Chiello: «La nausea mi ha spinto a cambiare» | Rolling Stone Italia
Vita fuori dai FSK

Chiello: «La nausea mi ha spinto a cambiare»

Si è sentito una ‘Mela marcia’ e perciò ha titolato così il secondo disco. La nostra intervista: il vuoto da riempire, i guai, la catarsi, le pillole che lo facevano sentire dissociato, i numeri che «possono fotterti», la vita vissuta al limite. «Le canzoni sono sacre, non vanno sprecate col dissing»

Chiello: «La nausea mi ha spinto a cambiare»

Chiello

Foto: Luca D’Amelio

Se il tuo primo disco, Oceano Paradiso, totalizza più di 133 milioni di stream, puoi sentirti schiacciato dal peso delle aspettative, che puntualmente arrivano alle soglie del secondo. È accaduto anche a Chiello, che infatti non lo nasconde: «C’è stato un periodo in cui mi sono fatto fottere da quella roba». Lo abbiamo incontrato a poche ore dall’uscita di Mela marcia, nuovo album nel quale il rapper – ora trasformatosi in un cantore dei mali oscuri della Gen Z fra trap, emo e rock – ancora una volta scava nell’abisso interiore che sembra attanagliare tanti suoi coetanei.

«Mi sentivo vuoto, come se avessi perso i superpoteri», racconta. Ha trasferito tutta quella vertigine e quella nausea in 13 tracce che sono un pugno allo stomaco e allo stesso tempo una carezza. Di poche parole, significative, preferisce la sostanza nonostante, a prima vista, il personaggio faccia pensare il contrario. E se il successo, inevitabilmente, lo ha cambiato («non conosco grandi artisti che non siano egoisti»), è convinto che anche dai momenti più negativi possa nascere positività: «Sennò che senso avrebbe vivere senza avere nulla da ricercare?».

Quando meno te lo aspetti cita Piero Ciampi, si rispecchia nell’espressione carpe diem coniata dal suo illustre concittadino Orazio e nei rapporti amorosi è d’accordo con Massimo Trosi quando disse: «La mia donna ideale è la donna di un altro». Ammette che le svariate pillole che cita in molti brani le ha prese davvero (ma ora ne è fuori). Consiglia di ascoltare il suo album «prima in solitaria, perché è molto riflessivo». E se è vero che gli piace «vivere al limite», è forse una reazione a quell’aldilà difficile da visualizzare per quelli che non han più santi né eroi, e che quando si trova a chiedersi “che c’è dopo la morte?” (come in Buonanotte) arriva a rispondersi come fa in questa intervista: «Spero non un’altra vita».

Qual è il tuo stato d’animo per l’uscita di questo secondo disco?
Mi sento bene, ho suonato ieri Mela marcia per la prima volta alla release e sono gasatissimo.

Sei nato e cresciuto a Venosa, in provincia di Potenza. Cosa ti porti dentro della tua terra?
La mia città è piena d’arte. Orazio Flacco, famoso per l’espressione “carpe diem”, era di Venosa. Mi rispecchio in quell’espressione, è un po’ la mia filosofia perché vivo alla giornata.

Che infanzia hai avuto?
Abbastanza serena. Diciamo che è dall’inizio della mia adolescenza che è diventato tutto più complicato perché sono diventato indipendente e quando ti distacchi dalla famiglia iniziano i guai.

Quando è avvenuto il distacco?
La prima, in maniera importante, a 17 anni quando sono andato a Genova. Sono rimasto sei mesi. Ma anche prima, dai 14-15 anni, avevo cominciato a girare per le jam di freestyle o le battle.

Quindi è la musica che ti ha spinto altrove?
La musica, i graffiti e il lavoro.

Che lavori hai fatto?
Il massettista, il bagnino in piscina e il restauratore di mobili antichi.

Quindi se dovessero scriverti sui social «ma vai a lavorare» puoi rispondergli che tu l’hai provata davvero la fatica di certi lavori.
Eh sì, decisamente. Il massettista, in edilizia, è un lavoro bello duro.

Chi è oggi Chiello?
Mah, una persona come tutti gli altri.

Il successo non ti ha cambiato?
Sì, non posso negarlo. Mi ha cambiato perché adesso non ho più dubbi su cosa fare nella vita, sono concentrato su quello che avrei sempre voluto. Prima non potevo dedicarmici al 100%. E la concentrazione porta a diventare più egoisti, anche negli affetti personali. Ho letto da qualche parte che tutti i più grandi artisti sono egoisti. Mi viene in mente Piero Ciampi, uno parecchio egoista.

Foto: Luca D’Amelio

Passiamo a Mela marcia, dove nel brano Milano dannata canti: “Questa città mi ha cambiato. Sei una donna che vuole apparire con un vuoto dentro che non sa riempire”. Il trasferimento sembra averti segnato.
Appena sono arrivato, Milano mi ha colpito con un pugno in faccia. Il primo periodo è stato molto caotico, ho firmato con l’etichetta e subito è partito il tour. Avevo 18 anni e non ci capivo niente di quello che succedeva, ho fatto 60 date in quattro mesi. Ti lascio immaginare…

Un vortice.
È stato molto stressante. Il primo cambiamento radicale è stato lo stare a contatto con molte più persone. Vengo da un paesino di 10 mila abitanti dove tutti ci conosciamo, invece a Milano cammini per strada e una persona neanche ti guarda in faccia.

Questo si può definire un concept album?
Penso che sia presuntuoso definirlo così. A me non piace. Lo definirei un disco diverso da quello che puoi trovare nelle playlist al giorno d’oggi.

È un disco da ascoltare da soli o in compagnia?
Ci sono alcune tracce che si possono ascoltare in compagnia. Ma consiglierei a tutti un primo ascolto solitario. È un disco molto riflessivo, nel quale scavo dentro di me.

Fra le varie influenze c’è chi ha parlato di punk. Ti ci rivedi?
Più come stile di vita che per la musica, che poi però si riflette in quello che scrivo.

Oceano Paradiso, il tuo primo album, ha totalizzato oltre 133 milioni di stream. Quanto contano i numeri?
C’è stato un periodo in cui mi sono fatto fottere da quella roba. E stavo perdendo la passione per quello che facevo. Fortunatamente ho ritrovato la mia strada.

I numeri possono essere una droga?
Assolutamente sì, possono fotterti. Nel mio caso me ne sono accorto e sono riuscito a uscirne.

In Tutti quanti dormono racconti che “non ti importa più il colore delle pillole che mandi giù”, mentre in Sparire che “antidepressivi, ipnotici mi fanno stare disconnesso, un altro giorno regalato al vuoto”. È tutto autobiografico?
Ha fatto parte della mia vita, ma adesso non più. Sono stato in cura nel periodo in cui ho scritto alcuni brani, poi ho deciso di smettere. Non mi sembrava la soluzione adatta a me.

Cosa non ti faceva stare bene?
Mi sentivo dissociato dalle persone. Mi sentivo vuoto. Come se avessi perso i superpoteri. Ma adesso li ho recuperati.

Prima hai ricordato Piero Ciampi, famoso per i suoi testi, ma anche per i suoi eccessi. E Chiello che eccessi si concede?
Mi piace vivere la vita al limite. Ho sempre avuto una passione per gli sport estremi. Amo le auto e le moto veloci, oppure saltare da posti altissimi, come da certi scogli, e vado in snowboard e in skate sempre cercando situazioni adrenaliniche.

Ho visto dai tuoi social che eri sul lettino del tatuatore.
Mi sono tatuato una mela marcia grande come tutta la schiena. Questo disco è una parte di me che volevo fissarmi sulla pelle.

Sei tatuato anche sul viso. È una parte del corpo come tutte le altre?
A me piacciono, spaccano! Mi fanno sentire più bello.

Non hai il timore che un giorno potresti pentirti?
Embè, oggi ci sono pure i laser per toglierli. Se mi pento li levo.

Foto: Luca D’Amelio

Nel disco parli tanto di amore e del rapporto con le donne, quasi sempre in modo combattuto. Massimo Troisi disse: «La mia donna ideale è la donna di un altro». E quella di Chiello?
È una domanda difficile a cui rispondere, infatti per il momento sono in linea con Troisi. Lui prendeva la vita come veniva e io me la vivo proprio come lui.

Quindi più sesso che amore?
È raro che abbia rapporti occasionali, mi piace provare emozioni forti. Quindi meglio il sesso con la persona che ami.

Quanto c’è di vero e quanto è fiction nei dissing e nelle minacce vi fate tra rapper sui social?
L’odio esiste e nessuno, finora, è riuscito ad estirparlo. E l’odio che si vede in quei video è vero. Io sono una persona che preferisce stare per i fatti propri, ma non apprezzo quando invadono i miei spazi. Posso essere il tuo migliore amico come il tuo peggior nemico.

Cosa ti infastidisce dell’atteggiamento di altri rapper?
Che sprecano le canzoni per queste cose. Per me sono sacre, non le rovino mai per dissare, come fanno in tanti. Se ho un problema con qualcuno preferisco risolverlo faccia a faccia.

Spesso nei brani di Mela marcia parli del vuoto. A cosa è dovuto?
Spero che tutti nascano con un vuoto dentro, sennò che senso avrebbe vivere senza avere nulla da ricercare?

E come mai tanti giovani sono così distanti dalla politica?
Io non mi ci ritrovo. Me ne tengo fuori perché tutti i politici mi sembrano dei boomer.

“È tempo di cambiare, cambiare vita. Ora io non aspetto più, ce la posso fare da me” (dal brano Puoi fare meglio). Tu come sei riuscito a cambiare?
La nausea mi ha spinto a cambiare. A un certo punto la depressione non è più scesa e un senso di nausea mi ha portato a evolvere. Tutte le energie sono utili, dipende come le incanali. Anche l’odio si può trasformare in qualcosa di positivo. È quello che cerco di fare.

Cosa vorresti dire oggi a chi in passato non ha creduto in te?
Mi è capitato di incontrare alcune persone che non mi consideravano, come dei professori che erano convinti che non avrei mai combinato niente di buono. Li ho salutati, gli ho chiesto come se la passavano, gli ho stretto la mano e me ne sono andato. Nessun rancore.

In Buonanotte ti domandi “che c’è dopo la morte?”. Ti sei dato una risposta?
Spero non un’altra vita.

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