita su Tumblr e ho visto le parole “Hotter than Hell”, in rosso, su uno sfondo nero. Era figo! Ho pensato che forse ero io a essere hotter than hell per lui, e che alla fine non lo volessi davvero». Il singolo, dallo stesso titolo, è diventato disco d’oro in Uk e Australia.

Lipa dice di avere un’ampia esperienza di storie finite male. A volte i suoi ex erano «manipolatori emozionali», a volte i loro difetti erano più comici. «Sono uscita con un tizio che le verdure non le toccava nemmeno», ricorda. «Era terribile! Mangiava come un bambino di 5 anni».
Guardando gli ultimi Grammy, Lipa è rimasta sconvolta dalla performance di Kendrick Lamar. L’evento è stato criticato per avere consegnato un premio, tra tutte le donne, soltanto ad Alessia Cara, e che a Lorde non sia stato offerto di esibirsi da sola, nonostante il suo disco fosse nominato tra i migliori dell’anno. Neil Portnow, presidente della Recording Academy, ha peggiorato le cose dicendo alle donne di “step up”, farsi avanti. Lipa sgrana gli occhi mentre ne parliamo. «Le donne si stanno facendo avanti», dice. «Ma deve esserci data un’occasione» (Portnow poi ha chiesto scusa per le sue dichiarazioni). Scuote la testa. «Gli uomini in posizioni di potere dovrebbero supportare l’uguaglianza, al posto di dire: “Non state lavorando abbastanza”».

Lipa dice che, crescendo, ha imparato in prima persona cosa volesse dire lavorare. È nata a Londra da una famiglia del Kosovo, trasferitasi durante la guerra negli anni ’90. I suoi genitori erano immigrati che si davano da fare in «ristoranti e bar», dice. «Mio padre frequentava le scuole serali, ha iniziato un master in Giornalismo per poi lavorare nella pubblicità. Mia mamma studiava Legge prima della guerra e a Londra ha studiato Turismo».

La musica è sempre stata presente nella casa di Lipa, grazie al padre che cantava in una rock band kosovara chiamata Oda. «Lo facevano per divertimento», dice. «Ma poi è arrivato il successo con una canzone intitolata Beso ne Diell, che vuol dire “Credi nel sole”. Ho fatto uno show in Kosovo due anni fa, e ho deciso di fare una sorpresa a mio padre con quel pezzo. È stato surreale, il pubblico cantava con me».

All’inizio dell’adolescenza, la famiglia Lipa è tornata nella capitale del Kosovo, Pristina: «Conoscevo la lingua, ma non sapevo leggere né scrivere, è stata dura – gli altri bambini non facevano i miei errori nei compiti a casa. E appena iniziata la scuola, tutti avevano già le loro amicizie». Ma Lipa è riuscita lo stesso a farsi degli amici, che l’hanno guidata verso l’hip hop. Il suo primo concerto è stato quello di Method Man e Redman. Il secondo quello di 50 Cent.

A 15 anni, mentre cercava di sfondare nella musica, Lipa ha convinto i suoi genitori a farla tornare a Londra per iscriversi alla Sylvia Young Theatre School, frequentata da Amy Winehouse e Rita Ora. Pochi anni dopo, «ero arrivata al punto di dover decidere cosa fare all’università, e non ne avevo nessuna idea», dice. «Sapevo che l’unica cosa che desiderassi era la musica. Quindi ho detto: “Mi prendo un anno e vedo cosa succede”». Prima della fine dell’anno è arrivato il contratto con una major.

Una volta finite le prove al SNL, Lipa torna al suo hotel nel Lower East Side. Ci sono stati paparazzi durante il giorno ad aspettarla, ma ora sembrano spariti. Cerchiamo di prendere un tavolo al ristorante dell’albergo, ma manca mezz’ora all’orario di apertura. Ci sediamo mentre pensiamo a cosa fare.

È raro che Lipa abbia tempo libero in questi giorni. Qualche sera fa era a Montreal per un concerto. Poco prima, era in Giamaica, ai venerabili Geejam Studios, per lavorare al suo nuovo album. «Voglio che sia ancora pop, ma orientato al soul», dice. «La mia voce tende verso quel genere». Elenca quello che sta ascoltando per trovare ispirazione: Electric Chair di Prince, il nuovo album di Francis and the Lights, un sacco di Outkast. Negli ultimi mesi è stata in studio con hitmaker come Mark Ronson e il santone del pop Max Martin. «Ho passato una settimana con Max, e per la prima volta ho capito che c’è bisogno di precisione per fare quello che faccio. Gli ho fatto sentire alcune cose su cui ho lavorato in Giamaica: “Qui puoi semplificare molto. È più facile per chi ti ascolta”, mi ha consigliato. È un tipo che ha molte teorie e molte regole».

Questo approccio sistematico ha fatto colpo su Lipa, che ha sul suo telefono decine di liste ed elenchi: «Questi sono i 100 libri da leggere prima di morire. Li ho già comprati, il mio obiettivo è di leggerli tutti». Ha appena finito Le ragazze di Emma Cline. Ora è nel mezzo dell’Insostenibile leggerezza dell’essere. «Penso che mi possa aiutare con la scrittura», dice.
Manca ancora un po’ prima che il ristorante trovi un posto per noi. «Sei contrario a mangiare un dolce prima di cena?», chiede. Andiamo all’angolo della strada, verso una gelateria. «È il terzo giorno di fila che vengo qui», mi dice, prendendo una cucchiaiata dal suo vegan vanilla qualcosa. «Non voglio rovinarmi l’appetito», dice. «Ma ogni tanto bisogna rompere le regole».

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