Musica, protesta e marijuana: intervista a Damian Marley | Rolling Stone Italia
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Damian Marley, la musica di protesta e la marijuana

Dal 22 giugno Damian Marley sarà in Italia per quattro date del suo tour (al Carroponte di Milano, il 23 a Roma, il 24 a Gallipoli e il 25 a Bologna)

Damian Marley, la musica di protesta e la marijuana

Dal 22 giugno Damian Marley sarà in Italia per quattro date del suo tour (al Carroponte di Milano, il 23 a Roma, il 24 a Gallipoli e il 25 a Bologna, trovate i biglietti qui) e il 21 luglio, giorno del suo trentanovesimo compleanno, uscirà il suo attesissimo Stony Hill. Il nome del disco era stato preannunciato quando lo scorso settembre Marley aveva inaugurato il suo weed dispensary in Colorado, poco prima di convertire una prigione californiana di oltre sette mila metri quadrati in un centro di produzione di marijuana medicinale.

Oltre la curiosità relativa all’uscita del disco, Damian Marley sta facendo il giro del mondo grazie a una foto con Jay Z scattata in Giamaica e finita sui social. In molti si sono chiesti se stiano lavorando a un disco; avevano suonato un po’ in studio, Marley l’aveva incontrato per produrre qualcosa per un progetto di Jay Z, ma la realtà è che il marito di Beyoncé «voleva venire in Giamaica per conoscerla meglio. C’era già stato ma mai a Kingston – ha spiegato Jr. Gong in un’intervista – così ci ha chiesto se volevamo guidarlo in un tour musicale della città. L’abbiamo portato a Trenchtown, la comunità dove è cresciuto mio padre e altri grandi musicisti reggae».

Hai usato qualche strumento tradizionale giamaicano nel tuo Stony Hill?
Veramente, la Giamaica non ha strumenti particolari. Usiamo quelli normali, è solo il modo in cui li suoniamo che fa la differenza. Alcuni suoni sembrano davvero giamaicani ma vengono da strumentazioni normalissime, come la chitarra e la batteria.

Dove hai registrato le 18 tracce dell’album?
La maggior parte della musica è stata suonata dai miei musicisti a casa, registrata poi a Miami e in Jamaica, poche altre tracce, invece, in California con musicisti del luogo.

Perché hai scelto Stony Hill come nome sia del tuo nuovo album che del tuo marijuana dispensary?
Ho scelto questo nome perché è il posto dove sono cresciuto in Giamaica. Quel nome rappresenta la mia storia e la mia evoluzione da bambino ad adulto. Ho chiamato così prima il disco e poi il weed dispensary.

Damian e Stephen Marley

Com’era vivere a Stony Hill?
Fantastico, è una delle parti più belle di Kingston, è abitato da molte persone privilegiate. E’ stata una bella scuola che ha avuto una grossa influenza sulla mia formazione.

Vivi in America o in Jamaica?
Passo molto tempo in America ora, la maggior parte dell’anno, ma è la Giamaica la mia casa.

Sarai in Italia quest’estate con il tuo tour. Apri spesso i tuoi live con una voce narrante le tue coriste che alzano i pugni al cielo rimanendo in silenzio.
E’ l’introduzione del disco Welcome to Jamrock. La voce che si sente è quella di sua Maestà Imperiale Haile Salassie (l’imperatore dell’Etiopia dal 1930 al 1936 e dal 1941 al 1974, ndr) che pronuncia un discorso, a cui si aggiunge poi la voce di Bunny Weiler che legge una sua poesia. Non è un discorso politico, non necessariamente, ma può essere applicato alla politica.

Dobbiamo contare le nostre vittorie. Non si può lottare e protestare per sempre. Se combatti per ottenere qualcosa, la lotta finisce con la vittoria

 

Medication, uno dei primi video usciti di Stony Hill, parla degli effetti benefici che la marijuana ha sulle persone malate. Ma come ti poni rispetto all’astrazione che dà a tutto il resto della gente che fuma solo per rilassarsi e che così facendo si dimentica spesso di partecipare attivamente alle scelte politiche che stanno cambiando la propria società?
La Marijuana ti aiuta ad ascoltare il tuo vero pensiero. Questi pensieri sono nella tua testa e fumando diventano più forti. E’ bene che ognuno di noi abbia un’attenzione particolare verso la propria cultura, ci sono troppe persone che dovrebbero farlo.

Ancora oggi l’erba non è legalizzata per scelta politica. Gli effetti che ha sulla mente e sul corpo delle persone sono irrilevanti per i politici. Criminalizzarne l’uso è solo la via più semplice per evitare di gestire economicamente tutto il mercato nero. Un processo complicato che comporterebbe però un’entrata di soldi pazzesca perché quel mercato verrebbe così tassato. Solo in questo modo si potrebbe legalizzare la marijuana. Ma dobbiamo anche educare le persone a farne un uso più consapevole.

Cosa intendi con The Struggle Discontinues?
Semplicemente: dobbiamo contare le nostre vittorie. Non si può lottare e protestare per sempre. Se combatti per ottenere qualcosa, la lotta finisce con la vittoria. Stiamo raggiungendo i nostri obiettivi più frequentemente. Non vuol dire che non dobbiamo continuare ma che non vogliamo lottare per sempre, vogliamo solo vincere. Nel momento in cui saremo i vincitori non avremo più bisogno di combattere. Parla di questo The Struggle Discontinues.

Mentre in Nail Pon Cross, cerchi di abbattere i pregiudizi sociali ed etnici. Ma qual è la chiave?
Nel video ci sono io, un afro americano, un poliziotto, un membro di una gang e una donna mussulmana. Ci ritroviamo tutti crocifissi dalle opinioni e dai pregiudizi dei media e della politica, ma è soprattutto la nostra chiusura mentale a metterci su quella croce. Non possiamo giudicare qualcuno dal filtro degli stereotipi, dalle apparenze, dalla sua etnia o cultura. Dobbiamo conoscere quella persona e giudicare prima di tutti noi stessi, non possiamo rimanere così superficiali da valutare un gruppo di persone solo dal loro modo di vestire. E’ la comunicazione l’arma vincente, che comprende anche la musica che ci permette di conoscere culture e religioni apparentemente distanti.

Cosa significa per te la musica?
E’ una componente molto forte della mia esistenza. E’ il modo un cui esprimo i miei sentimenti, le mie sensazioni e i miei pensieri. E’ quel tipo di comunicazione che abbatte le barriere e ti porta in posti dove non potresti mai arrivare; va oltre i linguaggi, è una forza universale che parla agli spiriti delle persone. La musica è il mio lavoro, è quello che faccio e a cui penso ogni giorno.

Credi tornerete a fare qualcosa insieme tu e Nas?
Speriamo, ne abbiamo parlato molto ma non rientra nei progetti immediati. Ogni volta che ci rivediamo diciamo sempre di fare qualcosa insieme, quindi credo ci sarà la possibilità in un futuro.

Damian e Stephen Marley durante le riprese del video di “Medication”

 

Il 22 giugno inizia il tuo tour in Italia che ti vedrà a Sesto San Giovanni, a Roma, poi a Gallipoli e a Bologna. Cosa pensi della scena reggae italiana?
Conosco solo Alborosie, so solo che è italiano ma vive in Jamaica. Ci siamo incontrati lo scorso anno durante un nostro concerto al Carroponte di Sesto San Giovanni ma non abbiamo mai registrato nulla insieme. Mio fratello Ky-Mani credo abbia fatto qualcosa con lui. Non ne so davvero molto dei musicisti italiani di reggae.

Cosa pensi di Snoop Dogg convertito al rastafarianesimo sotto il nome di Snoop Lion?
So che Snoop era un fan della musica reggae prima di diventare Snoop Lion e che ora ha incluso una o due canzoni di Bob Marley nei suoi concerti. Lo conosco da anni, quello che sta facendo è fico, va bene.