Dalla TV al mondo reale, le Katseye vogliono prendersi tutto | Rolling Stone Italia
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Dalla TV al mondo reale, le Katseye vogliono prendersi tutto

A più di vent'anni dai primi talent che lanciavano boyband e girlband, l'anno scorso Hybe, Geffen Records e Netflix hanno rilanciato la formula creando un ibrido tra pop e K-pop che sta conquistando il mondo. E presto anche te. Le abbiamo intervistate

Dalla TV al mondo reale, le Katseye vogliono prendersi tutto

Katseye. Foto: press

Erano i primi anni 2000 quando le TV di tutta Europa si riempivano di talent show. Lo scopo era quello di mettere insieme ragazzi e ragazze per formare boyband e girlband che potessero conquistare il mercato discografico (e i cuori di migliaia di fan). Erano altri anni: c’era la coda lunga di gruppi come Spice Girls e Backstreet Boys, ed erano tantissimi i teenager che sognavano di guadagnarsi da vivere coreografando canzoni pop, spesso senza saperlo fare. In Inghilterra i programmi sopracitati partorirono le Girls Aloud, diventate negli anni tra le girlband che hanno venduto di più nelle terre di Re Carlo. E se vogliamo fare i precisi anche in Italia abbiamo avuto le nostre portabandiera (Im going down down down, stop to please!).

In questi vent’anni però le cose hanno avuto tempo di cambiare tantissimo. Prima i talent hanno perso il loro appeal, poi anche le girl e boyband per come le conoscevamo. Non sapevamo ancora che sarebbe arrivato il K-pop a invadere le classifiche di mezzo mondo, con i loro gruppi di idol. E alla fine anche i più lontani da questo universo hanno capito che dietro ai progetti che arrivano dalla Corea del Sud si nasconde una preparazione decisamente più imponente di quelle che si vedeva qui. Questione di cultura, ma ci arriviamo.

A dare uno scossone a tutti i preconcetti che abbiamo sull’argomento ci stanno pensando le Katseye, girlband nata nel 2023 e che unisce elementi del K-pop a quelli del mondo occidentale. «Ci piace definirci global pop», dice Lara durante la nostra chiamata su Zoom. «Ci sono sicuramente elementi K-pop in quello che facciamo, ma non siamo K-pop. Ti direi che proviamo a combinare tutto e a fare la perfetta miscela per noi, con il nostro tipo di sound». Per chi non sapesse la loro storia: le Katseye sono state formate da un talent show andato in onda su Netflix, Dream Academy, frutto di un’alleanza inedita tra Hybe — la stessa agenzia coreana che ha lanciato i BTS, appunto — e Geffen Records, storica etichetta americana.

E quindi le sei componenti del gruppo, scelte tra migliaia di provinate, hanno affrontato un training durissimo ispirato proprio a quello che ha reso famosi i gruppi sud coreani più conosciuti. Con la differenza che Daniela, Lara, Manon, Megan, Sophia e Yoonchae vengono da tutto il mondo. Global, appunto. Filippine (Sophia), Corea del Sud (Yoonchae), Stati Uniti (Daniela, Lara, Megan), Svizzera (Manon).

Katseye. Foto: press

Potremmo dire che le Katseye rappresentino un ibrido che sicuramente ha cambiato un po’ le cose. Perché se da una parte ci sono gli elementi che rendono quello che sono le band K-pop, dall’altra l’approccio occidentale crea delle spaccature che sembrano sottilissime per tutti noi ma che sono giganti per i fan del genere coreano. Tipo il fatto che la loro vita privata sia molto meno privata rispetto a quella degli idol (dove relazioni o presunte tali sono tabù come i segreti del Vaticano). O che le loro diverse personalità non siano un problema, ma un punto su cui spingere. Basti pensare ad alcuni gruppi femminili ‘recenti’ come le Fifth Harmony o le Little Mix. Tutte le componenti, prima o poi, hanno parlato di quanto fosse difficile far parte di un gruppo dove l’identità comune vinceva su tutto. Qui invece le cose sono diverse.

Le abbiamo raggiunte telefonicamente poche settimane dopo che la loro esibizione al Lollapalooza Chicago, davanti a 85.000 persone. Dopo quel live hanno già annunciato altri festival in giro per il mondo e un tour: «Fare un concerto come quello è incredibile, ti dà un’adrenalina pazzesca, qualcosa che forse non avevamo mai provato in quel modo», dice Megan. «Appena è finito ci siamo dette: bisogna farlo di nuovo. E essere chiamate per gli altri Lollapalooza in giro per il Sud America ci ha fatto incredibilmente piacere».

Lollapalooza Chicago 2025 “Gabriela” Performance | KATSEYE

Niente è scontato nel mondo di chi viene da un programma televisivo. Tutto quello che succede dopo, perlomeno. L’anno scorso le Katseye (il nome viene da cat’s eye, pietra che riflette la luce) hanno debuttato con l’eloquente traccia Debut, ma è con Touch che le sei si sono si sono fatte notare anche da chi non ha un abbonamento alle piattaforme streaming. Il brano ha fatto il suo ingresso nelle classifiche di molti paesi, diventando virale sui social media.

KATSEYE (캣츠아이) "Touch" Official MV

Un risultato continuato dal loro secondo EP, Beautiful Chaos, uscito quest’anno, e che è arrivato alla posizione 4 della classifica USA grazie a singoli come Gabriela (la loro Jolene, passateci il paragone. Ascoltate il testo e capirete), e Gnarly, brano che ha diviso i fan ma che alla fine ha fatto quello che doveva fare: diventare una hit. «Un risultato straordinario», lo definisce Manon. «Siamo entusiaste di aver ottenuto tanta attenzione e riconoscimenti per il nostro lavoro. Non abbiamo intenzione di fermarci». E in effetti le ragazze lavorano sodo. Un singolo dopo l’altro, video, concerti, ore e ore di sala prove perfezionare le coreografie.

KATSEYE (캣츠아이) "Gnarly" Official MV

Un po’ come se Pussycat Dolls e disciplina K-pop si fossero mischiate, ma non ci addentriamo in paragoni perché le fanbase online sono suscettibilissime all’argomento.

I giornali di tutto il mondo intanto fanno a gara per capire a chi poter paragonare il loro sound. Qualcuno dice Charli XCX, qualcuno Kesha e quelli più raffinati Sophie. Manon ci dice che «siccome siamo ancora agli inizi della nostra carriera, stiamo ancora studiando e scoprendo cosa significa Katseye. Non vorremmo ripeterci o fare le stesse cose per sempre. Ci piacerebbe provare a fare qualcosa di nuovo, esplorare le influenze di ognuna di noi». Gli chiediamo chi sia il loro eroe musicale. Fanno a gara per rispondere per prime:
Manon dice Beyoncé, Lara punta su M.I.A e Erykah Badu, Megan non ha dubbi, Lady Gaga. Sofia dice Miley Cyrus e Ariana Grande «mi hanno insegnato a cantare». Daniella conferma Miley Cyrus e «ovviamente Shakira, sai, vengo da una famiglia latina e l’ho ascoltata un sacco». Yoonchae vira su Britney: «È stata lei a farmi avvicinare al pop». Non solo a te, Yoonchae.

Gli chiediamo quale sia stata la parte più difficile del passare dalla TV al mondo delle classifiche. Risponde Manon: «Penso sia avere così tanti occhi addosso e opinioni su quello che fai. Perché sai, siamo giovani donne, stiamo cercando di capire chi siamo esattamente. E quindi, leggere così tante opinioni può essere un po’ tosto. Allo stesso tempo cerchiamo di fare un buon lavoro di bilanciamento, comprendendo momenti di detox da Internet». E le polemiche ci sono state, eccome. Soprattutto su Gnarly, dicevamo prima, vittima di hating per motivi che per i fan del K-pop sono una cosa molto seria e per gli altri un po’ meno (come il caso del campionamento di un audio ritenuto “hot”. E no, non parliamo del rumore della caldaia).

«Non leggere tutto ciò che viene detto è importante», continua Manon. «Oltre a ricordare che questa è la nostra passione. Sta tutto lì. Se ti ricordi perché lo fai è impossibile sia difficile. Per il resto ci supportiamo, ne parliamo. Se vediamo che qualcuna di noi ha un momento un po’ così la aiutiamo, anche togliendole il telefono se serve». Amichepersempre.

Sicuramente il programma Netflix ha avuto un merito: mostrare a chi non ne sapeva niente una versione forse edulcorata ma comunque spietata del training tramite il quale gli idol asiatici diventano quello che sono. Ci sono documentari e inchieste che ne raccontano le difficoltà, anche mettendone in dubbio l’etica. In questa versione Netflix c’è più che altro una buona componente reality drama, ma si capisce la quantità di sudore che deve grondare dai corpi prima di portare queste popstar sul palco.

Manon: «Penso che le persone non sappiano quanto lavoro facciamo, soprattutto per le band come la nostra. È chiaramente diverso da quello che fa un produttore, ma resta un lavoro altrettanto complesso. È come se fossimo atlete, la quantità di ore che passiamo in sala prove, tra lezioni di danza e poco sonno non la potete immaginare». A vedere i loro live, e in generale quelli degli artisti K-pop, viene da pensarlo.

KATSEYE Performs "Gnarly" | 2025 Video Music Awards Pre-Show

Essendo parte di Hybe, le ragazze sono state già qualche volta in Corea dove hanno incontrato altri idol con cui possono confrontarsi perché «gli artisti qui in America non sono così famigliari con il nostro percorso. Quando abbiamo incontrato idol della nostra agenzia, abbiamo parlato del training, delle valutazioni settimanali, abbiamo visto come funziona la promo in Corea. È bello parlare con artisti che hanno avuto esperienze simili».

Tra un training e l’altro, le Katseye sono già state protagonista di alcune campagne moda, tipo quella di Gap che ha portato al ritorno di Milkshake di Kelis nelle classifiche streaming. Una campagna che ha già fatto numeri enormi (400 milioni di visualizzazioni mentre scriviamo).

«Ci piaceva molto quello che avevano fatto con Troye Sivan o Tyla. Non ci è sembrato lavoro neanche per un secondo». Nel mentre pensano già al loro prossimo passo. «Dove vi vedete tra cinque anni?», chiediamo noi. Ci pensano pochissimo: «Vogliamo aver suonato nei festival più grandi di tutto il mondo. Vogliamo lavorare e ispirare le persone. Ah, poi vogliamo un Grammy». Sei, rispondiamo noi. Almeno uno a testa. «Sì, uno a testa».

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