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Cristina Donà: «Io Madonna della musica indipendente? Solo perché vivo isolata sulle montagne!»

Con "Così Vicini" torna una delle cantautrici più interessanti della scena italiana. Che qui ci racconta della sua battaglia contro la dittatura degli smartphone, dei suoi artisti fondamentali e dell'appellativo di Arisa
Cristina Donà, foto stampa

Cristina Donà, foto stampa

La Madonna della musica indipendente? Ride Cristina Donà di fronte alla definizione che le diede Arisa qualche mese fa, quando per lei in gara al Festival di Sanremo scrisse Lentamente (il primo che passa). Martedì 23 settembre verrà pubblicato Così vicini, il settimo album della cantautrice di Rho. «Intendeva semplicemente dire che vivo come una Madonnina sulle montagne bergamasche, non voleva paragonarmi alla Ciccone», spiega. Non mi era neppure venuto in mente, le confesso.

Cristina Donà ha tracciato una strada precisa per tante cantautrici e si è inserita perfettamente in un filone internazionale che da Joan Baetz arriva direttamente a Joan as Policewoman. Difficile, quasi impossibile, incontrare una cantautrice italiana del suo spessore, sia per quanto riguarda le scelte musicali che per quelle testuali. Eppure la Donà conserva un’umiltà unica, tanto che all’inizio si sofferma a raccontare di quando doveva intervistare Joan as Policewoman e fu presa dall’ansia totale.

«Ti giuro mi sentivo inadeguata, continuavo a cercare informazioni. Non è facile trovare le domande giuste che facciano capire che hai compreso il significato di un lavoro».

Più semplice rispondere alle domande, come devi fare in questi giorni?
Forse sì, non so. Non sono sicura di riuscire a raccontare bene che cosa volevo esprimere con questi dieci brani.

Sei riuscita a creare dei brani decisamente diversi l’uno dall’altro.
Volevo costruire dei mondi a parte, è vero, e dare la giusta importanza a ogni strumento in ogni singolo brano. Probabilmente il mio ultimo album Torno a casa a piedi (del 2010, ndr) era più omogeneo, oggi invece insieme a Saverio (Lanza, suo produttore e musicista ndr) siamo riusciti a creare questa diversità e a ottenere un lavoro frattalico. Mi piace questo termine, frattalico, l’ho scoperto e continuerò a usarlo.

Credo che ci sia molta carnalità e sessualità in questo mio lavoro

Per quanto riguarda i testi, il tema comune, a partire dalla title track, è sicuramente la ricerca di rapporti più profondi, nell’epoca della “vita in streaming” sui social network. L’altra sera leggevo un tuo status su Facebook dove scrivevi: «Siamo vivi with or without smatphone …spesso meglio senza… e pure senza apostrofi nei posti sbagliati” e lo stavo leggendo sullo smartphone: mi sono sentita male.
Anche tu stai male per questo? Prima parlavo con dei giornalisti di questo aspetto della realtà quotidiana e non mi sembravano così spaventati. Io lo sono, soprattutto nei confronti dei nostri figli. Il mio ha cinque anni e mi vede continuamente al computer in casa, oppure “attaccata” allo smartphone. Sa che è il mio lavoro, però a volte vorrei staccare di più. Secondo me è fondamentale l’esempio che diamo. È chiaro che questa tecnologia ha introdotto anche tanti cambiamenti positivi ma anche tanti problemi. Ne parlavo con uno psicologo che era stato a un convegno sul tema della disgrafia oggi tra i giovani, in molti non sanno scrivere e parlare: ci sarà una connessione no?

Dato che siamo in tema di Facebook, in questi giorni particolarmente vanno di moda le liste: puoi dirmi i tre artisti con cui hai collaborato che più ti hanno influenzata nel passato?
Oddio… difficile! Comunque, va bene.
1 – mio marito Davide (Sapienza ndr scrittore e giornalista), perché se non ci fosse stato lui non avrei mai iniziato a dedicarmi all’attività artistica
2 – Manuel Agnelli, è stato anche lui fondamentale
3 – Saverio Lanza, idem
Ah, anche Robert Wyatt, non posso, vero, sono solo tre?

Tre dischi, invece?
1- Saturday night fever dei Bee Gees. Sembra strano no? Per me è stato fondamentale, quella era vera disco-music!
2- Umanamente uomo: il sogno di Lucio Battisti
3 – Darkness on the Edge of Town di Bruce Springsteen. Ora non lo ascolto più molto ma quanto fu fondamentale quell’album per me allora!

Se Così vicini fosse un libro, che libro sarebbe?
Una raccolta di poesie, spero (ride… ndr). Di Anne Sexton o di Sylvia Plath. Credo che ci sia molta carnalità e sessualità in questo mio lavoro. Ci sarebbero poi delle immagini dipinte a olio su carta riciclata.

Riciclata? Perché questo particolare?
Perché utilizza degli strati preesistenti. È importante riutilizzare gli oggetti e il proprio vissuto. Mi piace la citazione di Gustav Mahler: «La tradizione non è culto delle ceneri ma la custodia del fuoco»

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