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Quello di X-Files vuole soltanto cantare

Un nuovo show in tv , un libro e il ritorno di X-Files. Per David Duchovny anche un album di debutto, chiamato “Hell or Highwater”
David Duchovny. Foto David Bradley

David Duchovny. Foto David Bradley

Appena pochi anni fa, David Duchovny non aveva mai suonato la chitarra, e aveva soltanto cantato qualche nota in pubblico, da bambino, nelle audizioni per un coro. Quindi lui stesso è stato il primo a sorprendersi mentre registrava l’album. Che è risultato piacevole, con testi pungenti, vagamente Wilco: Hell or Highwater, il suo debutto, uscito il 12 di maggio.

Tutto è iniziato dalla separazione con la moglie Tea Leoni, che ha lasciato il 54 enne attore con del tempo libero a cui non era abituato, grazie alla custodia condivisa dei due figli: «Ho pensato, “forse potrei imparare a suonare la chitarra, per divertirmi”», dice Duchovny, che è protagonista in una nuova serie sulla NBC, Aquarius (in uscita il 28 maggio), e girerà quest’estate sei nuovi episodi di X-Files. «Quella è stata la motivazione».

Una delle tue canzone accusa Bob Dylan di fare pubblicità. Bello tosto per un album di debutto.
Se fossi in lui, non me ne fregherebbe un cazzo del mio pensiero. Mi è venuto in mente guardando il Super bowl con i miei bambini e il nazionalismo e le cazzate da America über alles mi facevano stare male. Nella mia opinione, Dylan era coinvolto in questo con la sua pubblicità. Sono felice che lui faccia dei soldi. Penso che lui possa fare tutto quello che gli pare, e lo rispetto per sempre.
La tua voce suona un po’ come quella del cantante dei National.
Se mi dici che la mia voce suona come quella di qualsiasi altro, lo prendo come un complimento (ride). Riguardo al canto, vorrei solo che ne sapessi qualcosa a riguardo, quando apro la bocca. Mi chiedo sempre cosa ne verrà fuori? Non è per niente naturale per me.
Com’è stato il primo giorno in studio?
Orribile. A un certo punto, mi sono ritrovato sdraiato a terra sotto al microfono, gridando che era tutto un errore.
Hai anche pubblicato un libro quest’anno, e la tua bio su Twitter dice solo “dilettante”.
È tutto una sorta di offerta. Qui parlo di qualcosa che ho fatto. Se ti piace, portalo con te. Se non ti piace, forse lo farò di nuovo, e magari ti piacerà quello.
Cosa significa la tua frase riguardo «mediocrities for hourly fees»?
Abbiamo pagato tutti per un po’ di terapia, sbaglio? Avevo un professore che diceva che li chiamava strizzacervelli perché fanno sembrare le cose piccole. Strizzano tutto. È probabilmente la rabbia più specifica che esprimo in tutte queste canzoni.
«A man of words is a man of lies» è un bel testo.
È l’uomo di letteratura inglese che è in me: le parole sono solo un’approssimazione. È una delle grandi cose della musica: riempie la distanza tra le parole e quello che senti.
Con quali canzoni hai iniziato con la chitarra?
Beatles, Lou Reed, the Band, Petty – il classico rock da gente bianca. Amo il funk dei Seventies, ma non sono abbastanza bravo per suonarlo. Quindi, sperando, entro un anno o giù di lì imparerò gli accordi jazzy e uscirà con un piccolo album di tributo a Sly and the Family Stone.
Quanto della mitologia di X-Files ti ricordi con precisione?
Molto poco. Penso che Gillian (Anderson) e io dovremmo fare un corso di recupero da Chris Carter o chiunque altro abbia un sito che conosca esattamente quello di cui parlano tutti.
Com’è stato avere il personaggio di Fox Mulder assieme a te per tutti questi anni?
A un certo punto ero frustrato e avevo paura di essere troppo legato a quel ruolo. Adesso, è solo divertente. Stavo per iniziare a cantare la settimana scorsa a New York, che è il posto in cui mi riconoscono di più, e questo tizio dice, «Oh cazzo! È l’amico che fa X-Files!» Così è come mi piace vedermi: l’amico che fa X-Files.

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