David Gilmour: «Non riesco a rifare l’assolo di ‘Comfortably Numb’ che le cover band copiano» | Rolling Stone Italia
A modo suo

David Gilmour: «Non riesco a rifare l’assolo di ‘Comfortably Numb’ che le cover band copiano»

Preferisce reinventarlo ogni sera. Intervista: il film-concerto ‘Live at the Circus Maximus, Rome’, la figlia Romany, gli archivi dei Pink Floyd, gli 80 anni che compirà a marzo, i tempi lenti, i prossimi album e tour

David Gilmour: «Non riesco a rifare l’assolo di ‘Comfortably Numb’ che le cover band copiano»

David Gilmour

Foto: Griffin Lotz per Rolling Stone US

I tour di David Gilmour sono rari, brevi e toccano poche città. Ma se non altro il musicista non manca mai di riprendere in audio e/o video almeno un concerto per dar modo ai fan di mezzo mondo di avere un assaggio di quel che si sono persi. Negli ultimi 40 anni ha filmato show  all’Hammersmith Odeon di Londra (1984), alla Royal Festival Hall di Londra (2002), alla Royal Albert Hall di Londra (2006), al cantiere navale di Danzica (2006) e all’Anfiteatro di Pompei (2016).

Il suo nuovo film-concerto è Live at the Circus Maximus, Rome. Racconta tre esibizioni che ha tenuto al Circo Massimo di Roma nell’ottobre 2024, durante il tour di Luck and Strange. Sarà nei cinema dal 17 al 24 settembre. Un mese dopo, il 17 ottobre, uscirà il cofanetto The Luck and Strange Concerts con registrazioni dai concerti del tour in America ed Europa.

Sai già che farai delle riprese video di un tour quando lo progetti?
Mi piace sempre farlo e il Circo Massimo è uno dei miei posti preferiti. Fu costruito originariamente per contenere 150 mila persone, Giulio Cesare lo ampliò fino a 250 mila, noi ne abbiamo usato solo una piccola parte. Come probabilmente sai, esibirmi in siti storici m’appassiona, sono perfetti per le riprese video. Ci sono le vedute di Roma, gli alberi, il sito storico. Puoi immaginare le bighe che corrono a tutta velocità.

In passato hai filmato concerti alla Royal Albert Hall, a Danzica e a Pompei. Volevi qualcosa di diverso questa volta?
Volevo una testimonianza di quel che stiamo facendo. È un posto meraviglioso, ha un aspetto unico. E questo è un altro tour, un diverso momento della mia vita, con molta musica nuova. L’accento è posto sul nuovo. Quindi sì, è diverso. Quello alla Royal Albert Hall risale al 2006, a un altro momento della vita. È stato bello suonare con un gruppo di musicisti perlopiù nuovi, è stata per me un’emozione che spero che arrivi anche a chi guarderà e ascolterà.

Avete filmato tutte e sei le serate al Circo Massimo per poi scegliere i momenti migliori?
No, solo le ultime tre. Il tour era appena iniziato e abbiamo pensato di fare tre serate di riscaldamento senza riprese. In una delle tre serate filmate è scesa una pioggia torrenziale. Eravamo zuppi. Abbiamo dovuto aspettare che smettesse, ma un po’ dei riflessi luccicanti della pioggia sono rimasti.

Come scegli la migliore High Hopes fra le tre serate? Cosa cerchi?
Le guardiamo tutte e tre, prendiamo appunti e scergliamo quella con l’atmosfera migliore.

Lavori da un bel po’ col regista Gavin Elder ai tuoi film-concerto. Che cosa ti ha colpito di lui?
Ha iniziato nel 2006, all’inizio di quel tour. Entravamo in un’epoca in cui si usavano i momenti extra per piccoli video online e volevamo qualcuno che riprendesse anche il backstage. Ce l’ha consigliato Claire Singers, la moglie di Phil Manzanera. Era così bravo in quel che faceva che gli abbiamo dato la possibilità di fare la regia dello show di Danzica. L’ha fatto alla perfezione e da allora è parte della squadra.

Prima del tour avevi detto che eri restio a rifare i pezzi anni ’70 dei Pink Floyd. Alla fine qualcuno però l’hai fatto. Ti piace ancora suonare Breathe e Time o li fai per un senso di dovere nei confronti dei fan?
Non è un obbligo, mi piace suonare quei pezzi, ma quello che voglio fare è spingere il più possibile sul nuovo. Devo però fare i conti col fatto che c’è gente che desidera e si aspetta anzi di ascoltare quei pezzi. Io li amo e mi piace suonarli, stavolta li abbiamo ridotti un po’, ma ci sono ancora in scaletta.

Le radio classic rock passano spesso Learning to Fly. Perché non la suoni mai? Alla gente piacerebbe.
C’è tantissimo materiale tra cui scegliere e per me ci altri pezzi di A Momentary Lapse of Reason che hanno la precedenza. Ne abbiamo presi un paio da lì e un paio dal successivo The Division Bell. È un bel pezzo, Learning to Fly, ma non mi è sembrato essenziale in questo momento. Tra i cinque album solisti e Dio sa quanti dei Pink Floyd alcune canzoni restano inevitabilmente fuori. Non si può fare tutto: bisogna fare una lista ed eliminare quelle di cui si può fare a meno, ed è spesso una scelta difficile.

David Gilmour - Luck and Strange (Live at the Circus Maximus, Rome)

Per molti fan il tour ha significato anche far la conoscenza di tua figlia Romany.
Era al college e quindi all’inizio pensavamo che sarebbe salita sul palco solo ai concerti di Londra per cantare Between Two Points. Poi però le cose sono andate diversamente, ha deciso di prendere parte a tutto il tour unendosi alle coriste. A me, a Polly e a tutti gli altri è sembrata un’ottima idea. Si è impegnata al massimo, come una vera professionista.

Su Spotify Between Two Points è la canzone più ascoltata dell’album, con un bel margine sulle altre. Ti sorprende?
Per niente. Anzi, è molto bello che abbia colpito così tante persone, e che sia diventata una sorta di successo su Spotify, YouTube e altrove.

Che progetti ha Romany? Vuol fare la cantante?
Con le altre ragazze del tour, Louise Marshall e Hattie e Charlie Webb, ha formato un piccolo gruppo … una band tutta loro, visto che suonano anche gli strumenti. Un mese fa hanno fatto quattro serate in un club di Londra, tutte sold out. Sono state straordinarie. Credo che sia questa la direzione che vuole prendere. In passato voleva fare l’attrice e altre cose ancora, ma è giovane, è ancora tutto possibile.

Immagino tu abbia conosciuto le Webb Sisters quando le hai viste con Leonard Cohen.
Sì, una decina di volte. Sono fantastiche. E adorabili. E anche Louise Marshall ha una voce da paura.

Con la figlia Romany. Foto press

Hai cambiato tanti musicisti, ma Guy Pratt rimane al basso dal 1987. È il tuo braccio destro musicale, qualunque cosa accada?

È sempre lì. Siamo amici da tanto tempo, senza di lui non sarebbe la stessa cosa.

E come è andata con gli altri? Era la prima volta che andavi in tour con molti di loro.
Sono musicisti straordinari. Adam Betts alla batteria è noto, suona anche con i Pulp e con loro non fa il batterista: suona la chitarra, canta e fa un sacco di altre cose perché ha un gran talento. È stato assolutamente brillante. Rob Gentry alle tastiere ha un tocco magico, ispirato e molto originale in tutto ciò che fa. E Ben Worsley (chitarre e cori, ndr) è arrivato su raccomandazione di Charlie Andrew, il nostro produttore. Credo non si fosse mai esibito di fronte a più di un centinaio di persone in vita sua, ma si è ambientato subito, è stato perfetto. Greg Phillinganes (il tastierista, ndr) mi piace molto, è un veterano, ha fatto di tutto ed è stato ovunque. Si sono impegnati con entusiasmo, gioia e passione creando un’atmosfera speciale.

Hai detto che non volevi fare una cover band dei Pink Floyd.
Col tempo sono arrivato alla conclusione che è bene lasciare più libertà possibile ai musicisti. Ho visto cosa fanno le cover band e io non riesco a rifare quel particolare assolo di chitarra di Comfortably Numb che loro copiano. Lo invento ogni sera.
 Voglio musicisti che sappiano qual è l’essenza di quello che facciamo e che sappiano scartare di lato rispetto a quello che ci si aspetta, di modo che possano esibirsi liberamente, portando le loro capacità e i loro talenti. È quello che è successo in particolare in questo tour. Sono molto soddisfatto di come è andata e non tornerei indietro.

Il tour è stato di appena 23 concerti, e negli Stati Uniti hai toccato due sole città. È il più breve che tu abbia mai fatto. Perché non hai voluto allungarlo?
Ho fatto Londra, Roma, New York e Los Angeles. Una settimana in ogni città. Un sacco di gente, direi. Credo che a questo punto della mia carriera possa anche permettermi di chiedere al pubblico di venire da me invece del contrario. Non volevo fare un tour lungo. Stare in giro per mesi è cosa del passato.

Immagino che ti abbiano proposto altre date.
Sì. Ovviamente ci sono state altre offerte … Ma quella mi è sembrata la formula giusta: il numero giusto di concerti, nei posti giusti, e lasciare il pubblico con la voglia di qualcosa in più.

David Gilmour "Live al Circo Massimo. Roma" - Official Trailer | al cinema dal 17 al 24 settembre!

Ho parlato con Nick Mason qualche anno fa e mi ha detto che si è pentito di non aver filmato i tour di Wish You Were Here e Animals. Sono come persi nel passato. Provi lo stesso rimpianto?
In effetti sì. Pensavamo all’epoca che l’unica cosa che contava era essere presenti nel momento, e che il momento fosse tutto. Riprenderlo e pubblicarlo ci sembrava quasi un modo secondario di vivere le cose. E poi i mezzi di allora non rendevano giustizia: guardare quelle riprese su un VHS su una vecchia tv non era il massimo.
 Certo, si poteva filmare su pellicola vera, ma era un processo complicatissimo. Per fortuna per Pink Floyd: Live at Pompeii avevamo girato su pellicola, e di recente abbiamo recuperato ogni rullo, pulito, restaurato e rimasterizzato in 4K, così da rimontarlo alla massima qualità. Quella era un’opzione che avremmo potuto considerare, ma non l’abbiamo fatto. Penso che il nostro ragionamento fosse un po’ distorto. Avremmo dovuto mettere da parte più materiale.

Nick mi ha detto che non ci sono neanche molte registrazioni da mixer di quei tour.
In realtà ce ne sono moltissime, perché negli anni ’70 si facevano su cassetta. Negli anni ’80 e ’90 si è passati al DAT. Ma sono registrazioni prese direttamente dal banco del mixer, senza altro. Abbiamo inciso la maggior parte dei concerti solo come audio, e Dio sa dove siano finite quelle bobine. Immagino siano nelle mani della Sony. Bisogna convincerli a darci un’occhiata.

Con le nuove tecnologie si può persino prendere una registrazione mediocre e separarne tutte le tracce per remixarla.

Immagino di sì. Buona fortuna a chi ci proverà.

Stai lavorando a nuova musica?
Sì. Sto mettendo da parte materiale per un nuovo album, ho già parecchie idee in una fase embrionale. È quello che mi tiene occupato in questo momento.

Userai la stessa band dell’ultimo disco e tour?
Quando inizio a registrare faccio quasi tutto da solo usando Pro Tools. Non sono un gran batterista, quindi per la batteria uso le macchine, come si fa oggi. Metto insieme le cose, ci lavoro sopra per mesi, aggiungo e tolgo finché non arrivo a una cosa che si avvicina a quel che voglio. A quel punto posso portare il pezzo in studio con un gruppo di musicisti, sapendo già cosa voglio fare e come, per poi lasciare spazio ai loro contributi.

Di solito fai passare molto tempo tra un album e l’altro, anche dieci anni. Sembra che questo uscirà prima.
È sempre mia intenzione accelerare un po’, e credo che stavolta sarò più rapido. Ma non si può mai dire. Probabilmente entro il prossimo anno o due.

Lo porterai in tour?
Questa è un’altra decisione che… credo di sì. Probabilmente farò qualcosa di simile a questa tournée. Non andrò in giro per tutte le città d’America, Sud America, Europa e resto del mondo. Lo lascio fare a chi è giovane.

Ho appena visto Bob Dylan e Willie Nelson suonare assieme. Hanno 84 e 92 anni e sono sempre in tour. È uno stile di vita che non ti immagini di fare?
Mio Dio, sono impressionato da chi riesce a farlo nonostante l’età e tutto il resto. Guarda Mick Jagger, è fenomenale. Bob Dylan, come dicevi… E Willie Nelson è avanti con gli anni. Ma loro sono fatti così e la mia vita va in modo un po’ diverso.

Foto press

Pensi che non facendo tanti tour tu abbia preservato la voce? Suona ancora bene per la tua età, mentre altri molto più giovani se la sono rovinata.
Ci sta che usarla meno significhi conservarla meglio. Ma non è facile gestire la voce in tour. Devo stare parecchio attento. Dopo un concerto non posso parlare. Quasi non apro bocca fino al soundcheck del pomeriggio successivo. Ho un vocal coach che mi segue, faccio di tutto per mantenerla sana e in forma. Non si deve esagerare sul palco ogni sera…

Sembra piuttosto stressante.
Lo è, ma è un modo di organizzare le cose che rende tutto più facile per il corpo. Se ti limiti a quattro città, parti dall’hotel nel pomeriggio, fai il soundcheck e poi lo show, ed elimini quindi buona parte degli spostamenti, è un bel modo di andare in tour.

Lo Sphere di Las Vegas sarebbe perfetto per te. Ti immagini di suonare lì?
A dire il vero so pochissimo di quel che fanno. Ma sì, hanno accennato alla possibilità che io possa fare qualcosa lì. In futuro, chissà. Non ci ho ancora pensato seriamente.

C’è qualcosa negli archivi dei Pink Floyd che vorresti pubblicare?
L’intero catalogo dei Pink Floyd, tutte le registrazioni effettuate dal banco del mixer e molto altro non sono più nelle mie mani. Dipende quindi da cosa vuol fare la Sony. Sono contento di non avere più quella responsabilità e di vivere una vita più tranquilla, senza le discussioni e le tensioni che per decenni hanno accompagnato il lavoro di curatela negli ultimi 40 o 50 anni. Io non faccio proposte. Se vogliono chiedermi qualcosa, lo faranno.

Dev’essere una bella liberazione. Non riuscivate neanche a mettervi d’accordo sul cofanetto di Animals. Mettere d’accordo voi tre su qualsiasi cosa è difficile.
Decisamente, sì.

Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII - Echoes - Part 1 - Edit

Vorrei tornare per un attimo a Pompei. Com’è stato rivederrti al cinema giovane e a petto nudo?
Era un ragazzo di 25 anni, quello. Il suono era ottimo, lo abbiamo visto su uno schermo Imax, potevo vedere tutti i brufoli. Sai, le uniche versioni che ho visto nel corso degli anni erano su VHS e su vecchi televisori. La qualità era pessima, ma era quello a cui eravamo abituati a guardare a quei tempi. Immagino che colmassimo le lacune con l’immaginazione. Ma vederlo così nitido su uno schermo enorme è stato emozionante. Bello averlo creato e bello che sia ora sia disponibile per la gente, che sembra apprezzarlo.

Nick Mason ha detto che è l’unica volta che ricorda di averti visto suonare senza maglietta ed è anche l’unico concerto immortalato su pellicola.
Beh, stavamo girando all’aperto senza pubblico, non è che ci abbia pensato, non pensavamo che sarebbe rimasto per sempre. E faceva molto, molto caldo sotto il sole cocente di un pomeriggio di settembre a Pompei. Abbiamo dovuto ricreare a Parigi in uno studio cinematografico dei pezzi di film e Adrian Maben, il regista, ha detto: «Ok, per dare un senso di continuità toglierti la maglietta». E io: «Cosa, ma stai scherzando?». «Nessuno noterà la differenza». «La noteranno». Avevo ragione io.

Per concludere col tuo prossimo disco: pensi che coinvolgerai la band entro la fine quest’anno per dare corpo alle canzoni? C’è una tempistica?
Vorrei poterti dire qual è la tempistica, ma è presto. Prima della fine dell’anno mi auguro di fare delle session in studio con più o meno lo stesso gruppo di musicisti e a registrare queste tracce.

Sono tutte canzoni nuove che hai scritto nell’ultimo anno o giù di lì?
A volte sono idee vaghe e passano anni prima di essere rifinite. Nell’ultimo album ci sono canzoni che hanno più di dieci anni, forse anche di più. E ho brani finiti a metà che adoro. Vorrei poterlo spiegare meglio, ma a volte sembrano essere loro a decidere: «È arrivato il momento in cui io, come canzone, voglio presentarmi al mondo». E se tutti sono d’accordo, ci lavoriamo su. Alcune risalgono probabilmente a 30, 40 anni fa.

Hai un grande archivio ordinato di tutte le tue canzoni, finite o meno?
Ho un grande archivio, ma disordinato. Ho appena provato a metterlo in ordine, ma… sì, al momento ha una parvenza di organizzazione, spero.

A marzo compirai 80 anni: programmi?
Una bella serata con la famiglia e gli amici più stretti, immagino. Niente di speciale… Sono cose che, alla mia età, vorresti più che altro dimenticare.

Dovresti proprio considerare lo Sphere per il prossimo tour. Potresti fare qualcosa di  speciale là dentro.
Lo prenderemo in considerazione.

Da Rolling Stone US.

Altre notizie su:  David Gilmour Pink Floyd