David Crosby: «È un incubo, senza concerti dovrò vendere le chitarre e la casa» | Rolling Stone Italia
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David Crosby: «È un incubo, senza concerti dovrò vendere le chitarre e la casa»

Faccia a faccia con la leggenda del folk, dalla sua quarantena a base di Miles Davis alle conseguenze del Covid-19 sui giovani musicisti, fino alla lunga lettera di scuse che ha scritto a Neil Young

David Crosby: «È un incubo, senza concerti dovrò vendere le chitarre e la casa»

David Crosby

Foto: Stefania D'Alessandro/Getty Images

Il 2020 di David Crosby era pieno di impegni: tre tour, grandi concerti con Phil Lesh, Joe Walsh e Jason Isbell, tanta nuova musica da registrare. Al momento, non ha idea se queste cose diventeranno realtà. «Non voglio starmene fermo in casa», dice al telefono da Santa Ynez, California. «Ho 78 anni, non mi resta molto da vivere. Lo sai. Non voglio certo passare il tempo a far niente. Sento che ho ancora molta musica dentro di me».

Crosby fa del suo meglio per sfruttare al massimo il periodo in isolamento. Ha messo in ordine casa, ha cucinato una «colazione di prima categoria» e ha recuperato musica che va da Miles Davis al folk bulgaro. Sta incontrando qualche difficoltà economica al momento, ma sa che non è nulla al confronto di quel che passano gli artisti giovani. «Per i musicisti questa situazione è un cazzo di incubo», dice.

Subito prima di isolarsi dal mondo, ha inviato una e-mail a Neil Young per spiegargli come mai pensa sia il momento per una reunion di Crosby, Stills, Nash and Young. Il gruppo non suona dal vivo dal 2006, e le ragioni sono esaminate nel documentario del 2019 Remember My Name. In questa intervista, Crosby racconta perché la band potrebbe tornare a suonare, le difficoltà incontrate dai musicisti durante la pandemia e perché non ha ancora perso le speranze per il suo Paese.

Ti senti particolarmente creativo in questo periodo?
Vorrei che fosse così, ma non è facile. Quando succede, è come una scintilla che scocca in modo imprevedibile. E quando ti viene un’idea devi metterti subito al lavoro, non distrarti andando a pranzo o altro. Mio figlio James invece è incontenibile. Nell’ultimo mese ha scritto come un matto. Non sai come la gente reagirà a cose del genere. Per molti è una sfida, è un’onda che dobbiamo cavalcare, dominare e controllare il nostro destino. Ma è difficile, sono tempi duri per tutti.

Ti ricorda altri momenti della tua vita? 

Un paio. Mi ricorda la guerra in Vietnam, quando cercavamo di dire alla gente di prestare attenzione, di spiegare a tutti perché non dovevamo essere lì. Mi ricorda l’era dei diritti civili e la frustrazione verso i razzisti. E mi ricorda, tristemente, Kent State. Ci sono persone ai massimi livelli del nostro governo che sarebbero felici di farci vivere in uno stato di polizia, gli piace proprio. Al nostro presidente piace solo gente così: i dittatori. La situazione è molto grave. Viviamo in un Paese guidato da un assoluto idiota e ora siamo nel bel mezzo di un guaio serio. E lui non sa quello che fa. Non è in grado di farsi la colazione, figuriamoci gestire i problemi del Paese. È tutto molto difficile. Sono tempi davvero difficili, sai. Ho scritto due canzoni gioiose, positive e le vorrei pubblicare: cercherò di convincere l’etichetta a farmelo fare, perché credo sia giusto in momenti così tristi.

Sembra che il fenomeno del livestream stia cambiando la musica…
La gente seduta in salotto ti fa ascoltare le sue canzoni con l’iPhone, è incredibile. Mi piacciono tutti i miei amici che lo fanno, soprattutto Jason Isbell. Credo stia facendo un buon lavoro. Anche Benmont Tench ha fatto una bella cosa.

Hai visto quelli di Neil? Sono incredibili. 

No, non ancora. Beh, di solito è davvero bravo. Cosa posso dire? Non mi piacciono molto le ultime cose che ha scritto. Aspetto ancora una canzone che mi faccia provare qualcosa. Certo, la sua asticella è parecchio alta: Helpless, Country Girl, Old Man, A Man Needs a Maid, Cortez. È Neil. Ha scritto tante belle canzoni. Dev’essere difficile per lui. Tutti continuano a paragonare i suoi ultimi album a quelli del passato. Succede a tutti. È difficile restare ad alti livelli. Io mi ritengo fortunato, lavoro con persone piene di talento.

I tuoi ultimi album sono grandiosi… 

Penso di sì. E sono a metà del prossimo. Non so perché lo sto facendo, non mi pagano per farlo. È parte del problema che stanno vivendo ora i musicisti: abbiamo perso metà dei nostri introiti. Non ci pagano più per fare dischi, questa è la verità. È come se dopo un mese di lavoro a Rolling Stone ti pagassero pochi centesimi. Non solo non ti pagano, ma è anche un insulto. E intanto loro fanno miliardi di dollari. Quando incontri quelli dell’industria dicono sempre: «Wow, è un periodo di boom!». Beh, ecco perché.

Non so se lo sai, ma ecco quel che è successo. I tizi che hanno inventato le nuove tecnologie sono andati dalle etichette discografiche e hanno detto: “Ehi, immaginate un sistema in cui non ci sono oggetti fisici. Niente dischi, CD, copertine, spedizioni, distribuzione, libretto dei testi, niente. Premi un bottone, mandi il pezzo e raccogli i soldi”. Le etichette hanno risposto: “Cazzo. Cosa dobbiamo fare per averlo?”. E i tizi che hanno inventato la tecnologia dicono: “Dovete solo cambiare le modalità di pagamento. Invece di pagare gli artisti un sacco di soldi e farli diventare rockstar, date a noi i soldi”. E le etichette hanno risposto: “Si può fare”. E poi, ecco il colpo di scena: “Dateci un pezzo dell’azienda”. E l’hanno fatto. Non so se è vero, ma ho sentito anche questo: tre grandi etichette si dividono con le piattaforme di streaming 17 o 19 milioni di dollari ogni giorno. Vorrei sapere se è così. Il denaro non va dagli artisti, non prendiamo nulla.

Non voglio esagerare, ma è un crimine nei confronti dei più giovani che stanno cercando di farsi strada nel settore. Ne conosco alcuni che hanno un talento mostruoso eppure non riescono a guadagnare un cazzo. Non guadagnano dai CD e ora hanno chiuso i concerti.

Crosby, Stills, Nash and Young negli anni ’70. Foto: Ray Stevenson/Shutterstock

Che concerti non hai fatto causa pandemia?
Che tristezza. Ho perso il compleanno di Phil Lesh. Lo aspettavo. Volevamo suonare insieme, il piano era fare Laughing, Cowboy Movie e tutte le cose che abbiamo registrato. Sarebbe stato un weekend parecchio eccitante, sarebbero venuti tanti grandi musicisti che rispettano Phil, che pensano che sia un grande musicista. Non si farà nulla.

Penso molto anche a Kent State, in Ohio. Joe Walsh era lì. Joe voleva suonare un concerto di beneficienza per loro. Mi sono offerto di aprire lo show. Mi ha detto che gli sarebbe piaciuto, perché sapeva che avremmo cantato insieme Ohio. È stato cancellato. E poi ci sono gli altri concerti. Avevo tre tour organizzati per quest’anno, è l’unico modo con cui mi guadagno da vivere, ci pago la casa e da mangiare alla mia famiglia. Avevo tre tour. Ho appena perso il primo. Poi ce n’è un altro organizzato per agosto-settembre e un terzo per novembre-dicembre.

Il terzo è una figata. Marc Cohn, un caro amico e uno dei migliori cantautori del Paese, mi ha chiamato per andare in giro con lui e Shawn Colvin. Li adoro entrambi, credo siano due tra i migliori cantanti del mondo. Faremo un concerto molto divertente. Volevamo fare un song circle modello Nashville: tutti e tre sul palco a scambiarci canzoni. Sarebbe davvero fantastico, perché sono bravi. Non vedo l’ora, ma anche quel tour potrebbe essere cancellato. Non riuscirò a pagare l’affitto. Te lo devo dire, per i musicisti questo è un incubo.

Oggi andresti in tour, se potessi? 

Col cazzo! Sto cercando di capire come funzionerà la cosa prima che trovino una cura. Immagino si studieranno i picchi zona per zona. E quando il picco si avvicinerà bisognerà rischedulare i concerti. Poi un giorno tornerà tutto alla normalità, a parte il fatto di avere un idiota come Presidente.

Pensare agli artisti più anziani in tour fa un po’ paura.
Sono un caso da manuale. Ho 78 anni. Ho fatto un trapianto, quindi ho il sistema immunitario compromesso. Sono diabetico di tipo 2 da 30 anni. Sono nella fascia più fragile. Sono preoccupato.

Che musica ascolti?
Roba meditativa. In TV invece è tutto frenetico, perché a quanto pare aiuta a vendere cose. E allora ascolto Michael Hedges o Miles Davis, in particolare Sketches from Spain. Gli Snarky Puppy, un gruppo jazz davvero in gamba, e gli Weather Report, Heavy Weather è ancora uno dei miei dischi preferiti di sempre. Ho ascoltato il nuovo disco di Sarah Jarosz, che è davvero buono ed è sulla scia di I’m with Her. Ascolto ancora Joni Mitchell, la migliore di tutti noi. E poi [il chitarrista jazz] David Gilmore. Il primo disco della Bulgarian National Radio Folk Orchestra intitolato Music from Bulgaria mi ha cambiato la vita. Le migliori parti vocali di sempre.

Ti dirò che cosa ho ascoltato stamattina. Qualcuno in Italia ha fatto cantare Helplessly Hoping a centinaia di persone separatamente e poi le ha montate tutte insieme. È emozionante. Cercalo in rete. È commovente.

Che fai a casa?
Abbiamo svuotato tre ripostigli. Cose normali. Mi sono alzato stamattina verso l’alba. Volevo capire se ero in grado di fare le frittelle di patate. Così ho preso una patata, l’ho lavata e l’ho grattugiata, l’ho messa in padella con del burro e ho fatto le frittelle. E poi ho cotto un po’ di pancetta e delle uova, fatto del caffè e tostato il pane. Mi sono preparato una colazione di prima categoria.

E poi cerco di scrivere, ma non è una cosa che si può fare a comando. So che Bob Dylan si alzava ogni mattina, faceva colazione, si sedeva alla macchina da scrivere con una tazza di caffè e scriveva. Come un impiegato.

Vuoi dire altro ai tuoi fan?
Abbiate fede nella democrazia. È il modo migliore di vivere insieme in uno stato di diritto. Non è facile da spiegare ai vostri figli, vero? Ma non c’è alternativa migliore. Non perdete la speranza. Non rinunciate all’idea di democrazia perché vedete gente che ne abusa.

Immagino sia difficile soprattutto per gli artisti più anziani, per i quali il tempo è prezioso.
Sì, non voglio stare fermo a casa. Ho 78 anni. Mi restano pochi anni da vivere, lo sai. Non voglio passarli a far niente. Ho ancora molta musica dentro di me, e sto cercando di fare musica ogni singolo minuto che posso, perché è l’unico campo in cui posso dare un contributo. E invece me ne sto qui a vedere svanire gli ultimi soldi che mi sono rimasti, e da parte non ho risparmi. Non si mette bene.

Hai un piano, se dovessi arrivare a quel punto?
Per prima cosa venderei le chitarre. È l’unica roba che ho. Ho delle Martin D-45 del 1969. Lo farò comunque perché le mani non mi funzionano più tanto bene. Ho la tendinite a entrambe le mani e non migliorerà. Dopo le chitarre, perderemo la casa. Ci vivo da 21, 22 anni. Non è particolarmente grande, è solo una piccola, bella casa di mattoni rossi, con le tegole sul tetto, nel bel mezzo della campagna. Ci sono grandi spazi aperti qui. È un posto meraviglioso dove vivere. Voglio morire qui. Non voglio trasferirmi altrove.

Ascoltare la musica vostra e di Neil Young mi ha fatto venire voglia di vedervi suonare assieme. Pensi che possa accadere dopo un evento come questo che aiuta a mettere le cose in prospettiva?
No, non credo proprio. Io ho fatto di tutto. Ho mandato una e-mail a Neil dicendo: “Ascolta, so che sei arrabbiato con me perché ho insultato la tua ragazza. E mi spiace”. Mi sono scusato pubblicamente un paio di volte, ma cose del genere non hanno alcun peso rispetto a quel che sta accadendo nel Paese. Gli ho detto: “Questa è la situazione che stiamo affrontando, e ora anche tu che hai preso la cittadinanza americana devi farci attenzione: questo Paese è in pezzi. Abbiamo un idiota, un imbecille che ci governa e che smonta le cose buone che abbiamo e che ci ha cacciato in una brutta situazione. Potremmo far sentire la nostra voce a favore di chiunque sarà il candidato”. Ho votato per Bernie e lo sostengo, farei volentieri altrettanto per Biden. Ho scritto: “Chiunque sarà il candidato, dobbiamo far qualcosa, perché non possiamo permetterci altri quattro anni di questo qua, non possiamo affrontare il problema del riscaldamento globale finché non ci libereremo di lui. Non gli vorrai concedere altri quattro anni in cui le cose peggioreranno prima di cominciare a sistemare le cose?”.

Gli ho detto: “Ci troviamo di fronte a una situazione orribile, ma possiamo far sentire la nostra voce e magari influenzare il risultato. Mi spiace di aver parlato male della tua ragazza. Mi spiace davvero. Ma ci siamo fatti tutti cose orribili l’uno all’altro in questi anni”. Neil ha lasciato Stephen nel bel mezzo di un tour, due volte. Due volte! È stata davvero una bella e-mail, amico. Era molto sincera, molto diretta. Non gli sto lisciando il pelo, non gli sto facendo un pompino, gli sto solo dicendo la verità. Potremmo fare un’enorme differenza. Vorrei provarci. So che a Stephen piacerebbe farlo, perché è dentro la politica e ha lavorato con il Partito Democratico per una vita. Nash? Non lo so. Non ci parlo da un sacco tempo. E comunque in passato era un tipo rabbioso, non una persona con cui è bello avere a che fare. Ma è bravo in quel che fa, è un professionista. Lo siamo tutti. Sappiamo cosa fare. Quindi lo farei volentieri. Ho inviato quel messaggio molto sincero a Neil. E di tutta risposta mi è arrivato un grande, vuoto echeggiante silenzio.

Spero che le cose cambino. Quanto mi piacerebbe vedervi di nuovo assieme…
A chi non piacerebbe in questo Paese? C’è solo una persona non lo vuole. Anzi, due: Neil e signora.

Se l’avessimo fatto per Bernie, le primarie sarebbero andate in un altro modo. Per ora abbiamo un mezzo idiota. Biden non è il miglior candidato possibile. Non è neanche lontanamente in grado di affrontare quel che sta per succedere. Ora te lo spiego quel che succederà, amico, puoi scriverlo: la sopravvivenza della razza umana dipende dalla capacità di liberarsi dalla dipendenza da carbone e petrolio. È semplice, cazzo. Solo che le compagnie petrolifere non si arrenderanno senza battersi. Combatteranno fino alla morte, non si arrenderanno mai. Non ammetteranno mai che stanno facendo la cosa sbagliata. Quindi sarà una battaglia dura quella per fare a meno di carbone e petrolio. Ci siamo già liberando dal carbone ed è una cosa molto buona. Ma le compagnie petrolifere, amico mio, sono gigantesche e ricche e combatteranno come furie. Sarà dura. Ma se non lo facciamo, i tuoi nipoti non avranno un mondo in cui vivere. I bambini, i ragazzi americani e forse nel resto del mondo non mettono in piedi una famiglia e non cominciano a farsi una carriera perché pensano che tanto non ce la faremo. E perché cazzo i giornali non lo scrivono?

È la verità. Mio figlio mi dice: “Papà, non hai torto, e quel che dici lo puoi fare probabilmente in Svezia. Magari anche negli Stati Uniti, ma solo dopo aver ammazzato quelli che gestiscono le compagnie petrolifere, perché da soli non lo faranno mai. E la Nigeria? E le Filippine? E l’India, dove metà della popolazione continua a cucinare sul fuoco alimentato a legna?”. Gli ho detto che possiamo farcela, abbiamo le risorse umane e tecnologiche per farlo. E lui mi ha risposto: “Papà, ti voglio bene, ma non accadrà”. Immagini come ci si possa sentire quando tuo figlio ti dice una cosa del genere?

È stata una grande intervista. Grazie, David.
Non c’è problema, amico. Mi sa che mi metterò nei guai per quel che ho detto, ma non me ne frega un cazzo di niente.

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